Comincia subito, appena torni dall’ospedale, con i punti dolenti e i seni che pulsano. Comincia ancora prima, forse. Quando tuo figlio vive ancora nella tua pancia e gli altri – le altre – si sentono in diritto di commentare, di biasimare. Di giudicare.

Se prendi troppi chili “non riuscirai mai più a tornare in forma”. Se ne prendi troppo pochi stai mettendo a repentaglio la salute di tuo figlio. Se fai troppe ecografie sei paranoica, se ne fai poche sei incosciente. Se, al di là della motivazione, opti per il cesareo, non sei una “vera madre”. Se viaggi mentre sei incinta, sei completamente pazza.

E questo è solo l’inizio. Nel momento in cui cominci il tuo percorso da madre, scopri tuo malgrado che ogni tua scelta, ogni passo, ogni esperienza della tua maternità verrà inesorabilmente radiografato e giudicato, più o meno espressamente. Chi non allatta si sentirà addosso il peso di sguardi di biasimo, come se fosse una madre snaturata, egoista, degenere. Chi allatta “troppo”, secondo il sentire comune, si vedrà additata come una madre morbosa, iperprotettiva, a sua volta egoista.

Chi riprende il lavoro sarà criticata proprio come chi sceglie di lasciarlo. Mandare i figli al nido, affidarli ai nonni, assumere una tata: nessuna opzione salva dalle critiche, dai commenti tra le righe, dal sarcasmo e dalle frecciatine.

Succede a tutte, è una legge non scritta. La maternità sembra non poter prescindere da uno stillicidio quotidiano di critiche sfacciate o velate, di consigli non richiesti e di ipocrisie. A prescindere dalla natura delle proprie scelte e, soprattutto, dalla buona fede e dall’impegno che una ci mette.

La pressione sociale può diventare insostenibile, specie nei primi tempi dopo il parto, quando tutto è nuovo e l’equilibrio personale e familiare appare sconvolto dal neonato. E la cosa più dolorosa è che le bordate più potenti arrivano spesso da altre donne, da altre madri.

Che le mamme, invece che fare fronte comune per supportarsi in un contesto in cui i servizi per i genitori scarseggiano, finiscono tristemente ad essere nemiche le une delle altre.

Mi sono chiesta a lungo da cosa dipendesse questa più o meno consapevole ostilità. Questa “gara” sui social a chi è più virtuosa, questa ineluttabile tendenza a criticare le altre madri, a dichiararsi o sentirsi migliori, a rimarcare le mancanze altrui, presunte o reali che siano. Mi sono risposta che forse, paradossalmente, è proprio l’insicurezza a muovere l’astio e il rancore.

La paura di non essere abbastanza, la sensazione permanente di inadeguatezza di cui molte mamme purtroppo sono vittima. Sottolineare i limiti delle altre, in qualche modo, rende più accettabili i propri. Consente di assolversi e di accettarsi, di perdonare la propria materna e umana imperfezione.

Forse è proprio questo, che in un certo senso rende le mamme spesso nemiche tra loro: la pretesa universale che ancora le vuole perfette, infallibili, sempre e comunque disposte alla totale abnegazione e alla rinuncia di sé in nome del solo presunto bene dei figli.

E, di conseguenza, l’urgenza di mostrarla al mondo, questa perfezione. Per sottrarsi alla condanna, per salvarsi dal biasimo e rispondere ad aspettative che in realtà sono del tutto irrealistiche. Forse è questa pressione insostenibile che rende molte madri così inclini a criticare le altre, come se riconoscere in altre persone i limiti che si teme di avere in sé le possa in qualche modo salvare.

mamme amiche o nemiche

Ribaltare la questione è l’unico modo per rendere la maternità un’esperienza più semplice per tutte, più appagante e autentica. Puntare sulla trasparenza e sulla verità, senza vergognarsi dei propri dubbi, delle difficoltà, dei passi falsi.

Ricordare che la perfezione non esiste, neanche nel (fintamente) dorato universo delle mamme. Ma unite, l’una accanto all’altra, la possiamo sfiorare, facendo non solo il bene dei nostri figli, ma anche e soprattutto il nostro.

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