In Italia sono due gli indicatori in materia di natalità che continuano ad aumentare: il numero delle nascite gemellari e quello dei tagli cesarei. Ogni cento parti che avvengono in Italia infatti, tre sono gemellari, monozigoti (quelli che si assomigliano come due gocce d’acqua, in quanto derivanti da una singola cellula uovo fecondata da un solo spermatozoo) o dizigoti (che si sviluppano dalla fecondazione di due cellule uovo da parte di due spermatozoi).

Due principalmente le cause di questo fenomeno: l’aumento dell’età materna al parto, con un picco tra i 35 e i 39 anni, e il ricorso alle tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA), dove le gravidanze gemellari rappresentano il 14-20% del totale. Tuttavia quella gemellare è una gravidanza che circa nel 50% dei casi si conclude anzitempo, spesso accompagnata da complicazioni e che termina quasi sempre con un taglio cesareo.

Nel nostro Paese anche il ricorso il taglio cesareo è in continuo aumento, ed è passato dall’11% del 1980 al 38% del 2008 (fenomeno molto più marcato al Sud, dove, in alcune Regioni, si raggiungono punte di oltre il 60%). Questa percentuale supera di molto la soglia del 10-15% che, secondo la raccomandazione pubblicata nel 1985 dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), garantisce il massimo beneficio complessivo per la madre e il feto.

Eppure, per quanto rischiose, non per tutte le gravidanze gemellari è indicato il taglio cesareo. A fare chiarezza su questo punto alcune linee guida rilasciate dal Ministero della Salute, che specificano quando farlo o meno in caso di parto gemellare monoamniotico o biamniotico, e anche di altre condizioni, quali presenza di virus dell’herpes, posizione podalica e placenta previa.

Ad esempio, alla domanda su quale sia la modalità di parto migliore per ridurre la mortalità perinatale in caso di gravidanza gemellare, le linee guida spiegano che nel caso di gemelli eterozigoti in due placente diverse, con una gestazione a termine e in assenza di fattori di rischio, è meglio il parto vaginale. E anche nel caso in cui uno dei due gemelli non si sia girato in posizione cefalica, non sono disponibili prove inconfutabili a sostegno dell’efficacia del taglio cesareo nel ridurre malattie e mortalità neonatale. In questo caso però l’assistenza al parto dovrà essere offerta in una struttura ospedaliera che possa garantire un’adeguata esperienza ostetrico-ginecologica e neonatologica.

Nelle gravidanze gemellari bicoriali e biamniotiche (cioè con due placente e due sacchi amniotici distinti) senza fattori di rischio, in caso sussistano indicazioni al taglio cesareo programmato, l’intervento non deve essere effettuato prima della 38/a settimana. Se invece si tratta di gravidanza gemellare monocoriale monoamniotica (cioè con una placenta e un sacco amniotico) non complicata, si raccomanda il cesareo alla 32/a settimana.

Se ci si trova invece con un parto prematuro spontaneo, senza fattori di rischio materni o fetali, anche in questo caso non sono disponibili prove conclusive a sostegno dell’efficacia del taglio cesareo programmato. Così come il cesareo non è raccomandato nei feti con ritardo di crescita fetale in assenza di alterazioni della velocimetria Doppler. Anche il diabete pregestazionale e gestazionale non rappresenta di per sé un’indicazione al questo tipo di parto, che è invece raccomandato in caso di feto con peso stimato superiore a 4.5 kg, a partire dalla 38/a settimana di gestazione.

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  • Gravidanza