Comprendere se una condizione ha una componente ereditaria è importante per diversi motivi, soprattutto in termini di identificazione precoce. Poter individuare precocemente le persone a rischio consente di gestire la malattia prima che si manifesti in forma grave. Questo è particolarmente rilevante per l’endometriosi, una condizione la cui diagnosi, spiega il Manuale MSD, è spesso tardiva. Mediamente si giunge a una diagnosi di endometriosi con un ritardo di 4-11 anni dall’esordio dei sintomi. Una tempistica che ha inevitabilmente una conseguenza negativa sulla qualità della vita delle pazienti e sulla possibilità di migliorare la gestione dei sintomi e avere una maggiore consapevolezza delle proprie scelte riproduttive. Vediamo, quindi, più nel dettaglio se c’è un rapporto tra endometriosi ed ereditarietà e cosa fare in caso di familiarità con questa malattia.

Endometriosi: cos’è e quali sono le sue cause principali

Il Ministero della Salute definisce l’endometriosi come la presenza di endometrio (la mucosa normalmente presente solo nella cavità uterina) all’esterno dell’utero. Solo in Italia interessa il 10-15% delle donne in età riproduttiva, in quanto può manifestarsi già dal menarca (la prima mestruazione) e accompagnare la donna fino alla menopausa. La particolarità dell’endometriosi è che l’endometrio che si sviluppa al di fuori della cavità uterina è simile all’endometrio normale, ma ha una maggiore adesività che gli consente di aderire alle strutture extrauterine.

L’endometriosi interessa circa il 30-50% delle donne che hanno difficoltà a concepire ma la causa esatta del perché il tessuto endometriale si sviluppi al di fuori della cavità uterina non è del tutto nota. Tra le ipotesi principali c’è che le cellule endometriali migrino, durante le mestruazioni, al di fuori dell’utero impiantandosi al di fuori di esso.

Tra i fattori di rischio, come riportato anche in questo studio, ci sono quelli ambientali tra cui l’esposizione a tossine (come la diossina) e lo stile di vita che riguarda il consumo di alcol, il non praticare un’attività fisica regolare e il seguire una dieta ricca di carne rossa. Tutti questi fattori, infatti, possono influenzare lo sviluppo dell’endometriosi. Altri possibili fattori di rischio sono il menarca precoce, i cicli mestruali brevi con mestruazioni prolungate e abbonanti, la menopausa tardiva e i difetti del dotto di Müller.

L’endometriosi è ereditaria? Cosa dice la scienza

Diverse ricerche e studi scientifici hanno indagato il rapporto tra endometriosi ed ereditarietà. È stato individuata un’incidenza maggiore nelle donne con parenti di primo grado affetti dalla medesima condizione. La Fondazione Italiana Endometriosi riporta i risultati di uno studio condotto sui gemelli che ha stimato la componente ereditaria intorno al 51%. La Fondazione Veronesi, invece, riferisce degli studi genomici che hanno identificato diverse varianti genetiche associate all’endometriosi. Ci sono diversi geni, infatti, coinvolti nel processo di formazione di nuovi vasi sanguigni (angiogenesi), nell’infiammazione e nello sviluppo uterino.

Questo studio riferisce come ci sia un rischio aumentato da 4 a 7 volte nelle donne che hanno un parente di primo grado con endometriosi. Attualmente la ricerca scientifica ha come obiettivo quello di identificare i geni che predispongono alla malattia e sono stati individuate diverse varianti genetiche associate all’endometriosi. Studi condotti su delle gemelle hanno mostrato una concordanza più alta nelle gemelle monozigote rispetto a quelle dizigote, suggerendo una componente ereditaria significativa.

Nonostante ci sia un certo grado di ereditarietà e familiarità non è possibile stabilire un rapporto di causa-effetto. Anche perché l’endometriosi è una malattia complessa che unisce sia fattori genetici che fattori ambientali.

Familiarità e rischio: se mia madre ha l’endometriosi, potrei averla anch’io?

Le ricerche suggeriscono un maggior rischio di sviluppare l’endometriosi se si ha un parente di primo grado con questa malattia. Il Medical News Today riporta il risultato di uno studio che ha evidenziato che il 5,9% delle partecipanti con endometriosi aveva un parente di primo grado con quella malattia, rispetto al 3% di quelle senza.

Il coinvolgimento della componente genetica è stato approfondito in diversi studi specifici, come riportato dall’Associazione Italiana Dolore Pelvico ed Endometriosi (AENDO), che ne hanno evidenziato il ruolo nella predisposizione e nell’evoluzione della patologia. Questi studi hanno confermato che la storia familiare rappresenta un importante indicatore di rischio, pur non essendo l’unico fattore determinante.

Il più ampio studio genetico sull’endometriosi condotto dall’Università del Queensland ha evidenziato come alterazioni in specifiche vie biologiche possano contribuire alla patogenesi della malattia. In particolare, è emerso un forte legame tra endometriosi e il metabolismo degli estrogeni, i processi infiammatori. Questi risultati sono preziosi non solo per migliorare la comprensione dei meccanismi alla base dell’endometriosi, ma anche per percorrere nuove terapie.

Come anticipato non ci sono solo i fattori genetici a giocare un ruolo sullo sviluppo e la gravità dell’endometriosi. Svolgono un ruolo fondamentale anche gli indicatori immunologici e alcuni fattori ambientali. Questi elementi, infatti, interagiscono e possono modulare l’espressione della malattia, influenzando sia la sua insorgenza sia la gravità dei sintomi

Fattori genetici e ambientali: come influiscono sull’endometriosi

Come abbiamo avuto modo di riassumere l’endometriosi è influenzata da molteplici varianti genetiche, ma anche da fattori ambientali, fattori mestruali, fattori immunitari e stile di vita. Questo significa che una persona con una predisposizione genetica all’endometriosi potrebbe non sviluppare la malattia senza l’esposizione a specifici fattori di rischio ambientali.

Più nel dettaglio l’esposizione a determinati inquinanti e sostanze chimiche, insieme a particolari caratteristiche del ciclo mestruale, possono agire da inneschi che, in presenza di una predisposizione genetica, facilitano l’insorgenza dell’endometriosi. Similmente anche le esposizioni a determinati inquinanti e sostanze chimiche, insieme a particolari caratteristiche del ciclo mestruale, possono agire da inneschi che, in presenza di una predisposizione genetica, facilitano l’insorgenza dell’endometriosi.

L’attenzione a questi elementi è legata anche al fatto che molte delle varianti genetiche associate all’endometriosi hanno una bassa penetranza: la loro presenza non garantisce lo sviluppo della malattia. La presenza di una predisposizione genetica, quindi, è solo una parte (importante) dell’equazione. L’effettiva insorgenza dell’endometriosi, però, dipende dall’interazione di diversi fattori. Questa complessità è alla base del motivo per cui non tutte le donne con una predisposizione sviluppano la malattia.

Prevenzione e diagnosi precoce: cosa fare se si ha familiarità con la malattia

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Fonte: iStock

La presenza di una familiarità con la malattia pone la sfida e l’interrogativo se sia possibile prevenirne l’insorgenza e cosa fare per ridurne il rischio. Al momento non ci sono evidenze che confermino la possibilità che l’endometriosi possa essere prevenuta. Laddove si abbia un caso di familiarità è importante consultare un medico per arrivare a una diagnosi precoce che confermi o smentisca la presenza della malattia. La diagnosi dell’endometriosi si basa sulla valutazione dei sintomi e sull’indagine ecografica.

È importante ricordare che la diagnosi definitiva di endometriosi richiede la visione diretta del tessuto endometriale al di fuori della cavità uterina. Questa indagine avviene solitamente tramite laparoscopia.

L’approfondimento diagnostico in caso di familiarità con l’endometriosi è fondamentale anche considerando che la gravità dei sintomi non è legata alla fase della malattia. Alcune donne possono essere asintomatiche anche se con un’endometriosi estesa, mentre altre con una malattia non diffusa possono lamentare un dolore forte e invalidante. Sebbene, quindi, l’ereditarietà non è certezza di sviluppare la malattia è un campanello d’allarme da ascoltare per approfondire la diagnosi così da migliorare e anticipare l’eventuale gestione della malattia.

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