Emofilia, se la coagulazione del sangue non "funziona"

Una malattia genetica che può avere conseguenze gravi, ma che può essere trattata se gestita con attenzione: parliamo dell'emofilia e di tutte le sue implicazioni.

Esistono diverse malattie genetiche di tipo ereditario e l’emofilia è una di queste. Si tratta di una malattia che riguarda la coagulazione del sangue, che è molto più lenta del normale e che, proprio per questo motivo, può essere molto pericolosa, poiché, in caso di ferita, il sanguinamento è maggiore.

Nel corso degli anni sono state sviluppate terapie e trattamenti tali da consentire alle persone affette di condurre una vita regolare. Conosciamo meglio questa malattia, le sue cause, come si manifesta e come si cura.

Cos’è l’emofilia?

ferita bambino

Come anticipato l’emofilia è una malattia che colpisce la coagulazione del sangue che ha una particolarità: colpisce principalmente le persone di sesso maschile.

La ragione è che l’emofilia si eredita tramite il cromosoma X. Le donne possono essere portatrici, in genere sane, e trasmettere la propria mutazione in media alla metà dei figli maschi, che manifesteranno la malattia; le figlie femmine invece avranno il 50% di possibilità di essere portatrici sane come la mamma.

Il maschio malato può generare figli maschi sani e figlie femmine portatrici.

Per capire cos’è l’emofilia è utile riassumere come funziona la coagulazione del sangue all’interno del corpo umano. Il sangue, composto da plasma, globuli rossi, globuli bianchi e piastrine, circola all’interno dell’organismo attraverso le arterie, le vene e i capillari.

In caso di lesione il sangue fuoriesce o dalla pelle (emorragia esterna) o all’interno del corpo (emorragia interna). In questi casi le piastrine formano un reticolo di fibrina che ha funzione di tappo per permettere di fermare l’emorragia in corso. Nelle persone con emofilia c’è un problema nella formazione del reticolo e non si riesce a fermare l’emorragia.

Secondo i dati statistici l’emofilia colpisce all’incirca 1 nuovo nato ogni 5mila ogni anno.

Le cause dell’emofilia

A causare sono mutazioni di geni che racchiudono le informazioni sulla produzione dei cosiddetti Fattori VIII e IX che si occupano della coagulazione del sangue, situati entrambi, come già scritto, sul cromosoma X. Questi fattori sono delle proteine che si attivano per gestire il processo della coagulazione.

Questa malattia genetica può essere ereditata da una madre portatrice o assai più raramente ha origine “de novo”, ossia la
mutazione si crea in uno dei due geni dell’ovocita.

Emofilia: le tipologie

In realtà esistono tre diverse tipologie di emofilia: Emofilia A, Emofilia B ed Emofilia C. Ogni tipologia di emofilia può essere lieve (fattore di coagulazione tra il 5% e il 50%), moderata (tra l’1% e il 5%) o grave (sotto l’1%).

È fondamentale al momento della diagnosi, riconoscere quale tipologia è presente in modo da procedere con la corretta somministrazione del fattore di coagulazione.

Emofilia A

L’emofilia A è quella causata dalla carenza del Fattore VIII ed è la forma più diffusa di questa malattia, con un caso ogni diecimila.

Emofilia B

L’emofilia B è causata dalla carenza del Fattore IX ed è meno diffusa, con una casistica di un malato ogni trentamila.

Emofilia C

Infine l’emofilia C che è causata dalla carenza del Fattore XI e il gene che fornisce le informazioni per produrre questo fattore sono contenute nel cromosoma 4.

L’emofilia C è molto più rara delle altre due e data la sua particolarità può colpire sia gli uomini che le donne.

Sintomi e conseguenze dell’emofilia

Il principale sintomo con il quale si manifesta l’emofilia è proprio il sanguinamento prolungato. Esso può avvenire tramite una ferita, a seguito di un intervento medico ma anche senza un motivo evidente. La fuoriuscita di sangue può avvenire esternamente (dal naso e dalle gengive), ma anche internamente con ematomi ed emorragie articolari.

Le conseguenze sono quindi tutte legate ai rischi che un’emorragia, sia interna che esterna, può provocare. Si parla quindi di complicanze nel caso di sanguinamenti delle articolazioni (emartri) ed emorragie muscolari.

Tutte queste complicanze, in base alla zona in cui si manifestano, possono portare a disabilità, difficoltà nel movimento e, in alcuni casi, anche compromettere alcune funzioni vitali.

Un caso particolare è quello che riguarda le emorragie intracraniche, ovvero con delle lesioni all’interno della testa. In questo caso i segnali sono diversi e vanno dal forte mal di testa alle difficoltà nel parlare e nell’equilibrio. Inoltre si può verificare uno stato confusionale, la visione doppia e la paralisi dei muscoli facciali. In tutti questi casi è urgente rivolgersi presso il pronto soccorso più vicino.

Data la particolarità della condizione in cui vive un emofilo sono stati condotti anche diversi testi e indagini sul benessere percepito. Tali ricerche hanno confermato come la presenza di una malattia cronica non impedisce il raggiungimento del benessere della persona affetta da emofilia.

Emofilia: trattamento e cura

Per diagnosticare l’emofilia è sufficiente un normale esame del sangue dal quale verificare il tempo di coagulazione che negli emofili è maggiore. Ad oggi non c’è una cura risolutiva che elimini l’emofilia, ma esistono due tipi di trattamenti che possono essere seguiti. Si tratta della profilassi o del trattamento “a domanda”, ovvero a seguito dell’emorragia.

Nel primo caso il trattamento prevede la somministrazione frequente (mediamente tre volte a settimana) del fattore carente. L’obiettivo è quello di prevenire le emorragie gravi e assicurare ai pazienti una certa tranquillità. Tali somministrazioni possono avvenire anche tramite auto infusione domiciliare.

Nel caso del trattamento a seguito dell’emorragia si procede con l’infusione del concentrato del fattore necessario. È evidente come, in caso di tagli o lesioni, un emofilo possa avere emorragie molto prolungate che devono essere trattate immediatamente con la somministrazione del fattore di coagulazione mancante.

Un discorso a parte merita la gestione e la prevenzione del fenomeno legato alla gravidanza. Per chi ne sta programmando una è possibile richiedere una consulenza genetica che, tramite specifici test genetici, può verificare il rischio di trasmissione della malattia.

Successivamente, specie durante la tredicesima settimana di gravidanza, è possibile fare degli accertamenti o tramite villocentesi o amniocentesi. Entrambi i test hanno una minima percentuale di provocare un parto prematuro o un aborto spontaneo, motivo per cui qualsiasi decisione in tal senso va ponderata con il proprio medico.

Infine è possibile verificare la presenza dell’emofilia anche dopo il parto, sempre tramite analisi del sangue e, in questo caso, anche da quello prelevato dal cordone ombelicale.

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