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Responsabilità (o potestà) genitoriale: che cosa dice la legge per tutelare i bambini. In quali casi può subire limitazioni o decadere?
La responsabilità genitoriale è disciplinata dall’art. 316 c.c., che prevede, al primo comma che “Entrambi i genitori hanno la responsabilità genitoriale che è esercitata di comune accordo tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni e delle aspirazioni del figlio…”
Il regolamento Europeo n. 2201/2003 ha introdotto il termine di responsabilità genitoriale, in sostituzione di “potestà genitoriale”, termine che meglio privilegia l’aspetto degli obblighi dei genitori verso i figli.
Con la riforma sulla filiazione (L.219/2012 e decreto legislativo 154/2013), in linea con le indicazioni europee, ha sostituito anche nel nostro ordinamento la locuzione “potestà genitoriale” con quella di “responsabilità genitoriale”: termine che si concilia maggiormente con l’esigenza di cura e di attenzione da prestare al minore.
È un concetto importante e fondamentale per comprendere il ruolo di genitore verso un minore secondo la Legge, la quale, prevede e stabilisce i casi in cui si possa verificare una limitazione, una sospensione, la /decadenza o la rinuncia alla responsabilità genitoriale.
La potestà genitoriale rappresenta il dovere legale di ciascun genitore di prendersi cura del proprio figlio non emancipato fino alla maggiore età. Essa ha valore su ciascun genitore e verso tutti i figli, sia quelli nati all’interno di un’unione riconosciuta, sia quelli nati fuori dal matrimonio, sia quelli adottivi.
Si definisce potestà (o meglio, responsabilità) genitoriale il complesso di doveri attribuito a ciascun genitore al fine di proteggere, educare e istruire il proprio figlio minorenne, curandone contemporaneamente gli interessi. Si parte, infatti, dal presupposto che il figlio, dalla nascita al raggiungimento della maggiore età, sia privo della capacità di agire. Serve, dunque, un genitore che possa essere il “rappresentante legale” del minore.
Secondo la Legge italiana, la “capacità di agire” è l’idoneità di una persona di agire (compiere “atti“, ossia comportamenti umani volontari) in modo idoneo a incidere sulle proprie posizioni giuridiche soggettive. L’articolo 2 del Codice Civile italiano prevede che la maggiore età sia fissata al compimento del 18° anno di età.
L’attuale legge vigente in Italia stabilisce che la responsabilità genitoriale spetta a entrambi i genitori. Si è radicalmente cambiata la prospettiva: non più soggezione del figlio verso il “potere” dei genitori, ma assunzione di un obbligo da parte di padre e madre, che vengono posti sul medesimo piano.
La responsabilità genitoriale riguarda diritti di natura personale e patrimoniale. I genitori, quindi, hanno la facoltà di:
La responsabilità genitoriale viene acquisita dai genitori al momento della nascita o adozione del proprio figlio. Può essere sospesa, limitata o revocata da un Giudice minorile a causa di una violazione, da parte del genitore, dei propri doveri o per abuso dei relativi poteri, con grave pregiudizio per il figlio. Il giudice può altresì ordinare l’allontanamento dalla residenza familiare del genitore o convivente reo di maltrattamenti o abusi.
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Gli articoli 330 e 333 c.c. sono i due riferimenti specifici al tema. L’articolo 330 disciplina la decadenza della responsabilità genitoriale. L’articolo 333, invece, disciplina i provvedimenti che limitano l’esercizio della responsabilità genitoriale in caso di condotta pregiudizievole da parte dei genitori nei confronti dei minori.
È opportuno che ogni genitore sappia che la responsabilità genitoriale rappresenta un diritto-dovere della madre e del padre verso il proprio figlio, e non una libertà assoluta di disporre a piacimento del minore. La potestà genitoriale consiste nel prendersi cura dei propri figli tutelandone lo sviluppo della personalità.
È naturale, dunque, che essa subisca delle modifiche limitanti nel momento in cui questi doveri dei genitori verso i figli dovessero venir meno, con il risultato di danneggiare il minore piuttosto che tutelarlo.
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La decadenza della responsabilità genitoriale è disciplinata dall’art. 330 del codice civile, secondo il quale viene pronunciata quando il genitore viola o venga meno a specifici doveri verso il figlio o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio per i figli, prescindendo dal concreto pericolo di reiterazione del comportamento lesivo o dalla coscienza di tale lesività.
La competenza per decidere in relazione all’eventuale decadenza della responsabilità genitoriale è il Tribunale per i Minorenni, anche in pendenza, dinnanzi al tribunale ordinario, di giudizi di separazione o divorzio, annullamento o nullità del matrimonio (art. 38 disp. att. cod. civ.)
Nel giudizio, il minore, vantando interessi contrapposti a quelli dei genitori, deve essere rappresentato da un curatore speciale ed essendo egli parte necessaria, la mancata integrazione del contraddittorio nei suoi confronti comporta la nullità del procedimento medesimo.
Il minore ha anche il diritto di essere ascoltato, purché abbia compiuto i dodici anni o, sebbene più piccolo, abbia capacità di discernimento.
Ai sensi dell’art. 332 cod. civ. il giudice può decidere di reintegrare il genitore nel suo diritto-obbligo verso il figlio, nel caso in cui non sussistano più presupposti ostativi e, pertanto, non sussiste più il pericolo di pregiudizio per il figlio.
I provvedimenti assunti dal giudice non sono revocabili né modificabili, salva la sopravvenienza di fatti nuovi. Il conseguimento della maggiore età da parte del minore determina la cessazione della responsabilità genitoriale, la conseguente cessazione della materia del contendere e la caducazione dei provvedimenti in precedenza pronunciati, posto che ad assumere rilievo è la sola tutela del minore dai comportamenti pregiudizievoli dei genitori.
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