
Può un uomo (o comunque il partner non in gravidanza) sperimentare gli stessi (o quasi) sintomi della gestazione? Ci sono casi (e ricerche scienti...
Mettiamoci nei panni di un padre scoprendo come vive la gravidanza e a quali cambiamenti va incontro durante la gestazione e dopo la nascita del bambino.
Se fino a qualche decennio fa c’era l’idea che la gravidanza fosse una questione esclusivamente femminile, con l’approfondimento scientifico si è scoperto che anche l’uomo viene cambiato e modificato dalla gravidanza prima e dalla nascita del figlio poi. Un cambiamento che va contestualizzato per essere compreso in modo da conoscerne i rischi per prevenirli e gestirli in maniera adeguata.
Bisogna partire dallo sgomberare il campo da ogni tipo di stereotipo. Così come ci sono tanti (troppi) falsi miti sulla gravidanza centrati sulla donna, è fondamentale non partire dal presupposto che gli uomini vivano la gravidanza in maniera distaccata o secondaria. È evidente che ci sono delle differenze enormi e dei livelli ben differenti di coinvolgimento, ma pensare che la gravidanza non interessi l’uomo o che sia un periodo di attesa del parto è fuori dalla realtà. Anche perché, qui come altrove, molto dipende dalla sensibilità e dalle peculiarità del singolo uomo.
C’è chi, quindi, reagisce con entusiasmo al test di gravidanza positivo e chi, invece, va incontro a smarrimento e paura. Entrambe le reazioni sono comprensibili e normali (nell’ottica di non dover giudicare come una persona affronta una realtà) e, come detto, dipende dal vissuto e dalla personalità di ogni uomo.
Nonostante l’uomo non sperimenti i cambiamenti fisici tipici di una gravidanza, diversi studi hanno mostrato come anch’egli possa sperimentare diversi mutamenti ormonali. L’uomo può andare incontro a un aumento dell’ossitocina, dell’estradiolo e della prolattina che ne modificano la dimensione emotiva e affettiva.
Per l’uomo, quindi, la gravidanza non è solamente un periodo di transizione e attesa inerme, ma un periodo nel quale iniziare a immaginare, organizzare ed elaborare l’arrivo del proprio figlio. A differenza di quanto avveniva in passato (dove spesso più che la scarsa sensibilità del singolo c’era un importante condizionamento sociale e culturale), negli ultimi anni il coinvolgimento dell’uomo è aumentato già durante la gravidanza, durante la quale partecipa alle principali novità (i primi movimenti fetali, le ecografie, le visite mediche, eccetera).
Un aspetto sicuramente importante che anche l’uomo vive è quello legato alla preoccupazione e all’ansia. Sia dei rischi della gravidanza che della salute del feto e del bambino, senza sottovalutare i timori legati al cambiamento di vita, alle conseguenze economiche, alla crescita e all’educazione e tutte le novità che dalla nascita un figlio inevitabilmente si porta dietro.
Infine, ma non meno importante, le ripercussioni sulla sfera sessuale dei cambiamenti della gravidanza, del parto e del puerperio. Anche “solo” l’assistere al parto può per alcuni uomini creare uno shock e un rifiuto nei confronti del partner che va affrontato in maniera adeguata. Così come le frequenti difficoltà (anche logistiche) nel riuscire ad avere una propria intimità nei primi mesi di vita del bambino sono aspetti da non sottovalutare vista l’importanza che ricoprono.
Può un uomo (o comunque il partner non in gravidanza) sperimentare gli stessi (o quasi) sintomi della gestazione? Ci sono casi (e ricerche scienti...
Nel mondo occidentale il diventare padri è una realtà che è andata incontro a profondi cambiamenti. Sia sulla figura del padre che di conseguenza sul suo modo di rapportarsi al figlio e al partner. Come evidenziato in questo studio, infatti, i padri moderni trascorrono più tempo con i propri figli in tutte le dimensioni della loro cura (nutrendoli, occupandosi della loro igiene e giocando con loro).
L’aumento dei tassi di occupazione femminile (seppur ancora siano sbilanciate le condizioni professionali tra madri e padri e più in generale tra donne e uomini) e il miglioramento dei congedi di paternità hanno creato le condizioni per questo cambiamento. Il cambiamento sociale e culturale su cosa significhi essere uomini e padri ha accompagnato questo processo.
Diventare papà, quindi, vuol dire tante cose, sia per l’uomo che per il bambino. Per il figlio, infatti, il coinvolgimento del padre è prezioso per promuoverne il linguaggio e lo sviluppo cognitivo, per favorire uno sviluppo socio-emotivo migliore e, ancora, sostenere la regolazione emotiva e le capacità socio-cognitive.
Per l’uomo, invece, come suggerito da numerosi studi come quelli riferiti dall’Agenzia AGI, l’uomo dopo la nascita del primo figlio sperimenta profondi cambiamenti cerebrali. Nello specifico i neo padri perdono una parte del volume corticale e sembrerebbe (ulteriori studi dovrebbero confermarne le cause) che questi cambiamenti potrebbero favorire la connessione tra padri e figli. Non sono quindi solamente le donne ad andare incontro a cambiamenti cerebrali, e questo cambiamento, come riportato da ScienceLine, fa riferimento alla neuroplasticità del cervello, ovvero la sua capacità di rimodellarsi al variare delle circostanze.
Negli uomini i cambiamenti cerebrali si riferiscono prevalentemente alle regioni corticali del cervello soprattutto nelle aree coinvolte nell’attenzione e nell’empatia. L’effetto è quello di permettere ai papà di riconoscere e anticipare i bisogni del bambino.
Un aspetto da non trascurare è quanto la genitorialità incida sul rapporto di coppia. Questo già durante la gravidanza: c’è chi, infatti, inizia a sentirsi fuori luogo, secondario o inutile. Durante il periodo della gravidanza le attenzioni sono prevalentemente sulla donna (per poi essere trasferite sul bambino dal momento della nascita) e questa “perdita di importanza” può risultare un problema anche nelle dinamiche di coppia.
Il rapporto tra i partner è anche condizionato dalla “tipologia” di gravidanza, ovvero se essa sia cercata e desiderata o meno. Un qualsiasi tipo di contrasto, specialmente se non risolto, provoca inevitabilmente ferite profonde e un distacco che con il passare del tempo diventa sempre più difficile da recuperare.
L’altro grande elemento riguarda la condivisione. La gravidanza può essere un elemento di unione tra i due partner, che discutono delle scelte, degli appuntamenti e anche immaginando il futuro affrontano insieme le sfide della genitorialità. Sfide che poi si concretizzano e si rendono estremamente più complesse quando il bambino, sviluppando anche il suo carattere e la sua personalità, non sarà più nel grembo materno.
L’arrivo di un figlio impatta sugli equilibri di una coppia. Che non significa necessariamente che debba rovinarli o allontanare i partner, ma che ognuno di loro prima ancora di essere padre o madre è un uomo e una donna con la propria individualità che viene scombussolata e modificata da questa novità. Sta alla volontà e alla capacità della coppia del non dare niente per scontato e nell’affrontare le difficoltà e le scelte (il sonno ridotto, l’allattamento, lo svezzamento, il co-sleeping e tutto quello che verrà) come una sfida da affrontare insieme.
Diventare padre significa anche andare incontro a una serie di cambiamenti emotivi. Oltre alle ansie e alle preoccupazioni legate alla gravidanza (timori sullo stato di salute del bambino, cambiamenti, eccetera) la paternità determina difficoltà importanti e impegnative per i papà.
Difficoltà emotive che spesso vengono sottovalutate, ignorate o taciute in nome di un’idea piuttosto insostenibile (per quanto molo diffusa) di virilità. Gli uomini difficilmente condividono determinati pensieri ed emozioni e per di più raramente hanno figure cui fare riferimento. I loro padri sono quelli che difficilmente dimostravano molto affetto (come abbiamo detto più per cultura che per reale mancanza di volontà e capacità) e raramente comunicavano o si mostravano interessati agli aspetti psicoemotivi dei figli.
Anche gli uomini possono soffrire di depressione post partum, un fenomeno serio e complesso su cui è importante iniziare a fare chiarezza.
Così i padri, complici le singole situazioni sociali, economiche e professionali, vanno incontro a paure e ansie legate all’incapacità di essere all’altezza del ruolo, di saper proteggere e aiutare a crescere il bambino e di saperli supportare nelle sfide della vita.
Una realtà di cui spesso poco si parla e che invece si rivela fondamentale per fornire ai futuri padri e a quelli che vogliono mettersi in discussione per essere più attenti e capaci di rispondere alle esigenze del figlio e del partner gli strumenti e gli aiuti necessari per poter migliorare le proprie competenze.
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