Coronavirus e sindrome di Kawasaki nei bambini: la pediatra risponde

Coronavirus e sindrome di Kawasaki: quale legame, quali sintomi e cosa fare? Ecco cosa ci ha detto la pediatra Pilar Nannini in proposito.

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Una delle preoccupazioni maggiori dei genitori, anche a seguito di diverse notizie riportate da tutti i media, riguarda una possibile correlazione tra Coronavirus e sindrome di Kawasaki.

Negli Stati Uniti, infatti, si sta indagando sulla morte di alcuni bambini e sul possibile legame fra Sars-Cov 2 e lo sviluppo della sindrome, tanto che il governatore dello Stato di New York, Andrew Cuomo, ha fatto sapere che il New York Genome Center e la Rockefeller University stanno studiando i casi di 85 bambini, gran parte dei quali sono risultati positivi a tamponi o test sierologici per COVID-19.

Secondo alcuni esperti la causa dei decessi sarebbe da imputare a una “sindrome infiammatoria acuta multisistemica pediatrica” collegabile al Coronavirus, mentre altri studiosi, fra cui Lorenzo D’Antiga, direttore del reparto di Pediatria all’ospedale Papa Giovanni XXIIII, stanno esaminando l’ipotesi, inedita, per cui proprio il gruppo di malattie appartenenti al Coronavirus sarebbero responsabili dell’insorgere della malattia di Kawasaki, le cui cause in effetti sono finora rimaste sconosciute.

È allora il caso di preoccuparsi? In attesa che la scienza medica ci dica qualcosa in più, la pediatra Pilar Nannini cerca di chiarire qualche dubbio: prima di tutto, occorre sapere che la sindrome di Kawasaki è una vasculite delle arterie, la cui pericolosità è data dal coinvolgimento di arterie cardiache, quali quelle coronariche, e che in Italia ogni anno fa registrare dai 250 ai 400 nuovi casi. Non essendoci a disposizione test sierologici o ematochimici la diagnosi è prettamente clinica.

Fra i sintomi ci sono febbre persistente, rush cutaneo, arrossamento di occhi e gola e ingrandimento dei linfonodi del collo. Tuttavia oggi sembrano esserci casi frequenti di malattia di Kawasaki “atipica”, con interessamento di altri organi e apparati fra reni, fegato e sistema polmonare.

Se associata a un tampone faringeo positivo o a una sierologia positiva in seguito a COVID-19 può manifestare condizioni cliniche sicuramente più gravi, difficilmente aggredibili con immunoglobuline per endovena.

Cosa fare allora? Le cose importanti, spiega la dottoressa Nannini, sono di rispettare le misure di prevenzione, quindi il distanziamento sociale, il lavaggio frequente delle mani e l’utilizzo della mascherina, non obbligatoria per i bambini sotto i 3 anni (ma per gli adulti non conviventi che li frequentano sì), indispensabile invece se siamo in presenza di bambini con particolari fragilità o problematiche.

Se il vostro bambino presenta febbre persistente (generalmente più di cinque giorni), febbre, tosse e, in casi sporadici, anche disturbi gastrointestinali, la cosa da fare è rivolgersi immediatamente al proprio pediatra, che saprà consigliarvi la giusta terapia.

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  • Bambino (1-6 anni)
  • Salute e Benessere