
In aggiunta alla maternità obbligatoria è possibile richiedere un ulteriore periodo di astensione di 6 mesi dal lavoro, entro i 12 anni di vita d...
Congedo di maternità e congedo di paternità, congedo parentale, permesso per malattia figli, maternità anticipata: tutti concetti giuridici per tutelare la donna in gravidanza, il bambino e i genitori.
I neo-genitori, infatti, possono manifestare difficoltà a conciliare il nuovo ruolo genitoriale con il lavoro. Per questo motivo, lo Stato tutela sia il minore, sia il genitore tenendo conto della sua posizione lavorativa e del suo compito educativo.
La Legge italiana, infatti, sostiene la maternità e la paternità con uno specifico Decreto legislativo a tutela e sostegno della famiglia, dei minori e dei genitori. Esso disciplina le assenze dal lavoro in termini di permessi, riposi e congedi per genitori di figli naturali, figli adottivi e figli in affidamento. E ne regola il sostegno economico.
Il Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151, abbreviato con Dlgs 151/2001, è il punto di riferimento in materia attraverso il Testo Unico. Si parla, quindi, di Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità.
Il documento trova il suo fondamento nell’articolo 15 della Legge 8 marzo 2000, n. 53, emanato in attuazione della Direttiva del Consiglio dell’Unione Europea n. 34 del 3 giugno 1996 in materia di congedo parentale. Nel testo trovano, inoltre, accoglimento la giurisprudenza della Corte Costituzionale sul tema e gli orientamenti maggioritari della Corte di Cassazione.
Di fatto, esso sostituisce, abrogando espressamente la legge 30 dicembre 1971, n. 1204, relativa alla “Tutela delle lavoratrici madri”.
In aggiunta alla maternità obbligatoria è possibile richiedere un ulteriore periodo di astensione di 6 mesi dal lavoro, entro i 12 anni di vita d...
Sono diverse le tutele per le donne lavoratrici in stato di gravidanza e per i genitori. La legge italiana prevede infatti che la maternità sia tutelata sin dal suo inizio e fin dopo il parto.
I genitori possono fruire del congedo di maternità e del congedo di paternità, maternità anticipata, congedo parentale e “allattamento“. Oltre a numerose forme di permesso correlate alle esigenze del bambino, sia educative che di salute.
Oltre ai congedi, l’articolo 47 del Testo Unico prevede la possibilità di usufruire di specifici istituti (riposi, permessi, visite mediche, etc…) per la tutela della mamma e del bambino. Entrambi i genitori, quindi, possono astenersi dal lavoro in caso di:
Per le visite mediche da effettuare durante la gravidanza la legge stabilisce infatti che
Le lavoratrici gestanti hanno diritto a permessi retribuiti per l’effettuazione di esami prenatali, accertamenti clinici ovvero visite mediche specialistiche, nel caso in cui questi debbono essere eseguiti durante l’orario di lavoro.
Per usufruire dei permessi retribuiti va presentata una richiesta al datore di lavoro, e successivamente va presentata la documentazione che attesta l’effettuazione degli esami.
L’articolo 47 del Testo Unico definisce il diritto ad astenersi dal lavoro se i figli sono malati, per tutta la durata del periodo di malattia fino al compimento dei 3 anni del figlio. Dopo i 3 anni ci sono alcune restrizioni, e nello specifico:
La tutela della maternità è un principio fondamentale della Costituzione della Repubblica Italiana. L’articolo 27 della Costituzione italiana recita: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore.”
Le sue condizioni di lavoro, inoltre, “devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”.
Tali concetti si esplicitano in una serie di divieti, diritti e buone pratiche che devono essere rispettati nel rapporto lavorativo e che sono essenzialmente i seguenti:
Si definisce “congedo di maternità” l’astensione obbligatoria dal lavoro della madre lavoratrice nei seguenti periodi:
La Legge di Bilancio 2019 ha introdotto una importante modifica alla flessibilità del congedo di maternità.
Prima della nuova Legge, la donna incinta poteva scegliere di lavorare fino all’ottavo mese di gravidanza, non fruendo del congedo di maternità durante il settimo mese. In questo modo, la donna beneficiava di quattro mesi di congedo post partum invece dei tre previsti.
La flessibilità introdotta con la Legge del 2019 introduce la possibilità di lavorare anche durante il nono mese di gravidanza per fruire interamente dei 5 mesi obbligatori dopo il parto. Questo, però, a condizione che il medico competente attesti che tale scelta non pregiudichi la salute della donna e del bambino.
Si definisce “congedo di maternità anticipato” il periodo, precedente al congedo di maternità standard, in cui la lavoratrice si astiene dal lavoro per motivi di salute.
Durante i primi sette mesi di gravidanza, la donna lavoratrice può astenersi dall’attività lavorativa previo accertamento del Servizio Sanitario Nazionale in base alle seguenti indicazioni:
Anche il papà ha diritto a contribuire alla gestione e all’educazione del proprio figlio. In base a questa assunzione, anche il papà può richiedere il congedo di paternità alle stesse condizioni previste per la madre a patto che il congedo non sia fruito dalla madre.
L’inizio del congedo di paternità coincide temporalmente con il periodo di congedo di maternità non fruito dalla madre lavoratrice.
Nel caso di madre non lavoratrice, invece, il congedo di paternità termina al terzo mese dopo il parto. Se il parto è prematuro e il neonato è ricoverato in ospedale il papà può iniziare il suo congedo dal momento in cui il figlio entra in casa. Escludendo, quindi, i giorni in cui il bambino è stato presso la struttura ospedaliera.
In caso di adozioni o affidi, il papà può usufruire del congedo per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua, oltre a quanto già previsto, anche in alternativa alla madre che vi rinunci anche solo parzialmente.
Il trattamento economico, normativo previdenziale del congedo di paternità è identico a quello di maternità per le donne che lavorano.
Il congedo di paternità obbligatorio consiste in 5 giorni di assenza dal lavoro, da usufruirsi dalla nascita del bambino e fino al compimento dei 5 mesi.
Il trattamento economico ricevuto durante i diversi istituti a tutela della maternità e paternità varia a seconda del congedo scelto. Durante il congedo di maternità e di paternità, la retribuzione della lavoratrice o del lavoratore è quella usualmente percepita durante l’attività lavorativa.
Alla fine del congedo di maternità a stipendio pieno, si può ricorrere al congedo parentale retribuito al 30%, per la durata massima complessiva di 6 mesi. Da fruirsi entro il sesto anno di vita del bambino. In questo periodo, la riduzione dello stipendio viaggia di pari passo con la riduzione delle ferie e della tredicesima.
Di positivo resta il fatto che questo periodo viene comunque computato nell’anzianità di servizio ed è coperto da contribuzione figurativa per il diritto alla pensione e per la determinazione della sua misura.
Tra i 6 e gli 8 anni di età del figlio, oppure per i periodi eccedenti ai 6 mesi al 30%, invece, l’indennità spetta a condizione che il reddito individuale del genitore richiedente sia inferiore a due volte e mezzo l’importo del trattamento minimo pensionistico a carico dell’assicurazione generale obbligatoria.
Tra 8 e 12 anni del bambino, non è prevista alcuna indennità.
Si definisce congedo parentale l’astensione facoltativa della lavoratrice e/o del lavoratore dipendenti sia nel settore pubblico che privato. Il congedo parentale spetta ad entrambi i genitori, può essere fruito anche in maniera congiunta, ed è fruibile fino al compimento dei 12 anni di età del bambino.
La durata del congedo parentale è di 10 mesi complessivamente, suddiviso tra i due genitori. In caso di parto plurimo, invece, sia il papà che la mamma hanno diritto a fruire del congedo parentale per ogni figlio, sempre entro i 12 anni dei bambini.
Il congedo parentale vale anche in caso di adozioni o affidi, e può essere fruito entro 12 anni dall’ingresso del minore in famiglia, e comunque entro la sua maggiore età.
Il congedo parentale ha una durata di 6 mesi e può essere fruito per un periodo continuativo o frazionato. Nel computo dei giorni di congedo parentale fruito vengono conteggiati anche i giorni festivi e non lavorativi.
In caso di fruizione in maniera frazionata, onde evitare l’inclusione dei giorni festivi, tra un periodo di congedo e l’altro, anche se di un solo giorno, deve esserci l’effettiva ripresa dell’attività lavorativa, secondo la circolare INPS 109/2000.
Esiste, inoltre, il congedo parentale “a ore”. Si chiama congedo parentale su base oraria e può essere fruito in misura pari alla metà dell’orario di lavoro giornaliero. Ai sensi del D.Lgs. 15 giugno 2015 n. 80, in congedo parentale su base oraria non è cumulabile con altri permessi di maternità e paternità.
Esistono, inoltre, riposi e permessi che la lavoratrice madre (anche il padre) può fruire entro il primo anno di vita del bambino. Questi permessi vengono comunemente chiamati “permessi di allattamento”.
Sono due permessi di riposo al giorno di un’ora ciascuno, che possono essere anche cumulati. In caso di lavoratrice part-time, il permesso è solo di un’ora.
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