
Una nuova ricerca ha rivelato la possibilità di prevenire e ritardare un parto prematuro attraverso un semplice test diagnostico non invasivo.
Un'eventualità molto più diffusa di quanto si possa pensare e che, in base all'epoca gestazionale, può esporre il feto a una serie di rischi (anche gravi). Conosciamo cause, sintomi e conseguenze del parto prematuro.
Un fenomeno, quello del parto prematuro, da approfondire, conoscere e comprendere in tutte le sue implicazioni. Per questo motivo abbiamo intervistato il Dottor Luca Zurzolo, specialista in ginecologia e ostetricia, che ci ha presentato il parto pretermine come una “condizione purtroppo abbastanza diffusa”. Le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, parlano di un fenomeno che riguarda ogni anno circa 15 milioni di bambini e si tratta di una realtà in aumento. Ma c’è di più: le complicanze del parto pretermine sono la principale causa di morte nei bambini con un’età inferiore ai 5 anni.
Nel 50% dei casi, infatti, il travaglio insorge spontaneamente, mentre per l’altra metà dei casi no. Questo o per una rottura pretermine delle membrane o per una condizione ostetrica; situazioni, entrambe, che rendono il proseguito della gravidanza un rischio inaccettabile sia per il feto, sia per la madre.
Dottor Zurzolo, facciamo una piccola premessa metodologica e cronologica: quand’è che il parto è da considerare prima del termine?
Si parla di parto pretermine quando l’inizio del travaglio e l’espletamento del parto avvengono prima del compimento della trentasettesima settimana di gestazione.
“Prima del termine” riguarda un periodo temporale molto ampio che, ovviamente, incide sulle conseguenze che la nascita può provocare nel feto, interrompendo il processo di sviluppo e formazione che avviene all’interno dell’utero materno.
Il parto prematuro può avvenire in diverse epoche gestazionali. Dopo la trentottesima settimana non vi è alcun tipo di problema in quanto il feto è pronto per la vita extrauterina. Quando avviene dalla trentacinquesima settimana in poi il bambino merita l’attenzione dei neonatologi, ma anche in questo caso ci troviamo in un periodo di sicurezza per la sopravvivenza e la salute del bambino.
Viceversa, prima della trentacinquesima settimana, dalla trentunesima alla trentacinquesima, o addirittura in epoche ancora più precoci, è assolutamente necessario disporre di una terapia intensiva neonatale per ospedalizzare i bambini e dargli le cure necessarie affinché completino, grazie alle incubatrici, quella parte dello sviluppo che in utero non è stato possibile compiere.
Quali sono i fattori che possono portare a un parto prematuro?
Il parto pretermine può avvenire con un’aumentata incidenza nelle donne diabetiche, in quelle che hanno un polidramnios e nei soggetti che hanno una ridotta cervicometria (il collo dell’utero piccolo).
A volte il parto può essere indotto prematuramente, ma solo laddove questo rappresenti una garanzia di maggiore sicurezza per il bambino o per la madre che, altrimenti, andrebbero incontro a complicazioni, come nel caso di una preeclampsia e della rottura prematura delle membrane.
Laddove non ci siano serie motivazioni mediche l’induzione del parto non va mai eseguita prima del compimento della trentottesima settimana di gravidanza. Inoltre una gravidanza gemellare, un concepimento tramite fecondazione in vitro, il distacco della placenta, il fumare in gravidanza, l’assumere droghe, ottenere una gravidanza a meno di sei mesi dalla precedente e il subire eventi particolarmente stressanti sono dei fattori che aumentano il rischio di parto prematuro.
Cosa fare in questi casi?
Quando inizia il travaglio è importantissimo avvisare subito il ginecologo per recarsi in ospedale e organizzarsi in modo tale che tutto vada per il meglio e dare le cure necessarie al bambino.
Il parto prematuro ha una sintomatologia propria e riconoscibile o i segnali sono quelli classici di un paro a termine (contrazioni regolari, rottura delle acque, eccetera)?
Generalmente questi travagli sono più veloci perché, essendo i bambini tendenzialmente più piccoli, hanno una discesa più rapida.
Un travaglio pretermine può essere associato anche a crampi addominali, cambiamenti alle perdite vaginali, una maggiore pressione pelvica e un costante mal di schiena. In questi casi la visita ginecologica risulta fondamentale per monitorare la situazione e valutare la possibilità di procedere con trattamenti per ritardare la nascita.
L’obiettivo è, anche in virtù dell’età gestazionale, consentire la maturazione degli organi del bambino e ridurre il rischio delle complicazioni tipiche di un parto prematuro.
Oltre a quanto già detto è utile riportare una stima (perché di questo si tratta) delle cosiddette percentuali di sopravvivenza di un parto prematuro a seconda delle settimane di gravidanza. Nascere a 36 settimane, per esempio, è tecnicamente un parto pretermine, ma non è minimamente paragonabile a uno che avviene a trenta, venticinque o ventitré settimane.
Questo perché il passare delle settimane di gravidanza è legato alla formazione e perfezionamento degli organi (specialmente quelli vitali) che in una determinata epoca gestazionale possono risultare immaturi per la vita extrauterina. Per questo la percentuale di sopravvivenza va da un minimo del 10% a un massimo del 98%, secondo questo schema:
Questi valori sono puramente indicativi perché a determinare la sopravvivenza del bambino concorrono tantissimi fattori. Allo stesso tempo va ricordato come una più remota epoca gestazionale coincide anche con un maggiore rischio di danni per il bambino che non sempre possono essere trattati e curati completamente.
Per le donne il post parto ha delle caratteristiche particolari o, anche in questo caso, la gestione è la stessa di un parto entro il termine?
No, è assolutamente identico a quello delle donne con un travaglio e un parto a termine.
Per il bambino, invece, come anticipato dal dottor Zurzolo, vi è il monitoraggio in terapia intensiva neonatale. Questo si rivela fondamentale e imprescindibile (tanto da incidere spesso anche nella scelta della struttura dove partorire) per prevenire le complicanze del parto prematuro. Queste sono maggiori con il diminuire dell’età gestazionale e del peso alla nascita.
Dottor Zurzolo, quali sono gli elementi critici di un parto prematuro?
Un parto pretermine severo, come per esempio quello alla ventunesima-ventiduesima settimana di gestazione, può comportare seri danni al bambino in quanto non è del tutto formato. Soprattutto la cute non ha terminato lo sviluppo e il bambino non è protetto al meglio e rischia di avere infezioni diffuse in un organismo fragile che, anche per questo, va tenuto assolutamente in un ambiente protetto.
È possibile distinguere le principali conseguenze del parto prematuro in quelle a breve termine e quelle a medio e lungo termine. Tra le primierientrano specifiche complicazioni come il distress respiratorio, l’assenza dei riflessi di suzione e deglutizione (con relative conseguenze sull’alimentazione) e la bassa temperatura corporea, soprattutto nelle fasi immediatamente successive al parto.
Tra quelle a lungo termine, invece, rientrano i problemi respiratori, la paralisi cerebrale, i problemi alla vista e all’udito, il ritardo nello sviluppo, l’andare incontro a problemi di salute cronici e l’essere maggiormente esposti al rischio di SIDS.
La panoramica sul parto prematuro, che è un complesso insieme di fattori (ambientali, comportamentali, fisici, genetici e medici) che possono sovrapporsi tra loro, mostra ancora una volta l’importanza di vivere la gravidanza con la giusta attenzione e consapevolezza. Non si tratta di una malattia da curare, ma neanche di una condizione da trascurare o vivere senza i regolari controlli.
Molte complicazioni della gravidanza, infatti, possono essere trattate adeguatamente in modo da prevenirne il peggioramento o l’esito fatale (per il bambino tanto quanto per la donna) e assicurare di vivere le settimane di gestazione con tutta la serenità del caso.
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