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L'idea che esistano giochi "da maschio" e "da femmina" è ancora molto radicata, ma si tratta solo di un pregiudizio. Superarlo è utile per i bambini di oggi e per gli adulti di domani.
Quando ho scoperto di essere incinta per la seconda volta, ho sperato con tutto il cuore che si trattasse di una bambina. Avevo già Davide, e mi sarebbe piaciuto (come poi è successo) dargli una sorella perché crescessero insieme, maschio e femmina.
Mi sembrava, oltre che la straordinaria possibilità per me di vivere due esperienze diverse e complementari, l’occasione per loro di crescere con orizzonti più ampi e prospettive più complesse. Avere un fratello, per esempio, consente a una bambina l’accesso a giocattoli e intrattenimenti che altrimenti potrebbe non avere a disposizione, perché ancora considerati, per un pregiudizio che stenta a morire, “da maschio“. Cimentarsi con macchinine e dinosauri, con spade, cavalieri, pirati e attrezzi da lavoro.
E vale, naturalmente, anche il viceversa: sapevo che grazie a sua sorella, mio figlio sarebbe cresciuto circondato anche da bambole, pentoline, trucchi e principesse.
Perché secondo me è importante che anche in fatto di giocattoli (e letture, cartoni animati, travestimenti, attività all’aperto etc) non esistano stereotipi di genere. Che i bambini abbiano la chance di sperimentare, di calarsi in tanti ruoli diversi, di comprendere che non esistono, nel gioco come nella vita adulta, attività e compiti preclusi a un genere piuttosto che all’altro, ruoli e attitudini spiccatamente femminili o maschili.
Il gioco, del resto, serve a cimentarsi precocemente con la vita, a immedesimarsi, a prepararsi in un certo senso per quello che sarà. E mi sembra molto sano, e molto utile, che un bambino cresca con la consapevolezza che potrà, una volta cresciuto, esprimere se stesso, i propri talenti, le proprie abilità, nella maniera a lui (o lei) più congeniale. Senza pregiudizi, senza ruoli imposti o preconcetti.
L’abitudine di proporre a una bambina solo giochi considerati “femminili” – bambole, cucine giocattolo, gingilli, trucchi, o addirittura elettrodomestici in miniatura – mi sembra un messaggio fuorviante e deleterio. Pericoloso, oserei dire. Il messaggio per cui attività come la cura dei figli, la pulizia della casa, la preparazione dei pasti siano appannaggio esclusivo delle “femmine”.
E che alle femmine spetti anche il compito imprescindibile di essere “belle”, impeccabili, esteriormente perfette. Viceversa, negare a un maschietto la possibilità di cimentarsi con giochi di questo tipo potrebbe in qualche modo farlo crescere con la convinzione, più o meno consapevole, che certe questioni siano “cose da donne”, non solo nel mondo giocoso dell’infanzia ma anche nella realtà della vita adulta.
Oppure convincerlo inconsciamente che alle donne si addicano solo determinati lavori. Questo non significa, naturalmente, imporre ai bambini giochi “neutrali”, o peggio negare a una femmina il piacere di giocare con le bambole o a un maschio di inscenare una battaglia tra cowboy e nativi americani. Ma soltanto dare la possibilità a tutti di cimentarsi con quello che la loro fantasia suggerisce, senza inibirli, condizionarli o censurarli. E ribadire loro di continuo che, nel gioco come nella vita, non esistono attitudini che siano di per sé maschili e femminili, o compiti per qualche ragione preclusi agli uomini o alle donne.
A parte questo, esiste secondo me un’altra ragione importante per cui ai maschi fanno bene i cosiddetti “giochi da femmina”, e viceversa. Ed è la possibilità, attraverso il gioco, di accedere a parti della propria sfera emotiva e psicologica che altrimenti non sarebbero adeguatamente stimolate, e forse neanche esplorate.
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Dare la possibilità a un maschietto di fare esperienza nell’accudimento di una bambola, o nella preparazione di manicaretti per la sua famiglia, significa magari renderlo più consapevole delle proprie doti di empatia e tenerezza, legittimarle, aiutarlo a potenziarle e manifestarle. Esattamente come una bambina che abbia l’occasione di divertirsi con le ruspe giocattolo o i cavalieri scoprirà magari più facilmente le proprie attitudini e la propria capacità di leadership. Il gioco è una palestra di vita e di consapevolezza, lasciamo che i bambini ne godano senza pregiudizi o sovrastrutture.
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