Hanno voluto comunque far nascere la loro figlia in casa, nonostante i medici avessero dato parere contrario, e la neonata, nata podalica, riportò danni permanenti dovuti a un’asfissia neonatale.

È accaduto a Trento, nel 2017, e oggi quei genitori, assieme alle ostetriche presenti al momento del travaglio, rischiano la condanna, richiesta dalla pm Alessandra Liverani, per lesioni colpose gravissime, “insanabili legate al comportamento dei genitori e delle due ostetriche”.

Per la Procura, infatti, sia le operatrici che i genitori erano a conoscenza del fatto che la neonata fosse in posizione podalica, e “consapevoli che questo potesse comportare eventi avversi con gravi conseguenze, e infatti i medici del Santa Chiara avevano detto loro di andare in ospedale al travaglio per il parto cesareo”.

I genitori, peraltro, avevano comunque la possibilità di interrompere andando in ospedale anche in un punto avanzato del travaglio, che è durato dieci ore; le ostetriche, invece, non avrebbero compreso la gravità della situazione e chiesto in tempo il trasferimento della donna al Santa Chiara: la telefonata al 112, infatti, è arrivata solo a distanza di 15 minuti dal parto avvenuto, un tempo giudicato causa delle lesioni permanenti subite dalla bimba.

Per questo motivo la pm Liverani ha chiesto alla giudice Greta Mancini la condanna, rispettivamente, di tre mesi per ciascun genitore e di sei e nove mesi per le due professioniste sanitarie; a una delle due è stato anche contestato il reato di falso in atto pubblico visto che, secondo l’accusa, avrebbe modificato la cartella ostetrica per fare in modo di alleggerire la propria posizione e quella della collega, posticipando le fasi salienti del parto.

La parte civile ha chiesto un milione di euro di risarcimento, nell’attesa che vengano quantificati i danni della bambina, che oggi ha 7 anni.

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