Nato nel 2023 in maniera spontanea, il fenomeno delle “mamme beige” è divenuto così diffuso da richiedere l’intervento anche degli esperti di sviluppo infantile. Vediamo quindi di cosa si tratta e quali indicazioni utili trarre da questa tendenza divenuta rapidamente virale sui social.

Chi sono le “mamme beige”?

Come raccontato dalla CNN, l’inizio del fenomeno delle mamme beige è del tutto casuale e decisamente non voluto dalla sua inconsapevole “fautrice”. A fine 2023, infatti, la creator Nattie Jo Powell ha regalato alla figlia di un anno un albero di Natale giocattolo che era di un colore verde brillante e decorazioni fluorescenti. Tutto è nato dalla decisione di Powell di dipingere l’albero di beige perché ha considerato quel colore più adatto a inserirsi nell’arredamento del suo soggiorno. Il cambio di colore, che è stato condiviso sui social, è diventato oggetto di discussione con una serie di utenti che hanno definito la Powell una mamma beige.

L’espressione è diventata di tendenza con il significato critico nei confronti delle madri che decorano le proprie abitazioni con diverse tonalità di beige e acquistano giocattoli e vestiti di colori anonimi.

Tutto qui? Sì, tutto qui. E l’aspetto che forse sorprende di più e da cui trarre insegnamento è l’inspiegabile necessità di considerare la sezione commenti dei contenuti sui social il posto dove sfogare qualsiasi tipo di pensiero. Anche quelli più inutili, privi di fondamento e potenzialmente offensivi. Essere una mamma beige, infatti, equivale a dire di essere una mamma triste. Non a caso tra i termini con cui descrivere questa scelta si parla anche di “mamma beige triste”.

Poco importa che si è trattato di un singolo episodio e che la figlia di Nattie Jo Powell non ha minimamente accusato il cambio cromatico dell’albero di Natale. Ormai la sentenza è stata emessa e da lì è stato un attimo cercare tutti i potenziali colpevoli (anche diverse celebrità) da citare in giudizio.

Pro e contro dello stile “beige” nella maternità

C’è da dire che, come spesso accade nella polarizzazione tipica dei social, insieme ai critici si sono creati dei veri e propri difensori e sostenitori di questo approccio cromatico. Un approccio che, come abbiamo visto, non esiste nell’episodio iniziale dal quale ha tratto origine, ma che ora si è configurato in maniera indipendente e ha diverse formulazioni più “ufficiali”. Si parla quindi di mamme beige come una sorta di modalità genitoriale volta a ridurre il sovraccarico sensoriale nel quale vivono i bambini. Sovraccarico sensoriale che sarebbe responsabile di creare stress nei bambini.

La scelta di ricorrere a tonalità neutre contrasterebbe il rischio di problemi di sviluppo, difficoltà di concentrazione e incapacità di autoregolare le emozioni che avrebbero i bambini che crescono in stanze e con giochi con colori vivaci e accesi.

La “filosofia” cromatica delle cosiddette mamme beige è quindi orientata a scegliere toni neutri per i propri vestiti, quelli dei propri familiari e per i complementi d’arredo delle stanze della casa.

Tanto per rendere l’idea del fenomeno, su TikTok l’hashtag #beigemom ha superato le 14 milioni di visualizzazioni con genitori che raccontano le vicende dei propri figli che crescono in un contesto “senza colori”.

Nello specifico il fenomeno delle cosiddette mamme beige sembra presentare più aspetti critici che utili, sebbene alcune implicazioni positive le abbia inevitabilmente mostrate. Superare lo stereotipo, per esempio, di considerare il blu e l’azzurro colori da maschio e il rosa e il viola colori da femmina, è sicuramente qualcosa di utile, ma imporre un colore come stile genitoriale è sicuramente privo di alcun beneficio e fondamento.

Come evidenziato dalla Cleveland Clinic, il dibattito sulle mamme beige non riguarda i colori, quanto cosa significhi essere un buon genitore. Anche perché propriamente i neonati più che riconoscere i colori riescono a distinguere solamente la luminosità e l’intensità della luce. La comprensione dei colori arriva solamente intorno ai quattro mesi e diversi studi mostrano come i neonati sono più sensibili al contrasto che al tipo di colore in sé nel quale crescono o con il quale sono fatti i propri giocattoli.

Il consiglio è quello di non colorare i giocattoli dei bambini (l’uso di prodotti aggiuntivi potrebbe essere nocivo per i bambini che tendono a portare alla bocca qualsiasi cosa) e di acquistare quelli che si preferisce, siano beige o di altro colore. Parallelamente è importante permettere al bambino di esprimere le proprie preferenze, senza costringerlo in schemi cromatici predefiniti.

Come trovare il tuo stile materno autentico

Genitorialita-autentica
Fonte: iStock

Non è il colore dei propri vestiti o delle pareti della propria casa a identificare una persona e il suo stile genitoriale. Per questo, anche se a volte con più fatica di quanto si possa pensare, bisogna fare riferimento ad altri valori.

Il discorso è complesso e articolato, ma possiamo partire dal dire che ogni genitore è una persona che resta tale anche quando diventa padre o madre. Questo non significa che i figli non debbano ricevere attenzioni e per alcuni aspetti anche costituire una rinuncia a diversi aspetti della propria “vita pre-genitoriale”, ma che i figli non hanno tanto bisogno di una figura genitoriale, ma di quel genitore. Hanno bisogno di qualcuno che si prenda cura di loro, che stia con loro, che mostri interesse per loro. E che lo faccia senza finzioni.

In questo senso ci sono due valori essenziali per trovare il proprio stile genitoriale: l’autenticità e il confronto con la realtà. È importante che i figli vedano che i genitori siano coerenti e che non fingano di essere ciò che non sono. Questo anche nella volontà (e necessità) di trovare, anche a fatica, il tempo per sé stessi e per il proprio benessere. Anche da questo punto di vista i figli hanno bisogno di persone reali e umane con le quali crescere, non di automi impeccabili ma distaccati e disinteressati.

Non hanno bisogno di supereroi o esseri imperfetti né di distributori di regole e scelte di vita. È chiaro che il genitore ha delle responsabilità, anche educative, ma queste si esprimono nel concreto della propria vicenda familiare. Una vicenda che ha una cronologia (il tempo in cui si vive) e dei protagonisti concreti: il genitore e il figlio.

A differenza di quanto per molto tempo si è creduto e praticato, il figlio non è qualcuno che subisce l’educazione. In questo senso si diventa genitori anche partendo dai propri figli che, al netto di come cambiano e crescono a seconda degli input che ricevono, sono degli esseri unici con la loro individualità, preferenze e inclinazioni.

Non si decide, quindi, lo stile materno e paterno, ma lo si trova. Con flessibilità e pazienza, contemplando errori (che possono anche far soffrire) e impegnandosi (acquisendo competenze genitoriali) per capire come rispondere meglio alle esigenze del figlio essendo per lui il genitore che si vuole essere.

Seguici anche su Google News!
Ti è stato utile?
Non ci sono ancora voti.
Attendere prego...

Categorie

  • Salute e Benessere