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Il futuro della cura e della migliore gestione dell'endometriosi passa dalle ricerche sulle terapie biologiche. Scopriamo quali sono quelle più promettenti.
L’endometriosi, la condizione che provoca la formazione di tessuto endometriale all’esterno dell’utero, è (dati del Ministero della Salute) una delle principali cause di infertilità o sub-fertilità. Senza sottovalutare l’impatto che questa malattia ha sia sulla qualità della vita che sui costi che la sua gestione determina. Attualmente la terapia di prima linea, come riportato in questo studio, si basa sull’assunzione di contraccettivi ormonali combinati e di progestinici.
Sebbene siano ben tollerati ed efficaci alcune donne sperimentano un miglioramento parziale con un significativo aumento delle recidive in caso di sospensione del trattamento. Per questo motivo, come indicato dall’International Journal of Molecular Sciences, la ricerca sta sviluppando nuove soluzioni con l’obiettivo di identificare nuovi obiettivi terapeutici con trattamenti innovativi per affrontare questa malattia cronica. Le terapie biologiche per l’endometriosi rappresentano un campo di ricerca molto promettente.
Per comprendere cosa sono le terapie biologiche per l’endometriosi è utile distinguerle da quelle “non biologiche”. L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), spiega che i farmaci biologici sono trattamenti che prevedono l’utilizzo di uno o più principi attivi prodotti o estratti da un sistema biologico. Si distinguono dai farmaci tradizionali, chiarisce la Società Italiana di Farmacologia (SIF), sono costituiti da molecole più grandi e complesse (spesso proteine) prodotte utilizzando sistemi viventi come batteri o cellule animali.
L’altra particolarità di questi farmaci è che sono realizzati per colpire bersagli specifici (come i recettori o le proteine coinvolte nei processi patologici). In questo modo offrono un approccio terapeutico più mirato in grado anche di ridurre gli effetti collaterali.
Nel caso dell’endometriosi ci sono diverse terapie biologiche in fase di studio. Su Frontiers è stata pubblicata una mini-revisione della lettura scientifica sull’argomento nella quale si fa riferimento all’immunoterapia, quel trattamento che ha come obiettivo quello di modulare la risposta immunitaria così da inibire lo sviluppo dell’endometriosi. L’approccio prevede di agire direttamente sulle cellule immunitarie, i fattori immunitari o le vie di segnalazione correlate al sistema immunitario.
Questo studio menziona, invece, l’Advanced Therapy Medicinal Products (ATMPs) e l’utilizzo delle cellule staminali mesenchimali (MSC). Nel primo caso si tratta del ricorso alle terapie geniche, cellulari e ai prodotti di ingegneria tissutale. Per quel che riguarda l’endometriosi queste terapie hanno lo scopo di riparare o sostituire i tessuti danneggiati o a rimodulare le risposte biologiche responsabili della patologia. L’uso di cellule modificate geneticamente, per esempio, potrebbe aiutare a ridurre l’infiammazione o a prevenire la crescita anomala del tessuto endometriale.
Le cellule staminali mesenchimali, invece, hanno la capacità di differenziarsi in vari tipi cellulari e di modificare le risposte immunitarie. In questo modo si potrebbe ridurre l’infiammazione e riuscire a promuovere la rigenerazione dei tessuti riducendo le lesioni endometriali e alleviare il dolore.
Il portale Insalutenews espone la terapia basata sul D-Chiro-Inositolo, una molecola naturale che ha mostrato potenziali effetti benefici sull’endometriosi. In modo particolare questa molecola agisce come inibitore dell’enzima coinvolto nella produzione degli estrogeni così da diminuire il rischio di progressione e recidiva della malattia.
L’International Journal of Fertility & Sterility parla invece delle terapie anti-angiogeniche. Si tratta di terapie che mirano a inibire il processo di formazione dei nuovi vasi sanguigni (angiogenesi), fondamentale per la crescita del tessuto endometriale.
Le terapie biologiche per l’endometriosi mirano a modulare il sistema immunitario, ridurre l’infiammazione e il dolore associati alla malattia. A differenza dei trattamenti tradizionali che spesso sopprimono solo i sintomi, le terapie biologiche intervengono sui meccanismi biologici e molecolari alla base della patologia.
In modo particolare tra le terapie biologiche per l’endometriosi sono efficaci contro il dolore e l’infiammazione troviamo il ricorso a:
Gli inibitori dell’aromatasi sono dei farmaci che diminuiscono la produzione di estrogeni, contribuendo a ridurre la crescita del tessuto endometriale permettendo anche di alleviare i sintomi associati. Con il ricorso agli antagonisti del GnRH, si sopprime la produzione degli ormoni sessuali (estrogeni compresi) creando uno stato simile alla menopausa tale da ridurre i sintomi dell’endometriosi.
I microRNA, invece, sono delle piccole molecole che regolano l’espressione genica. È stato individuato come nell’endometriosi alcuni microRNA non siano correttamente regolati. Tramite specifici microRNA sembra possibile controllare la crescita del tessuto endometriale all’esterno dell’utero.
Le terapie antifibrotiche hanno l’obiettivo di prevenire o ridurre la formazione del tessuto cicatriziale (fibrosi), tipico dell’endometriosi, riducendo sia il dolore che migliorando la funzionalità degli organi coinvolti.
I macrofagi M1 sono delle cellule del sistema immunitario con proprietà pro-infiammatorie e antitumorali; modulandone l’attività può ridurre la crescita del tessuto endometriale.
È importante sottolineare che molte di queste terapie sono ancora in fase di studio, ma rappresentano un campo di ricerca estremamente promettente per lo sviluppo di nuove opzioni terapeutiche per le donne affette da endometriosi.
Come in parte già anticipato, le terapie biologiche per l’endometriosi si differenziano sotto diversi punti di vista rispetto ai trattamenti tradizionali. Questi ultimi, infatti, spesso gestiscono i sintomi o sopprimono i disturbi solamente in maniera temporanea, tanto da non poter essere sospesi. Le terapie biologiche, invece, potrebbero agire direttamente sui meccanismi alla base dell’endometriosi, così da risolvere il problema all’origine e non risultare solamente come un palliativo (per quanto al momento estremamente importante).
I trattamenti tradizionali oggi utilizzati per la gestione dell’endometriosi sono i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), i contraccettivi orali combinati e progestinici e gli agonisti e antagonisti del GnRH. Se da una parte questi alleviano il dolore e riducono la crescita del tessuto endometriale ectopico, hanno spesso importanti effetti collaterali, oltre a non riuscire a risolvere completamente la malattia. Discorso simile per l’approccio chirurgico che con la rimozione del tessuto endometriale non cura la malattia che può ripresentarsi successivamente.
L’efficacia dell’approccio innovativo delle terapie biologiche è uno dei principali vantaggi che fa ben sperare per la cura dell’endometriosi. Queste terapie hanno sostanzialmente un duplice vantaggio. Oltre, come detto, a intervenire sui meccanismi biologici e molecolari alla base dell’endometriosi, consentono di prevedere un approccio personalizzato per ogni singola paziente. In questo modo si riesce ad avere un’azione più efficace rispetto alle terapie tradizionali.
Nonostante i potenziali benefici, le terapie biologiche presentano anche alcuni effetti collaterali e limitazioni. Innanzitutto ci sono da considerare i possibili effetti pro-infiammatori dell’utilizzo delle cellule staminali mesenchimali (MSC). Nel ricorso alle cellule staminali ci sono anche da affrontare importanti questioni etiche legate soprattutto al consenso dei donatori e alla modificazione genetica associata.
Al netto della limitatezza degli studi clinici finora disponibili con i quali valutare l’efficacia e la sicurezza di questi trattamenti, le terapie biologiche sono un settore in evoluzione per la cura dell’endometriosi. Per quanto si tratti di una malattia molto complessa e fondamentale poter contare su più possibilità di intervento per poter proseguire nella ricerca di soluzioni realmente efficaci.
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