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L’alterazione del normale equilibrio di lieviti o batteri può dare origine a una vaginite che in gravidanza aumenta la preoccupazione per una serie di possibili complicanze.
Esistono diverse forme di vaginite: infezioni da lievito, vaginosi batterica, tricomoniasi e vaginite atrofica di quella che è un’infiammazione della vagina.
È importante porre in modo particolare attenzione alla vaginite in gravidanza essendo associata a complicanze, sia materne che neonatali, da non sottovalutare.
La vaginite è l’alterazione del normale equilibrio di lieviti o batteri presenti normalmente all’interno della vagina. L’alterazione che determina l’infiammazione del rivestimento della vagina può essere causata da diverse condizioni, tra cui l’assunzione di antibiotici, un’infezione o i cambiamenti dei livelli ormonali che si verificano fisiologicamente durante la gravidanza e l’allattamento (ma anche durante la menopausa).
Ma anche i rapporti sessuali (soprattutto con partner misti) o l’utilizzo di spermicidi e del dispositivo intrauterino (IUD), così come il lavaggio della vagina tramite l’acqua, può favorire l’alterazione responsabile della vaginite.
Si tratta, quindi, di una condizione comune che secondo i dati dell’American Pregnancy association, interessa tra il 10% e il 30% delle donne in gravidanza.
Come ricordato dall’Eunice Kennedy Shriver National Institute of Child Health and Human Development, la forma più comune di vaginite è quella batterica che è anche la più diffusa nelle donne in età fertile.
L’infezione da lievito è quella che si verifica quando vi è la proliferazione della Candida, un fungo normalmente presente nella vagina.
La tricomoniasi, invece, è una malattia sessualmente trasmissibile provocata da un parassita monocellulare.
La vaginite atrofica, infine, è causata dall’assottigliamento e da fenomeni di secchezza delle pareti della vagina ed è prevalente nelle donne in menopausa per il calo della produzione di estrogeni.
Il sintomo comune alle diverse forme di vaginite in gravidanza è quello legato alle perdite vaginali, che possono essere lattiginose nella vaginosi batterica, dense e bianche nelle infezioni da lievito e grigio-verde nella tricomoniasi. Sono spesso accompagnate da cattivo odore (il sintomo più evidente), bruciore, prurito e irritazione.
La preoccupazione sulla vaginite in gravidanza è legata non solo ai sintomi, ma anche alle possibili complicanze. Il Manuale MSD, a questo proposito, riferisce come la vaginosi batterica in gravidanza sia associata a un aumento del rischio di rottura delle membrane, corioamnionite, travaglio pretermine e parto pretermine.
Bisogna anche considerare come la vaginosi batterica aumenta il rischio di contrarre altre malattie sessualmente trasmissibili (come l’HIV) e quello di sviluppare una malattia infiammatoria pelvica che può danneggiare gli organi riproduttivi causando infertilità.
Il trattamento e la cura della vaginite in gravidanza dipendono dalla causa dell’infiammazione. Grande importanza la ricopre la diagnosi, che però spesso non viene effettuata in quanto, soprattutto la vaginosi batterica, risulta asintomatica.
Proprio per questo motivo, in un contributo dell’American Family Physician si sottolinea come la vaginosi batterica potrebbe essere l’infezione vaginale che viene più ignorata e mal gestita. Bisogna anche aggiungere che l’infezione da vaginosi batterica all’inizio della gravidanza (secondo trimestre) comporta un rischio maggiore di complicazioni rispetto all’infezione da vaginosi batterica nelle fasi successive della gestazione.
Attualmente lo screening per la vaginosi batterica è raccomandato solamente per le donne ad alto rischio.
Il trattamento per la vaginosi batterica si basa sull’assunzione di un antibiotico e parallelamente sulla sospensione dei rapporti sessuali, anche quelli che prevedono l’utilizzo del preservativo.
Il ricorso agli antibiotici in gravidanza è comunque controverso, in quanto si tratta di farmaci che agiscono anche sui batteri buoni e per il fatto che almeno la metà delle donne che hanno effettuato questo trattamento vanno incontro a una recidiva entro i 12 mesi successivi.
Per quel che riguarda le infezioni da lievito, invece, il trattamento prevede l’applicazione di una crema topica o di un medicinale da inserire all’interno della vagina.
Consapevoli dei rischi e delle difficoltà nel trattamento, è indispensabile porre attenzione alla prevenzione della vaginite in gravidanza. Questa si concretizza seguendo diversi accorgimenti. Innanzitutto evitando di fare lavande vaginali e preferendo l’utilizzo di acqua calda per l’igiene della vagina, in quanto saponi e detergenti possono alterare l’equilibrio interno.
È consigliato anche di non utilizzare spray per l’igiene intima o assorbenti interni profumati, così come è altamente raccomandato l’utilizzo del preservativo durante i rapporti sessuali e l’igiene dei contraccettivi di barriera e degli applicatori dello spermicida dopo il loro utilizzo.
In questo studio viene evidenziato come diversi sintomi vulvari (come bruciore, dolore vulvare, dispareunia e perdite vaginali) siano comuni durante la gravidanza e diventino più frequenti con il passare delle settimane di gestazione.
I disturbi più comuni associati a questo tipo di sintomi sono le infezioni ma anche l’aumento del flusso sanguigno, i cambiamenti ormonali e la secchezza vaginale; tutti elementi tipici durante la gestazione.
Dolore e bruciore vaginale possono inoltre essere causati dalle vene varicose o da irritazione causata dall’uso di prodotti per l’igiene intima aggressivi o indumenti sintetici che possono irritare la pelle della vulva.
Nonostante la loro diffusione e fisiologica conseguenza della gravidanza, il consiglio è quello di non sottovalutare questi disturbi e sottoporli alla valutazione medica per trovare sollievo ed escludere cause importanti che richiedono un adeguato trattamento.
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