L’esperienza del parto è nel mondo occidentale sempre più orientata a ridurre o eliminare tutte quelle condizioni che possano influire sulla serenità e la salute della donna. Non a caso l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato delle linee guida contro il parto medicalizzato, ovvero quell’insieme di atteggiamenti, procedure e abitudini che considerano il corpo della donna come una mera incubatrice su cui esagerare con gli interventi perché il fine principale è la nascita del bambino.

La realtà, come spesso tristemente accade, è che se in una parte di mondo c’è un eccesso di “cure”, nell’altra c’è una sua carenza. Nei Paesi economicamente più poveri, infatti, c’è una vera e propria emergenza legata alla fistola ostetrica, una condizione facilmente prevenibile se ci fosse l’adeguato accesso alle cure, ma che ogni anno più di 100000 donne ne subiscono le conseguenze.

Una condizione lancinante e umiliante che non rappresenta solamente un problema di salute, ma anche l’ignoranza dei diritti umani che vengono in questi casi sistematicamente calpestati.

Cos’è la fistola ostetrica?

La fistola ostetrica è l’anomala apertura provocata a seguito di una lacerazione, che si presenta tra il tratto genitale e quello urinario o rettale di una donna. È una conseguenza di un travaglio prolungato nel quale non vi è stato un intervento medico adeguato finalizzato a ridurre la pressione esercitata dal feto e dalle contrazioni durante il travaglio.

Le cause della fistola ostetrica

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Fonte: Istock

La principale causa della fistola ostetrica è il travaglio ostruito, ovvero la condizione che si verifica quando il feto non riesce a discendere attraverso il bacino materno. La testa del bambino, infatti, entra nella vagina, ma le spalle non riescono a passare perché ostacolate dalle ossa del bacino. Le contrazioni durante il travaglio prolungato spingono in continuazione la testa del bambini contro il bacino; i tessuti molli restano intrappolati tra la testa e l’osso pelvico che si comprimono limitando il flusso di sangue.

La fistola ostetrica è una delle principali cause di mortalità materna oltre che di enorme sofferenza. Una fistola ostetrica non trattata adeguatamente, infatti, può portare la donna a vivere un travaglio doloroso che dura diversi giorni.

Questa condizione è più diffusa in Africa e in alcune zone dell’Asia e sono più a rischio le donne giovani, quelle al primo parto e che hanno un accesso alle cure mediche ridotto o del tutto assente. Nonostante diversi enti internazionali stiano ponendo l’attenzione sul fenomeno, mediamente solo 1 donna su 50 riceve un trattamento adeguato.

Conseguenze e rischi

Il verificarsi delle condizioni responsabili della fistola ostetrica porta la testa del feto a comprimere il tessuto vaginale provocando un danno ischemico diffuso con conseguente morte del feto per asfissia. Dopo il decesso il feto viene espulso e il tessuto necrotico si separa lasciando una o più aperture tra la vagina e la vescica o la vagina e il retto. La presenza di questi fori provoca incontinenza urinaria o fecale con conseguenze devastanti dal punto di vista fisico, ma anche psicologico e sociale.

Dal punto di vista fisico, infatti, si registrano conseguenze gravi come insufficienza renale, stenosi vaginale, disturbi neurologici, distruzione cervicale, amenorrea, malattia infiammatoria pelvica e problemi di infertilità secondaria.

Oltre ai danni fisici ci sono quelli psicologici e sociali legati al dolore del travaglio, alla morte del figlio e ai problemi di incontinenza permanenti (se non risolti con appositi interventi chirurgici). L’insieme di queste conseguenze crea le condizioni per gravi casi di depressione.

La fistola ostetrica è, per via dell’incontinenza urinaria che determina, causa anche di isolamento sociale e familiare, abbandono, divorzio, malnutrizione, insonnia e un peggioramento complessivo dello stato di salute. Le donne, infatti, vengono emarginate per le costanti e inevitabili perdite di urina che hanno (e che provocano anche cattivi odori) e non è raro che queste donne si suicidino.

Come si cura la fistola ostetrica?

Le fistole ostetriche possono essere curate nell’80-90% dei casi con un semplice intervento chirurgico vaginale. Il problema è che nei Paesi economicamente poveri nei quali la fistola ostetrica è maggiormente diffusa non ci sono le risorse per il trasporto in ospedale e l’accesso alle cure.

C’è da segnalare anche la carenza di studi sui risultati degli interventi chirurgici che in buona parte dei casi si rivelano risolutivi con la chiusura della fistola, sebbene non siano da ignorare le conseguenze legate al numero di cicatrici e alle inevitabili complicazioni. Per ottenere un risultato soddisfacente per risolvere il problema dell’incontinenza, infatti, sono spesso necessari più interventi chirurgici.

Inoltre la chirurgia per il trattamento della fistola ostetrica è associata al rischio di infezioni, emorragia, rottura della ferita, incontinenza residua e stenosi vaginali o uretrali. Sono da considerare anche le criticità legate alla riabilitazione postoperatoria per la quale non vi sono studi sufficientemente attendibili.

Oltre al miglioramento dell’accesso alle cure per la fistola ostetrica è necessario investire nella prevenzione consentendo un migliore dell’assistenza ostetrica di emergenza e la possibilità di ricorrere al parto cesareo quando previsto.

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