
Il parto in acqua è una modalità di parto che consente di gestire e ridurre il dolore del parto. Scopriamo come funziona e cosa è importante sap...
Partorire senza l'assistenza di personale medico, provocazione o scelta pericolosa? Parliamone andando a individuare motivazioni, vantaggi e rischi del parto non assistito.
In tutti i casi partorire è “da sempre” una realtà che richiede il coinvolgimento di un professionista. Che si tratti del medico del Servizio sanitario nazionale, di un ginecologo di una clinica privata, di un’ostetrica o di un’altra figura di questo tipo c’è sempre il contributo di qualcuno che segue e guida l’esperienza della nascita di un bambino.
Il freebirth – o parto libero – si pone in netto contrasto con tutto questo.
La traduzione letterale di freebirth è quella di “nascita libera” e la libertà in questo caso è riferita alla decisione di partorire senza la presenza di un professionista sanitario. Alcune statistiche, come quelle riferite dal The Guardian, restituiscono la fotografia di un fenomeno che seppur marginale è in leggero aumento.
Non c’è unanimità nel definire il freebirth tanto che questo studio propone una nuova definizione che sia incentrata sulla pratica di auto-cura della donna durante il parto in un contesto in cui l’assistenza di emergenza sia facilmente accessibile.
Il freebirth, quindi, non è un parto prematuro improvviso o quello che si può verificare prima dell’arrivo dell’ostetrica. È invece proprio la deliberata decisione della donna di non ricorrere all’assistenza di un operatore sanitario (sia esso medico, infermiere o ostetrica).
Per alcuni, come indicato in questo studio, il freebirth è una scelta enigmatica, mentre per altri una provocazione. In tutti i casi è il frutto di una decisione che, ovviamente, come tale comporta delle conseguenze (cosa che avviene anche qualora si decida di partorire in ospedale).
È opportuno precisare che il freebirth non è il parto in casa. Spesso chi sceglie il freebirth partorisce nella propria camera da letto o comunque nell’ambiente domestico, ma non è raro che si scelga di far nascere il proprio figlio in un ambiente significativo per la donna o la coppia.
Inoltre nel parto in casa non è esclusa la presenza di un’ostetrica e di operatori sanitari qualificati. Nel parto in casa cambia essenzialmente il luogo dove partorire, nel freebirth cambia la modalità, rinunciando a qualsiasi forma di assistenza medica.
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A oggi nella stragrande maggioranza dei casi il parto avviene in una struttura sanitaria. In Italia, come riportato dai dati dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), solamente lo 0,15% dei parti avviene in una struttura diversa dagli istituti di cura pubblici e nelle case di cura.
In questo 0,15%, comunque, vanno registrati anche i parti in casa, quindi i tassi del freebirth – almeno nel nostro Paese – sono veramente bassi.
Va comunque chiarito che una nascita libera non significa che venga intrapresa con leggerezza, ignoranza o senza preparazione da parte delle donne. Ci sono, anche se possono risultare non condivisibili o rischiose, una serie di motivazioni solide alla base di questa decisione.
Il portale Pregnancy, Birth and Baby (sostenuto dal governo australiano e gestito da Healthdirect Australia) spiega come le donne scelgono il freebirth per:
La tendenza (denunciata anche dall’OMS) del parto medicalizzato può portare alcune donne a preferire un’esperienza di nascita che non sia condizionata da valutazioni mediche. Per molti tale prospettiva può risultare incomprensibile e inaccettabile.
A questo proposito Will Media, in un post su LinkedIn, riporta i risultati di un’indagine condotta da Ipsos Italia per cui gli scienziati e i medici sono al primo posto delle figure professionali di cui in Italia ci fidiamo di più. In questo contesto il freebirth è inconcepibile, ma non tutte le persone hanno i medesimi riferimenti.
Le donne che scelgono il freebirth possono essere spinte anche dalla volontà di coinvolgere nell’esperienza del parto anche altri membri della famiglia (cosa per esempio impossibile in una sala parto), così come avere avuto in passato violenza ostetrica o esperienza mediche negative tali da non voler ripercorrere i medesimi rischi.
Uno studio pubblicato su BMC Pregnancy and Childbirth evidenzia come le donne che scelgono di partorire al di fuori del sistema sanitario lo fanno perché preoccupate sulla sicurezza degli ospedali, per le difficoltà nell’accesso alle figure professionali (come le ostetriche) e per precedenti esperienze traumatiche.
Chi ha scelto il parto non assistito riferisce di una maggiore consapevolezza di ciò che si prova a far nascere un bambino. C’è un maggior contatto con il proprio corpo e la propria famiglia la cui naturalità non viene ostacolata dall’intervento medico.
L’Association for Improvements in the Maternity Services (AIMS) precisa fin da subito che il freebirth è una scelta del tutto legale. Non vi è l’obbligo giuridico di recarsi in una struttura abilitata per partorire.
È evidente come sia una decisione che aumenta i rischi in caso di problemi che altrimenti un professionista medico e in modo particolare un ospedale (specialmente quelli dotati di terapia intensiva neonatale) potrebbero affrontare e risolvere.
Il parto, per quanto sicuro e naturale, è comunque una realtà che può provocare conseguenze critiche. Dai sanguinamenti alla malposizione del feto passando per le lacerazioni, le infezioni e i problemi nell’espulsione della placenta.
Anche una gravidanza non a rischio, a termine e con il feto in salute può andare incontro a rischi che possono compromettere non solo la nascita ma anche la salute del bambino e della partoriente.
Rischi e complicazioni che in ospedale possono essere gestiti, cosa che invece non avviene con il freebirth. E ci sono casi di cronaca internazionali per cui bambini nati con il freebirth devono essere ricoverati d’urgenza in ospedale per problemi emersi durante il parto.
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