I test prenatali non avevano lasciato dubbi: Charley sarebbe nato con la spina bifida, una rara malformazione della colonna vertebrale. Per la gravità della malformazione i medici avevano infatti ipotizzato che il bambino sarebbe rimasto paralizzato dalla vita in giù.

Non solo: secondo le previsioni avrebbe avuto bisogno di un aiuto per respirare e nutrirsi, rimanendo per gran parte della sua vita attaccato a dei tubi che potevano garantirgli la sopravvivenza. Oggi, invece, Charley sta bene: la sua storia, raccontata dal New York Times, per la sua eccezionalità sta facendo il giro del mondo.

La spina bifida è dovuta a un’anomalia nella formazione della colonna vertebrale, che non si “chiude” correttamente durante lo sviluppo, nelle primissime settimane di gravidanza.

È uno dei difetti del tubo neurale che possono interessare lo sviluppo del feto. Per prevenirla è stata dimostrata l’efficacia dell’acido folico, una vitamina del gruppo B in grado di ridurre l’incidenza della malformazione fino al 40%.

La storia di Charley è iniziata nel 2017, quando è arrivata la diagnosi che sua mamma Lexi e suo papà Josh non aspettavano, durante una visita di routine. Lexi ha raccontato il percorso della sua famiglia sulla sua pagina Instagram, condividendo i momenti più difficili della gravidanza.

I primi esami sembravano normali e tutto faceva pensare a una gravidanza fisiologica, ma non era così. Lexi scrive:

A 13 settimane abbiamo scoperto che il nostro piccoletto aveva una condizione chiamata “spina bifida”. Sono stati mesi difficili, in cui abbiamo cercato di capire come fare per garantirgli le migliori cure possibili e dargli la chance migliore. Ci sono stati momenti di gioia e momenti completamente senza speranza. Non ci è stato detto molto se non cose oscure come “edema cerebrale”, “protusione del cervello”, “è paralizzato“. Ogni volta che vedevamo un nuovo dottore sembrava andare peggio.

Dopo la diagnosi si sono aperte le porte dell’incertezza: cosa fare? Come affrontare la situazione? Scrive Lexi:

Abbiamo continuato fare un passo dopo l’altro, cercando ulteriori risposte. Abbiamo trovato un team di chirurgia fetale in Texas, che si trovava nel mezzo di un test clinico che aveva dato ottimi riscontri. Abbiamo deciso di volare fin qui per tre giorni intensi di esami e screening. Durante questo percorso abbiamo trovato speranza. Il piccolo sta muovendo le gambine… muove tutto fino alle dita dei piedi! […] I dottori credono di poter mantenere il fluido cerebrale e preservare la funzionalità delle gambe. Sta combattendo duramente, provoca alla sua mamma delle forti nausee e scalcia come un matto, e continua a darci speranza ad ogni ecografia.

Una speranza ben riposta: poco dopo Lexi si è sottoposta all’intervento chirurgico con cui i medici hanno ricostruito la spina bifida. Solitamente tali operazioni avvengono dopo la nascita del bambino, ma i risultati spesso sono migliori se l’operazione avviene quando il feto è ancora in formazione.

L’intervento di solito prevede l’apertura dell’utero, ma Lexi e suo marito, come spiega il New York Times, hanno scelto un approccio sperimentale: la chirurgia fetoscopica sviluppata al Texas Children Hospital dal dottor Michael Belfort e dal dottor William Whitehead prevede l’apertura dell’addome, poi vengono fatte due piccole incisioni nell’utero per inserire una camera e minuscoli strumenti chirurgici per operare. La micro camera è collegata a un monitor a cui trasmette le immagini.

Charley è quindi stato operato a settembre 2017, a 24 settimane, ed è nato a gennaio 2018 con parto naturale. L’operazione chirurgica è riuscita a riparare il potenziale danno cerebrale del bambino, che avrebbe potuto portargli disabilità fisiche e cognitive.

Oggi, a 17 mesi, Charley riesce a stare in piedi sulle proprie gambe. Non è ancora del tutto indipendente nei movimenti, ma, spiega Lexi, i dottori e i terapisti sono ottimisti e sono sicuri che riuscirà a camminare senza alcun supporto.

Scrive Lexi: “Vedremo quello che succederà. Ma lui è molto motivato e determinato. […] Sono davvero fiera di lui, e so che anche lui è fiero di se stesso”.

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