Cos'è l'alienazione parentale e perché se ne parla

Alienazione parentale, alienazione genitoriale, sindrome da alienazione parentale, PAS: tutto quello che c'è da sapere su un tema scottante che coinvolge i minori con effetti legali e psicologici e ricadute severe sui bambini

Quando i due genitori non vanno d’accordo tanto da ipotizzare una separazione o un divorzio, c’è il rischio che all’interno della famiglia si verifichino alienazione parentale e PAS. L’alienazione parentale è un concetto ancora dibattuto che riguarda prevalentemente l’ambito legale, ma che avrebbe ricadute in ambito psicologico. Tali ricadute sono definibili con l’acronimo PAS, la sindrome da alienazione parentale.

L’alienazione parentale, quindi, è una condotta illecita. La sindrome da alienazione parentale è il disturbo ad essa associato, che può insorgere nei casi più gravi. Ad essere interessati sono, infatti, i minori che vengono strumentalizzati e coercizzati da uno dei due genitori e indotti a schierarsi contro l’altro genitore, rifiutandolo. Questo atteggiamento può avere effetti negativi sulla psiche del minore da valutare caso per caso, con la dovuta cura e attenzione.

Alienazione parentale: che cos’è

Per alienazione parentale, anche detta alienazione genitoriale, si intende quel concetto giuridico secondo il quale uno dei due genitori “utilizza” il figlio a proprio vantaggio durante un processo di separazione tra i due adulti, negando al bambino il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con l’altro genitore.

Un atteggiamento genitoriale di questo genere può portare i figli, soprattutto se non ancora maggiorenni, a sviluppare la “sindrome da alienazione parentale” anche detta PAS. Questa sarebbe un disturbo frutto di una “programmazione” dei figli da parte del genitore “patologico”.

Analizzando la questione sul profilo psicologico, si nota che in tale sindrome i tre attori in scena (madre, padre e figlio) giacciono sullo stesso piano. Si deduce che, se i tre soggetti sono così fortemente interrelazionati senza possibilità di “liberazione” per il figlio, la situazione diventa ingestibile per il minore. Il quale dovrebbe essere tenuto rigorosamente fuori dalle dinamiche di scontro genitoriale. Il figlio, infatti, non è una parte in causa, ma solamente la parte più gravemente lesa.

Alienazione parentale: il concetto giuridico

L’alienazione parentale è, a tutti gli effetti, un concetto giuridico, non un concetto clinico. Secondo quanto stabilito nel Codice Civile all’Art. 337-ter comma 1 c.c., “Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.”

Questo significa che, nel caso un figlio non fosse messo nelle condizioni di beneficiare dei diritti descritti nell’articolo di legge per colpa dell’uno o dell’altro genitore, è lecito intervenire con materia giuridica. Secondo la sentenza della Cassazione (Cass. 6919/16), infatti, è lecito agire giuridicamente “a tutela del diritto del figlio alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e serena”.

Sindrome da alienazione parentale

La sindrome da alienazione genitoriale o sindrome da alienazione parentale (in inglese si traduce con l’acronimo PAS, ossia Parental Alienation Syndrome) è attualmente oggetto di controversie. Secondo chi la riconosce come sindrome, essa rappresenta una dinamica psicologica disfunzionale che colpirebbe i minori coinvolti in contesti genitoriali particolarmente problematici. Tra questi, i contesti conflittuali in occasione di separazione o divorzio tra i genitori così come contesti difficili di violenza intradomestica.

Pur essendo ancora una questione controversa, la Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA) ha elaborato delle linee guida relative agli abusi sui minori. La loro pubblicazione è avvenuta nel 2007 e, tra le possibili forme di abuso psicologico, compare anche la PAS.

Il primo a dare una definizione circostanziata della PAS è stato Richard Garner, psichiatra forense nordamericano, che ha parlato di “Sindrome da alienazione parentale”. Questa viene definita come un vero e proprio “disturbo” che insorge solitamente nel caso di controversie genitoriali sulla custodia dei figli. La PAS si struttura in tre gradi di crescente “influenza” da parte del genitore patologico, ognuno dei quali richiede un differente approccio psicologico o giuridico.

L’alienazione genitoriale si verificherebbe in presenza di uno dei due genitori definito “patologico o alienante” il quale condurrebbe sui figli il cosiddetto “lavaggio del cervello”. Un comportamento genitoriale patologico  con gravi ripercussioni sui figli, tanto da portarli a perdere il contatto con la realtà degli affetti. Oltre a questo, i figli potrebbero essere indotti ad esibire un ingiustificabile astio e disprezzo nei confronti dell’altro genitore “alienato” che verrebbe, così, rifiutato.

I minori, infatti, impotenti di fronte alla relazione genitoriale e alla malattia, sarebbero oggetto di manipolazione e di plagio, spinti al rifiuto del genitore alienato.

Alienazione parentale: il dibattito in Italia

La PAS o sindrome da alienazione parentale è oggetto di dibattito ed esame sia in Italia che all’estero. Sotto osservazione sia i risvolti scientifici, sia quelli giuridici, sia quelli clinico/psicologici. Il concetto di PAS fu proposto per la prima volta nel 1985.

La comunità scientifica e legale, però, per lungo tempo hanno evitato di riconoscere alla PAS la condizione di vero e proprio “disturbo mentale”. La sindrome da alienazione parentale, infatti, non è mai stata inserita nel DSM, il testo di riferimento americano per i disturbi psichiatrici. A livello internazionale, invece, qualcosa ha iniziato a muoversi con alcune sentenze del 2010 e 2011 della Corte Europea di Diritti dell’Uomo Strasburgo.

In Italia, vi fu dapprima una chiara presa di posizione del Ministero della Salute e dell’ISS (Istituto Superiore di Sanità) che rigettarono la valenza clinica della sindrome. Nel 2013 una sentenza della Corte di Cassazione stabilì la mancanza di dignità scientifica di tale sindrome. L’11 marzo del 2017, una sentenza del tribunale di Milano ha ribadito come la PAS non abbia necessità di indagine clinica poiché non è una patologia.

Ultimamente, però, qualcosa pare stia cambiando e la PAS viene esaminata con maggiore attenzione del Diritto di Famiglia. Questo perché i comportamenti dei minori descritte da Gardner si riscontrano con frequenza nelle cause di separazione o divorzio.

L’avvocato e attuale Ministro per la Pubblica Amministrazione Giulia Bongiorno ha dichiarato di voler introdurre il reato di alienazione parentale.

L’alienazione parentale, inoltre, è inclusa nel nuovo ICD-11, come “Caregiver-child relationship problem (QE52.0)”. L’alienazione parentale non rappresenta una diagnosi separata nel nuovo ICD-11, ma è considerata un sinonimo per la specifica diagnosi QU52.0. ICD è la classificazione internazionale (International Classification of Diseases – ICD) curata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Le ultime sentenze in Italia sulla PAS

In Italia, sono sempre più frequenti le sentenze che riconoscono l’insorgenza della sindrome PAS. Del resto, è stato chiarito dalla sentenza della Cassazione del 2016 (Cass, sez. I, 8.4.2016, n. 6919).

Tra le ultime sentenze figurano le seguenti:

  • Trib. Castrovillari 27.7.18;
  • Trib. Min. Brescia decr. 26.7.18;
  • Trib. Cosenza, sez. II, 18.10.2017;
  • Trib. Treviso, sez. I, 13.11.2015;
  • Trib. Cosenza, sez. II, decr. 29.7.2015 n. 778;
  • Trib. Roma, sez. I, 27.6.2014;
  • Trib. Min. Trieste, 21.8.2013;
  • Trib. Roma, sez. I, 13.9.2011, n. 17546;
  • App. Catanzaro, sez. I, decr. 18.12.2015, n. 3405;
  • App. Firenze, sez. fer., decr. 22-29.8.2007.
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