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Cosa ci ha portato questo infinito lockdown? Disagi, preoccupazioni, stress e a molti, purtroppo, anche un dolore ben più grande. A saperle guardare, però, è facile scoprire anche qualche sorpresa che mai ci saremmo aspettati. Non avremmo voluto imparare questa lezione così, ma ora che la sappiamo sarà utile tenerla a mente anche quando l'incubo sarà finito.
Avrei voluto, senza il minimo dubbio, che non fosse una devastante tragedia universale a regalarmi queste rivelazioni. Ne avrei fatto a meno come tutti, e di certo ne avrebbero fatto a meno i miei figli. Ma tant’è. Il lockdown è divenuto da settimane la nostra realtà, ed è innegabile che, assieme a disagi e patimenti, ci abbia regalato anche qualche bella sorpresa.
Così, anche per allenarmi a reagire alla paura e al dolore, ho provato a condividerle qui.
Si può, e per certi versi questa è stata la sorpresa più grande, lavorare un po’ di meno, senza che il mondo crolli per questo. Si può vivere senza che il lavoro – la produttività, l’efficienza, i risultati – costituiscano il fine stesso della nostra esistenza, ma tornando a considerarli come uno strumento per sostenerci, per realizzarci e per migliorare la nostra condizione e il mondo nel suo insieme. Si può lavorare da casa, possono farlo, tutto sommato, anche tanti ai quali prima veniva detto di no.
Si può rallentare. Senza che tutto vada a rotoli, senza lasciarsi dilaniare dal senso di colpa, senza sentirsi inefficienti o inadeguati. Si può vivere a ritmi più sostenibili, più umani, più ragionevoli. Più adeguati, soprattutto, alle esigenze dei bambini.
Anche in città la natura può fiorire. Anche nelle nostre metropoli affollate, inquinate, stritolate dal cemento e brulicanti di automobili. I delfini possono tornare a saltare nei porti, le lepri a inseguirsi nei parchi, le anatre possono mettersi a marciare impettite sul ciglio di una strada romana, tallonate da una nidiata di anatroccoli caracollanti.
E il mare della laguna di Venezia o del Golfo di Napoli può ricominciare a scintillare sotto il sole, trasparente come acqua di fonte e popolato di pesci d’argento. La natura può rinascere, riprendere vigore, riempire il nostro mondo di profumi, suoni e colori, se solo noi le lasciamo un po’ di spazio. Se abbassiamo la voce, se facciamo un passo indietro. Una cosa da non dimenticare quando l’incubo che stiamo vivendo sarà finalmente alle spalle.
E ora sappiamo anche che non è vero che non si può fare nulla contro l’inquinamento.
Nonostante le insinuazioni dei benpensanti, dei blogger, degli editorialisti, che spesso ci hanno additato come una generazione di genitori inetti, arrendevoli, completamente incapaci di educare i nostri figli. E invece, eccola qui la verità, cristallina e ineluttabile: non siamo perfetti, ma sappiamo fare i genitori, anche per 24 ore al giorno, anche isolati dal resto del mondo.
E sappiamo essere, se le circostanze lo richiedono, insegnanti, educatori, cuochi, psicologi, allenatori e coach: un’altra cosa da tenere a mente per quando finalmente cominceremo “la vita dopo il Coronavirus”.
Se mi avessero chiesto, qualche mese fa, di immaginare la mia vita senza i viaggi, le escursioni della domenica, senza il sushi, senza la palestra, senza il cinema con i bambini, senza teatri né musei, probabilmente avrei risposto soltanto con una grassa risata piena di sarcasmo (o magari con una espressione particolarmente colorita!).
Il mio mondo, e quello dei miei figli, sembrava fondarsi su una serie di costrutti irrinunciabili, davamo per scontate cose che in realtà sono appannaggio solo di una parte minoritaria della popolazione mondiale (e neanche da molto tempo, per dirla tutta).
E invece abbiamo scoperto che, anche se di certo non ci fa piacere, possiamo, se necessario, fare a meno del superfluo. Andare avanti senza impazzire anche in una dimensione più essenziale, meno strutturata e più semplice.
Corollario del punto precedente: i bambini, tutto sommato, possono crescere anche senza un ininterrotto e quotidiano bombardamento di stimoli, senza un’agenda più complessa di un manager, senza che le loro settimane siano rigidamente organizzate e scandite da lezioni, laboratori, corsi e attività.
E anzi, per dirla tutta, forse stanno anche meglio così: liberati, finalmente, anche se chiusi tra quattro mura da settimane.
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