
Secondo uno studio i papà premurosi hanno un cervello differente se paragonato a quei padri che non hanno attenzioni verso i propri figli. Tutto d...
I padri stanno cambiando e stanno cambiando il concetto di paternità. Analizziamo meglio il fenomeno comprendendo le scelte e le sfide dei genitori millennial.
I millennial, i ragazzi e le ragazze nati tra il 1981 e il 1996, sono così chiamati perché è quella generazione che ha raggiunto la maggiore età nel nuovo millennio. Identificati anche con l’espressione “Generazione Y”, sono quelli che oggi nel 2025 hanno tra i 29 e i 44 anni, l’età in cui tendenzialmente si diventa genitori. Secondo i dati dell’ISTAT riportati dall’ANSA, oggi in Italia l’età media in cui si diventa padri e di 35,8 anni, con un aumento di 10 anni rispetto alla fine degli anni Novanta. Numeri che non spiegano il cambiamento ma che fotografano una parte di un fenomeno, quello della genitorialità, in costante evoluzione.
È quindi interessante capire come sta cambiando la paternità, qual è il ruolo dei papà millenial e quali le sfide che questi nuovi genitori stanno affrontando, sia come genitori che come uomini, partner e professionisti.
“I padri oggi non si riconoscono più in un unico modello di paternità” Così Save the Children che ben sottolinea quello che è un tratto caratteristico e distintivo dei papà millenial. Ancor prima di altre definizioni questa incapacità e per molti aspetti impossibilità di riconoscersi in un modello predefinito di paternità è il tratto principale che caratterizza i cosiddetti papà 2.0.
Un distacco rispetto al passato che è innanzitutto un problema identitario. Oggi non c’è un unico modo di essere padri e per le nuove generazioni questa assenza di riferimenti è per molti aspetti una sfida stimolante (libera da stereotipi e condizionamenti) ma anche un enorme fatica di non avere riferimenti a cui rivolgersi.
Di certo sembra esserci la volontà e la necessità di non riconoscersi nel vecchio modello di paternità (e più in generale di genitorialità). Senza esprimere giudizi è interessante capire e anche solo accennare a quali erano i tratti distintivi di quel modello di genitorialità cui i papà millennials si discostano. La Positive Parenting Task Force spiega come tradizionalmente la figura paterna era prevalentemente associata al ruolo di colui che si occupava di sostenere economicamente la famiglia. Il padre, quindi, era il protettore dei figli, la figura autoritaria cui obbedire (anche senza porre domande). Era una genitorialità, quella prima dei millennial, in cui i ruoli genitoriali erano ben distinti e definiti con la madre cui erano affidate le “questioni emotive e di accudimento” dei figli, mentre al padre quelle di stabilire le regole e occuparsi del sostentamento.
Questo, nell’estrema e inevitabile sintesi di questa trattazione, ha avuto come ripercussione una certa assenza del padre nella crescita dei figli. Non certo per scelta o cattiveria, bensì per un’impostazione sociale e culturale per la quale l’uomo non esprimeva sentimenti (e forse neanche li provava) ed era il vertice (il patriarca) su cui pesavano le responsabilità di decidere e guidare la famiglia e i figli.
Oggi questo sistema culturale è stato contestato e in buona parte rifiutato. Tante le ragioni alla base di questo processo ancora in evoluzione e nel quale ancora vigono tantissimi stereotipi (basti pensare all’utilizzo dell’espressione “fare il mammo”). Di certo c’è che i papà millennial non accettano questo ruolo e provano, a volte con fatica, a ritagliarsene un altro.
Il nuovo ruolo dei padri di oggi (giudicato a volte anche in maniera sprezzante dalle vecchie generazioni) trova nella volontà e nella disponibilità a trascorrere più tempo con i figli uno dei suoi tratti distintivi. Essere papà significa, anche, giocare con i bambini, portarli a scuola e andarli a riprendere, andare ai colloqui con gli insegnanti, portarli al parco, occuparsi della loro igiene, portarli dal pediatra, occuparsi della routine mattutina e serale del bambino e tutto quello che fino a pochi anni fa era comunemente ritenuto un dovere e un compito delle madri (al massimo delle nonne).
In uno studio del Pew Research Center emerge il dato per cui il 57% dei papà millenial considera la genitorialità una parte integrante della propria identità. L’aspetto più interessante è che questo dato è in linea con quello delle madri (58%) avendo quindi ridotto da questo punto di vista una forma di disparità.
I papà millennial, quindi, sono più presenti. Ma questo ha inevitabilmente delle ripercussioni sulla capacità di conciliare la sfera familiare con quella professionale (senza considerare quella personale e relazionale). Per i padri di oggi emerge forte la necessità di trovare forme di maggiore flessibilità per conciliare la sfera lavorativa con quella genitoriale. Lo strumento del congedo di paternità è, almeno in Italia (nel resto d’Europa ci sono esempi virtuosi) è spesso insufficiente e al netto di tanti progressi riflette ancora molto l’idea che la cura e l’assistenza dei figli spetta innanzitutto alla madre.
Molte aziende incentivano iniziative e misure per favorire una cultura lavorativa che valorizzi anche il tempo trascorso in famiglia, ma molta è ancora la strada da fare.
I cambiamenti determinati dal diventare padre sono importanti, significativi e profondi non solo per le modifiche alla routine quotidiana e alle nuove responsabilità, ma anche e proprio in virtù di questa diversa modalità di esercizio della propria genitorialità. L’assenza di un riferimento e l’essere per molti aspetti la prima generazione post-visione patriarcale della paternità (che non significa che non esista più quel fenomeno) porta l’uomo ad avere anche delle difficoltà nel definire la sua nuova identità.
Così come esiste – al netto di tantissime e radicali differenze – una matrescenza, ovvero un percorso di acquisizione della maternità, così si può abbozzare una spiegazione di cosa significhi diventare padri oggi. Non è il parto né il certificato anagrafico o l’attribuzione del cognome (oggi, peraltro, non più prerogativa esclusiva dell’uomo) a fare di un uomo un padre, ma è un percorso che è inevitabilmente legato a tante sfide e anche tensioni. Un percorso che, non essendoci nulla di scontato o automatico, richiede innanzitutto un coinvolgimento personale.
Ma non solo. Quello che è distintivo dei papà millennial è che la transizione verso la paternità richiede anche il coinvolgimento del figlio (o dei figli). Questi non sono più figure generiche, ma persone specifiche che con la loro individualità segnano il percorso di consapevolezza e maturazione dei propri genitori. C’è una sorta di crescita simultanea e simbiotica, tenendo conto sempre delle differenze di ruolo, età e responsabilità. Ma è anche il padre che cambia, non solo dal punto di vista biologico come molti studi recenti hanno evidenziato, ma anche e soprattutto dal punto di vista di consapevolezza e identità. Si è padri di quel figlio, non di un figlio. Ecco perché, altra sfida culturale, i padri adottivi non sono padri di serie B rispetto a quelli biologici.
Diventare padri, quindi, rappresenta un impegno continuo che non si risolve nell’assegnazione genetica di un cromosoma, ma nella relazione con i figli e i loro cambiamenti. Al di là di tanta retorica che spesso accompagna questa narrazione è evidente che oggi essere padri è qualcosa di diverso rispetto al passato, con un coinvolgimento personale maggiore anche e soprattutto dal punto di vista emotivo. I papà millennial mostrano anche una maggiore vulnerabilità e non si vergognano di piangere davanti ai figli o di chiedere scusa per eventuali errori (cosa impensabile per i padri della precedente generazione).
Anche questa incomunicabilità e incomprensione educativa con i propri genitori porta i papà 2.0 a vivere una sorta di tensione, giudizio e mancata accettazione che ha un importante impatto sulla loro identità. Quella che per molti è giudicata come una fragilità è in realtà spesso una ricerca frutto della volontà di essere, semplicemente, più presenti in prima persona e meno nascosti dietro regole e comandi autoritari. Così da provare a essere anche più autorevoli.
Per i papà millennial è normale raccontarsi e cercare risposte e informazioni sul web. E lo fanno prevalentemente attraverso i gruppi sui social network (una soluzione più pratica e in linea con lo stile di vita quotidiano), i blog, le newsletter e i podcast. Tramite questi spazi digitali condividono esperienze, cercano soluzioni a problemi comuni e si confrontano sui vari temi della paternità. Alcuni delle iniziative, dei podcast e delle newsletter più interessanti sull’argomento sono:
Diverse associazioni e consultori svolgono un ruolo importante per supportare i futuri padri e i padri nell’approfondire le proprie competenze educative così da rispondere meglio alla loro idea di una genitorialità presente e attiva nella crescita dei propri figli.
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