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Secondo gli ultimi dati Istat in Italia nascono ogni anno circa 40mila neonati pretermine, cioè prima della 37a settimana di età gestazionale.
Le cause della prematurità sono molteplici. Si distinguono fattori di rischio materni (malattie immunologiche, endocrinologiche, ematologiche, neoplastiche, età, razza, peso corporeo, basso livello socioeconomico, stato di malnutrizione, attività fisica pesante, abuso di alcool e/o di sostanze stupefacenti, fumo di tabacco), cause ostetriche (elevato numero di gravidanze precedenti, gravidanza multipla, dovuta anche all’utilizzo di tecniche di fecondazione assistita, pregressi parti pretermine, malformazioni uterine, infezioni, patologie della placenta) e cause fetali (sofferenza fetale, ritardo di accrescimento intrauterino, anomalie fetali).
La SIN, Società Italiana di Neonatologia, in occasione della Giornata Mondiale del Neonato Pretermine, in programma ogni anno il 17 novembre, richiama l’attenzione su due aspetti dell’assistenza ai neonati pretermine: l’assistenza nella prima ora di vita dei neonati di peso molto basso, la cosiddetta Golden hour, ed il follow-up dei neonati pretermine nei primi tre anni di vita.
LA GOLDEN HOUR
L’organizzazione dell’assistenza ai neonati pretermine, specie se di età gestazionale molto bassa (32 settimane) ha subito negli ultimi 20 anni una vera e propria rivoluzione, perché ottimizzare l’assistenza nelle prime fasi della vita di questi piccoli e fragili pazienti risulta fondamentale. Ma c’è ancora molto da fare.
Dati della letteratura più recente enfatizzano l’importanza degli interventi di stabilizzazione del neonato pretermine di peso molto basso (VLBW, Very Low Birth Weight) o estremamente basso (ELBW, Extremely Low Birth Weight) in sala parto. L’espressione Golden hour si riferisce alle cure della prima ora di vita, che possono influenzare ampiamente gli esiti a distanza in questa popolazione di neonati estremamente vulnerabili. Il concetto di Golden hour include la rianimazione cardiorespiratoria, la termoregolazione, l’antibioticoterapia precoce, la nutrizione parenterale per la prevenzione o la gestione dell’ipoglicemia. È, dunque, un intervallo di tempo in cui l’équipe medico infermieristica applica efficacemente protocolli mirati.
IL FOLLOW-UP: IL NUOVO DOCUMENTO DELLA SIN
Cosa fare dopo la dimissione di un neonato pretermine? E quali i controlli da effettuare? Quando tornare dal neonatologo o andare dal pediatra? Queste domande trovano risposta nelle Indicazioni per il Follow-up dei neonati pretermine nei primi tre anni di vita messe a punto dalla Società Italiana di Neonatologia (SIN).
La prosecuzione delle cure dopo la dimissione dalla TIN, la valutazione degli outcome a breve e lungo termine, gli interventi precoci e lo studio delle nuove disabilità rappresentano i principali obiettivi dei programmi di follow-up.
Le indicazioni della SIN si basano su tre principi. Il primo è la multidisciplinarietà. Un servizio di Follow-up necessita di poter contare su diverse figure professionali (neonatologo, neuropsichiatra infantile, fisiatra, psicologo, fisioterapista, psicomotricista, oculista, audiologo, neurochirurgo, nutrizionista, pneumologo). Il secondo aspetto è l’approccio patient and family centered, per garantire la filosofia assistenziale iniziata nella TIN. Infine per garantire un follow-up ottimale è necessaria la costruzione di una rete tra tutte le realtà socio-sanitarie del territorio, i percorsi sanitari, riabilitativi e terapeutici.
La grande novità è rappresentata dal Calendario dei controlli del neonato pretermine, valido strumento, per i medici e per le famiglie, sia per l’individuazione precoce di disturbi neurologici gravi, che di anomalie transitorie, che permetta anche un dettagliato studio dell’accrescimento, delle funzioni visive e uditive e degli esiti respiratori.
Il primo contatto con la famiglia dovrebbe avvenire al momento della dimissione. Qui l’equipe del Follow-up si presenterà, prenderà le “consegne” sullo stato di salute del piccolo al momento dell’uscita dalla TIN e illustrerà brevemente alla famiglia come e dove avverranno i controlli successivi. Seguono poi gli altri step: 7-10 giorni; 40 settimane; 2-3 mesi; 6-8 mesi; 12-14 mesi; 18-24 mesi; 36 mesi.
È fondamentale stabilire un programma in grado di soddisfare i bisogni del bambino e della sua famiglia, minimizzando i disagi creati al nucleo familiare da controlli troppo ravvicinati, frammentati, inadeguati e con tempi di attesa troppo lunghi. E’ inoltre necessario stabilire un collegamento strutturato con il reparto di dimissione (TIN o Patologia Neonatale), con il Pediatra di Famiglia, con le Strutture Territoriali e i servizi specialistici intra ed extra ospedalieri. Ne consegue la necessità di un Responsabile del programma di Follow-up, in genere un neonatologo o pediatra o neuropsichiatra infantile con particolare attitudine al rapporto interpersonale ed allo spirito di servizio.
Un corretto programma di Follow-up deve includere anche una strategia nutrizionale adeguata, che dovrebbe coincidere con la promozione dell’allattamento materno, con la prevenzione o la pronta correzione dei deficit nutrizionali al fine di garantire una appropriata crescita staturale, ponderale e cranica.
L’esame neurologico è un’altra parte fondamentale della qualità delle cure nei programmi di Follow-up. Ha l’obiettivo di identificare e definire tempestivamente le anomalie maggiori, consentendo di mettere in atto gli interventi precoci necessari, guidare l’operatore nel comunicare la diagnosi, nell’orientare il sostegno ai genitori, nel programmare l’invio ai servizi territoriali per i bambini con rischio di disabilità o disordini dello sviluppo, condividendo con il pediatra di base i problemi incontrati e le soluzioni possibili.
Tenendo conto delle difficoltà e dei bisogni dei genitori al momento del rientro a casa, da non sottovalutare è anche la “care” della famiglia. Il pediatra di famiglia può indicare e tenere i contatti con i vari specialisti, la società può facilitare la vita pratica della famiglia fornendo permessi di lavoro, meno burocrazia, corsie preferenziali, parcheggi, la famiglia di origine può dare un supporto emotivo/affettivo duraturo nel tempo e per tutto il tempo necessario.
COM’È CAMBIATA L’ASSISTENZA AI NEONATI PRETERMINE
A partire dagli anni ’50 le nuove ricerche scientifiche hanno permesso di individuare terapie sempre più efficaci, per consentire una sopravvivenza sempre maggiore ai neonati prematuri e in particolare a quelli con peso alla nascita molto basso (Peso ≤ 1500 grammi) e a quelli con peso estremamente basso (Peso ≤ 1000 grammi). La percentuale di mortalità nei prematuri di peso inferiore a 1500 grammi è passata così da oltre il 70% negli anni ’60 a meno del 15% circa negli anni 2000 e quella dei neonati di peso inferiore ai 1000 grammi è diminuita da oltre il 90% a meno del 30% nello stesso periodo. Dobbiamo, comunque, tenere sempre alta l’attenzione nei confronti di questi neonati che presentano un aumentato rischio di sviluppare complicanze respiratorie, metaboliche, infettive e sequele neuromotorie, cognitive e sensoriali, soprattutto nei nati alle età gestazionali più basse (EG < 28 settimane).
I COSTI DELL’ASSISTENZA
Oggi, di non secondaria importanza sono i costi per garantirne la sopravvivenza e ridurre le patologie e le disabilità permanenti dei neonati altamente pretermine. Per ogni prematuro estremo (nato prima delle 28 settimane) sopravvissuto, infatti, i costi oscillano tra i 100 e i 300 mila euro a seconda della patologia, cui vanno poi aggiunti quelli per le eventuali complicanze a distanza (riabilitazione, sostegno scolastico ed eventuale terapia dell’handicap).
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