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Partorire senza tagliare il cordone ombelicale dalla placenta in attesa che questo cada da solo? Questo lo scopo del Lotus Birth, una pratica dai benefici poco chiari e dai tanti rischi per il bambino.
Su questa scia sono sorte diverse teorie e approcci con l’obiettivo di recuperare una dimensione più naturale e sana, tanto per la donna quanto per il neonato.
Il Lotus Birth è una di queste. Si tratta di una realtà presentata come benefica per il neonato ma contro la quale hanno espresso un parere negativo, tra gli altri, tanto la Società Italiana di Neonatologia (SIN) quanto la Società Italiana di Pediatria (SIP) e l’Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani (AOGOI).
Conosciamola meglio scoprendone le caratteristiche e i dettagli.
Per comprendere il Lotus Birth facciamo riferimento al sito ufficiale del Lotus Birth Italia che definisce questo approccio come “il modo più dolce, sensibile e rispettoso per entrare nella vita”. Sinteticamente si tratta di un approccio per il quale il cordone ombelicale, a differenza di quanto avviene normalmente nel rispetto delle linee guida sanitarie, non viene reciso e il neonato rimane collegato alla placenta.
Comunemente, infatti, il clampaggio del cordone ombelicale avviene in un periodo di tempo che va da 1 a 3 minuti dopo la nascita. Nel Lotus Birth si attende che il distacco avvenga in maniera naturale (un po’ come avviene per il moncone) attendendo i 3-4 giorni che mediamente occorrono perché questo avvenga.
Durante questo periodo la placenta (espulsa dall’organismo femminile) viene conservata in un sacchetto o in una bacinella e in alcuni casi cosparsa di sale grosso per accelerare l’essiccamento e olio profumato per coprirne i cattivi odori.
I sostenitori del Lotus Birth riferiscono una serie di vantaggi e benefici, specialmente per il neonato (ma non solo). Tra i più interessanti rientrano la capacità del neonato di continuare a ricevere sangue della placenta con un minor rischio di anemia e un maggior apporto di anticorpi, cellule staminali, vitamine, nutrienti e minerali.
Allo stesso tempo c’è un minor rischio di danni cerebrali e agli organi e della sindrome da stress respiratorio soprattutto nei bambini prematuri e una guarigione più rapida dell’ombelico.
Inoltre vi è una separazione graduale dal corpo della madre con un maggior rispetto del secondamento, un miglior successo nell’allattamento e una riduzione del rischio della depressione post-partum.
Posta in questi termini sembrerebbe una scelta consapevole dai numerosi benefici da non sprecare o sottovalutare. Eppure ci sono aspetti scientifici, medici e legali che meritano di essere presi in considerazione.
Il principale rischio del Lotus Birth è la mancanza di prove scientifiche che dimostrino la reale esistenza di uno solo dei benefici elencati. All’origine di questo approccio, infatti, come riferito dagli stessi sostenitori vi è la capacità di Clair Lotus Day (l’infermiera californiana ideatrice di questo approccio) di vedere l’aura delle persone. A suo dire le donne che non avevano subito il calmpaggio del cordone ombelicale avevano un’aura integra e vibrante.
L’aura, da non confondere con il termine medico, è quella realtà tipica della spiritualità e della parapsicologia costituita da un sottile campo di radiazione luminosa (o campo energetico) che circonderebbe tutti gli esseri viventi.
I fondamenti del Lotus Birth, quindi, non sono suffragati da prove scientifiche e, anzi, vi sono conferme dei rischi di questo tipo di pratica. Inoltre, nonostante ci sia spesso un ritorno di interesse intorno a questa pratica, essa non è compresa in nessuna linea guida e la normativa ministeriale italiana non ne prevede la pratica.
Questo perché con il Lotus Birth non vi è il rispetto delle norme igienico-sanitarie vigenti negli ospedali (Decreto Legislativo 152/2006, GSA igiene urbana N.3/2012 e DPR 254/2003) per lo smaltimento della placenta anche come terreno fertile per il proliferare di germi e batteri. Anche laddove vi fosse la firma di un consenso informato, non sono da escludere le responsabilità legali del medico e della struttura in caso di danni al neonato.
Eseguire il Lotus Birth tramite il parto in casa non risolve il problema dei rischi ma li sposta da un ambiente nei quali potrebbero essere gestiti a quello domestico dove è maggiore il pericolo di infezioni e conseguenze negative sulla salute (e anche la sopravvivenza) del neonato.
Nei minuti successivi al parto il cordone ombelicale cessa di pulsare e non avviene quel maggior passaggio di sangue (e di tutte le proprietà annesse) che il Lotus Birth sostiene. Anzi, vi è un rischio maggiore di infezione anche in virtù del fatto che la placenta dopo la nascita perde le sue funzioni ed è da considerare un tessuto morto.
Per tutte queste ragioni gli ospedali italiani cui alcuni genitori si sono rivolti hanno negato il consenso per eseguire il Lotus Birth. Sebbene si tratti di una scelta della donna, dal punto di vista medico-legale il medico ha l’obbligo di valutare la legittimità della richiesta e, come ampiamente dimostrato, a oggi non ci sono evidenze scientifiche che giustifichino il ricorso a tale pratica.
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