Bambino podalico: è davvero possibile farlo girare? Rischi e complicazioni

Per un parto vaginale sicuro è necessario che il feto sia con la testa rivolta verso il canale del parto. Se questo non avviene si ha una presentazione anomala che può, per evitare gravissimi rischi, portare a preferire il taglio cesareo. Facciamo chiarezza sulla presentazione podalica.

Dai pochi, pochissimi, millimetri e grammi delle prime settimane di gestazione ai chili e ai centimetri delle ultime; il feto cresce rapidamente così come lo spazio all’interno dell’utero. Ma arriva un momento in cui la libertà di movimento del nascituro diminuisce, tanto che iniziano sempre più a essere percepibili i suoi movimenti, ma anche e soprattutto a occuparsi della sua presentazione e posizione.

Perché il parto vaginale avvenga in maniera sicura è infatti preferibile che il bambino sia in posizione cefalica, ovvero con la testa che per prima entra nel canale del parto. Se viceversa si ha un bambino podalico a entrare per primi nel canale del parto sono i suoi piedi ed è una condizione che comporta diversi rischi per il parto. Motivo per cui spesso si ricorre al taglio cesareo.

Cerchiamo di fare chiarezza sulla presentazione e posizione del feto al momento del parto, cosa determina l’assunzione di una posizione rispetto a un’altra e quando (e come) è possibile intervenire facendo girare il bambino.

La presentazione e la posizione del feto

Per comprendere meglio la questione, con l’aiuto del Manuale MSD, è utile distinguere tre termini, presentazione, posizione e situazione, che descrivono il feto in relazione all’utero. Si parla di presentazione fetale in relazione alla parte del feto che ricopre l’ingresso pelvico materno (testa, volto, fronte, spalla, podalico, eccetera), mentre la posizione è la parte presentata con un asse anatomico (trasversa, occipitale anteriore, occipitale posteriore e occipitale trasversa). La situazione, invece, fa riferimento al feto con l’asse lungo dell’utero (longitudinale, obliqua o trasversale).

Riassumendo, possiamo dire che la presentazione fa riferimento alla parte del corpo del feto che per prima si immette nel canale del parto, mentre la posizione indica se la testa è rivolta posteriormente o anteriormente.

Perché il bambino si può presentare podalico?

Il Cleveland Clinic stima che la posizione podalica interessi solamente il 3-4% delle gravidanze a termine. Sebbene quindi spontaneamente entro la trentaseiesima settimana di gestazione il feto assuma la presentazione cefalica, può capitare che questo non avvenga.

Possono esserci diverse cause, non tutte individuabili. L’American Pregnancy Association indica tra i possibili motivi di una presentazione podalica l’essere alla prima gravidanza, avere una gravidanza gemellare, avere avuto precedenti parti pretermine, avere poco liquido amniotico (oligoidramnios), avere la placenta previa o, ancora, un utero piccolo, dalla forma anomala o con la presenza di anomale escrescenze (come i fibromi).

Tra i fattori predisponenti la presentazione podalica il Manuale MSD aggiunge i difetti congeniti del feto e un travaglio pretermine.

Come capire se il bambino è podalico

La presentazione e la posizione del feto non determinano cambiamenti nella gravidanza. Come spiegato dal portale WebMD, non si avranno sintomi o disturbi diversi; l’unica differenza potrebbe riguarda il punto in cui si sentono i calci del feto che in un bambino podalico vengono avvertiti più in basso nella pancia.

I rischi e le possibili complicazioni

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Fonte: iStock

Anomalie di posizione o presentazione del feto possono rendere difficile il parto. La ragione principale è legata al fatto che una parte presentata diversa dalla testa (il neonato ha un cranio elastico proprio per questo motivo) non consente una buona dilatazione. Nello specifico un bambino podalico può provocare un’incompleta dilatazione cervicale perché la parte presentata è più stretta rispetto alla testa che segue. Questa, che ha un diametro maggiore, può quindi rimanere intrappolata andando inoltre a comprimere il cordone ombelicale che può essere responsabile di sofferenza fetale.

In caso di parto vaginale di un bambino podalico ci sono rischi elevati di prolasso del cordone ombelicale, trauma da parto, lesioni (lussazioni o rottura) degli arti inferiori e superiori del feto e il decesso perinatale. Per questi motivi in presenza di un bambino podalico verso la fine della gravidanza, riferisce il Royal College of Obstetricians & Gynaecologists, si valuta con la partoriente il ricorso a un parto cesareo programmato, un parto podalico vaginale programmato o alla possibilità di ruotare il feto.

È comunque possibile procedere con un parto vaginale di un bambino podalico valutando che il feto sia a termine, non presenti problemi, il travaglio è regolare e che non sia troppo grande e il bacino della partoriente non troppo stresso.

Bambino podalico: è possibile farlo girare?

In presenza di un bambino podalico, tra la trentaduesima e la trentasettesima settimana di gravidanza possono essere messi in atto dei tentativi per farlo girare. La principale tecnica medica è quella della versione cefalica esterna (EVC). Si tratta di una tecnica non chirurgica che, previa somministrazione di farmaci per far rilassare l’utero, prevede una leggera pressione sulla parte inferiore dell’addome da parte del medico che la esegue con l’obiettivo di portare il bambino a una presentazione cefalica.

Nelle linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità si precisa come il rivolgimento per manovre esterne deve essere offerta a partire dalla trentasettesima settimana di gestazione con l’obiettivo di aumentare le probabilità che il feto assuma una presentazione cefalica e, quindi, di poter procedere con un parto vaginale.

È una procedura che viene eseguita monitorando costantemente il battito cardiaco e all’interno di un ospedale, così da poter procedere con il parto in caso di necessità. Si tratta di una pratica sicura e con buoni tassi di successo e i rischi, spiega la Società Svizzera di Ginecologia e Ostetricia, sono molto bassi (inferiori allo 0,5%) e riguardano: rottura delle membrane, emorragia e distacco della placenta. L’ECV è una pratica non eseguibile nelle gravidanze gemellari, quando il feto presenta motivi di preoccupazione per la sua salute, in un inadeguato posizionamento della placenta e in presenza di anomalie nel sistema riproduttivo materno.

Altre tecniche e indicazioni su posizioni da assumere non hanno alcuna validità scientifica in termini di efficacia per far girare il bambino. Ci sono invece prove sull’utilità della Moxa tra la trentatreesima e la trentacinquesima settimana di gestazione. È una tecnica che utilizza un particolare sigaro di artemisia che viene usato per riscaldare l’estremità dell’unghia del quinto dito del piede. Con la moxibustione (il trattamento eseguito tramite la Moxa) si può riuscire a far girare il bambino ed è una pratica non invasiva priva di complicazioni il cui unico rischio è quello di rivelarsi inefficace.

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