Da una parte il corpo della donna, in metamorfosi continua, che si trasforma e si modella per fare spazio alla vita. Dall’altra il corpo dell’uomo, il padre, immutabile, sempre uguale a se stesso, privo di qualsiasi segno che possa immediatamente far dire: “Ecco, un futuro papà!”

Una “mancanza” che ha portato a credere che un uomo non fosse non solo biologicamente ma nemmeno psicologicamente preparato per fare padre. Ma la realtà che riporta la scienza è diversa: come scrive sul New York Times Anna Machin, che studia la paternità umana all’Università di Oxford, è ormai consolidato

Il fatto che, dal momento che i loro corpi non sono passati per i miriadi di cambiamenti biologici della gravidanza, del parto e dell’allattamento al seno, non sono “pronti” biologicamente e psicologicamente per prendersi cura di un bambino. Come risultato, si sentono meno sicuri e mettono in discussione la loro capacità genitoriale: saranno dei “bravi” genitori? Riusciranno a stringere un legame con i loro bambini? Come sapranno cosa fare?

Domande che, secondo Machin, contribuiscono alla costruzione di un’idea fuorviante, secondo cui i padri sono biologicamente “meno preparati” per essere genitori. Una visione parziale, secondo la studiosa:

Gran parte del ruolo di un genitore non è istintivo per nessuno. (Ricordo come sono stati difficili quei primi giorni della mia maternità, imparare cosa significasse il pianto di mio figlio, imparare a cambiare il pannolino velocemente e fare giochi di prestigio per la grande quantità di cose che servivano anche solo per uscire dalla porta). Mentre i cambiamenti biologici a cui vanno incontro i padri non sono ancora pienamente compresi come quelli delle madri, gli scienziati stanno iniziando a scoprire che sia gli uomini che le donne attraversano cambiamenti ormonali e cerebrali.

In sintesi, spiega l’antropologa, “diventare padre è un fenomeno biologico esattamente come diventare madre”. Ma quali sono questi cambiamenti?

Innanzitutto, spiega Machin, ci sono cambiamenti ormonali: i livelli di testosterone negli uomini si abbassano subito prima o subito dopo la nascita del primo figlio. A dirlo è anche uno studio che ha preso in esame 624 uomini single e senza figli analizzandone i livelli di testosterone: 465 di loro sono diventati padri nei 5 anni dello studio, e hanno mostrato un calo dei livelli di testosterone del 34% in media rispetto a coloro che erano rimasti single o comunque non avevano avuto figli.

Di contro, altri studi hanno evidenziato come, a fronte di una diminuzione del testosterone, aumentino gli ormoni che aiutano a creare un legame, come ossitocina e dopamina, nonostante non sia ancora del tutto chiaro il motivo.

Anche il cervello, poi, subisce delle modifiche, continua Machin: anche nell’uomo si attivano delle specifiche aree che segnalano il cambiamento in atto.

Le aree del cervello che si attivano sia nei padri che nelle madri sono quelle legate all’affetto, all’empatia e alla capacità di reagire al comportamento del bambino: imparare come legare emotivamente con i propri figli, è la conclusione degli studiosi, è una parte fondamentale del percorso che porta un uomo a diventare padre. Per questo il cervello svolge un ruolo di “facilitatore”, prima e dopo la nascita del bambino.

Le aree del cervello che si attivano nelle madri, secondo uno studio del 2012 condotto da un team di neuroscienziati israeliani, sono quelle più vicine al nucleo del cervello, che regolano i processi di accudimento, nutrizione e riconoscimento del pericolo.

Per i padri le parti che si attivano maggiormente sono quelle della superficie esterna del cervello, dove si trovano le funzioni più cognitive come il pensiero, gli obiettivi, la pianificazione e la capacità di risolvere i problemi.

Ecco perché, spiega Anna Machin sul New York Times, secondo gli studiosi il cervello dei padri si è adattato per assicurare che possano legare con i propri figli e possano prendersi cura di loro pur non avendoli fisicamente messi al mondo. Questo significa che sia le madri che i padri sono “preparati” per entrare in sintonia con il bambino.

Ci sono ancora molte domande a cui rispondere nel campo relativamente nuovo della biologia della paternità, conclude Anna Manchin: “Dopo 10 anni di studi abbiamo bisogno di replicare le nostre scoperte su gruppi più numerosi ed eterogenei. Ma se potessi, direi ai neopapà che l’evoluzione li ha preparati a diventare genitori proprio come ha preparato le madri”.

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