Le lunghe settimane della gravidanza hanno consentito la formazione e lo sviluppo dell’embrione e del feto che poi si prepara alla nascita nell’arco di “poche” ore con il travaglio. Questo, infatti, è la parte iniziale del parto e, spiega il portale WebMD, dura mediamente tra le 12 e le 24 ore ed è suddiviso in tre fasi distinte.

La distinzione delle fasi del travaglio è utile sia in termini descrittivi per comprendere cosa avviene in quelle ore spesso intense e frenetiche, sia per registrare qualsiasi situazione anomala o particolare che richiede attenzione. Va infatti ricordato, come evidenziato da questo studio, che il travaglio è di per sé un processo naturale il cui successo è però condizionato dagli sforzi materni, dalle contrazioni uterine, dalle caratteristiche fetali e dall’anatomia pelvica materna. Può infatti rendersi necessario, a seguito di interruzioni e complicanze, un intervento clinico.

La prima parte del travaglio è quella che viene definita fase prodromica ed è interessante e utile conoscerla, non solo perché è quella iniziale, ma anche perché è la più lunga ed è quella nella quale avvengono quei cambiamenti che è necessario riconoscere e che porteranno la gestante dalla propria abitazione alla sala parto dell’ospedale (o della struttura dove si è scelto di partorire).

Cos’è la fase prodromica?

La fase prodromica, riferisce la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli, è quella nella quale avviene la transizione dalla gravidanza al travaglio. Questa fase inizia generalmente in maniera spontanea (ma può essere anche indotta clinicamente), ed è difficile determinarne con esattezza l’avvio, in quanto si definisce a posteriori il suo inizio nel momento in cui le contrazioni sono diventate forti e regolari (una ogni 3-5 minuti dall’altra).

A determinare l’inizio della fase prodromica non sono tanto le contrazioni, quanto l’avvio della dilatazione cervicale (che al termine di questa fase raggiunge i 10 centimetri). Per questo motivo la fase prodromica si suddivide a sua volta in:

  • Fase latente – quando la dilatazione è tra 0 e 6 centimetri;
  • Fase attiva – quando la dilatazione va dai 6 centimetri fino al completamento.

All’inizio della fase prodromica vengono eseguiti controlli regolari per determinare la posizione del feto (e verificare la sicurezza del parto vaginale), la dilatazione cervicale e il suo assottigliamento.

Sono quindi i cambiamenti cervicali a indicare l’evoluzione della prima fase del travaglio, tanto che l’assenza di cambiamenti per più di 4-6 ore viene considerata come arresto del travaglio e motivo di valutazione per stabilire la necessità di un intervento clinico.

Le fasi del travaglio e del parto

Dopo la fase prodromica di inizio delle contrazioni e dilatazione della cervice si ha la fase espulsiva, nella quale la partoriente, assecondando i premiti, spinge favorendo l’espulsione del feto e la nascita del bambino. È una fase che può durare anche diverse ore in base a diversi fattori (se è il primo parto, se si è fatto ricorso all’epidurale, eccetera).

La terza e ultima fase è quella detta di secondamento per cui vi è, entro mezz’ora dalla fine della fase precedente, la completa espulsione della placenta e di tutti gli annessi fetali. Se ciò non dovesse avvenire si procede per via chirurgica (previa anestesia) per evitare il rischio di infezione o emorragia.

I primi sintomi del periodo prodromico

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Fonte: iStock

Come abbiamo visto, l’inizio del travaglio è difficile da definire e ci può essere una grande variabilità tra ogni partoriente. I sintomi e i segni che associati all’inizio del travaglio sono le contrazioni dolorose, la perdita del tappo mucoso e il sanguinamento vaginale.

Quanto dura la fase prodromica?

La fase prodromica, come anticipato, è la più lunga di tutto il travaglio, tanto che può durare fino a 19-20 ore. È il motivo per cui viene indicato di recarsi in ospedale solamente durante il travaglio attivo, quando le contrazioni sono ravvicinate tra loro e durano un minuto circa.

In questo modo si trascorre più tempo possibile in un ambiente familiare e tranquillo, così da mantenere la calma (non c’è bisogno di andare di corsa) e arrivare più serenamente alle fasi successive del parto.

Cosa fare (e cosa non fare) nel periodo prodromico?

Anche considerando la durata della fase prodromica è utile mantenere la calma e, anche se è comprensibile, non spazientirsi volendo andare di corsa in ospedale.

Quando si è ancora a casa, come suggerito dal Cleveland Clinic, si possono praticare tecniche di respirazione, fare degli esercizi di stretching e fare un bagno caldo. Può essere utile anche cambiare spesso posizione, bere molti liquidi, mangiare qualcosa di leggero e con calma prepararsi per andare all’ospedale ricordandosi di portare con sé la borsa con tutto il necessario.

Le indicazioni su come gestire questa fase sono utili non solo per la gestante, ma anche per il partner o comunque la persona che la seguirà durante il parto. Mantenere la calma, distrarsi e stemperare le comprensibili tensioni è fondamentale perché tutto possa procedere nel migliore dei modi e l’esperienza del parto non sia condizionata da difficoltà e pensieri negativi.

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