
Solidarietà tra mamme, questa sconosciuta. Ancora oggi è difficile trovare comportamenti di aiuto reciproco tra madri che hanno le stesse diffico...
"Anche io sono stata fan della retorica del “posso farcela da sola e posso conciliare tutto”, poi ho capito che avere l’ambizione di essere Wonder Woman non solo è irraggiungibile (almeno per me) ma è anche sbagliato".
La giornalista Mia Ceran, apprezzata in tv per il suo lavoro e seguitissima sui social per i suoi approfondimenti di attualità quotidiani in formato post e podcast, è recentemente diventata mamma del piccolo Bruno Romeo, nato lo scorso 9 agosto 2021. Un’esperienza che la conduttrice di Quelli che il calcio sta raccontando sul suo profilo Instagram con scatti di vita quotidiana molto onesti. Uno dei più belli la ritrae insieme al piccolo allattato al seno nel camerino degli studi Rai, ad appena un mese dalla nascita del bambino. Nel post Mia Ceran ha fatto una riflessione molto aperta sulla sua esperienza di maternità, per sradicare il mito della mamma Wonder Woman che riesce in tutto e che non ha mai bisogno di aiuto.
Nello scatto Mia Ceran, ripresa da sua madre mentre dà da mangiare al bambino che ha avuto dal compagno Federico Ferrari, racconta i retroscena del suo primo mese post parto, periodo in cui lo stravolgimento per l’ingresso di una nuova vita in famiglia, l’altalena ormonale e l’assestamento di nuovi equilibri hanno parecchie conseguenze sul benessere psicofisico della mamma (e anche del partner).
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“Qualche giorno fa, a meno di un mese dalla sua nascita, Bruno è venuto al lavoro con me, in Rai, nel primo giorno in cui riprendevamo a lavorare “in presenza”. Sembra tutto molto quieto è pacifico in questo scatto, ma nessuno aveva immortalato le volte in cui ho cenato imboccata dal mio compagno o in cui ho cercato di nascondere il rumore del tiralatte durante una call di lavoro; questa immagine è sicuramente più instagram friendly ma la condivido perché ho realizzato che dietro a un momento di pace come questo, in cui hai il privilegio di portare tuo figlio sul posto di lavoro e di poterlo allattare nelle pause, ci sono tante persone che ti hanno teso una mano”.
La gratitudine per poter portare con lei il neonato sul posto di lavoro – cosa non scontata, come ha raccontato in un post social molto simile l’attrice americana Mandy Moore – e la consapevolezza che sia un privilegio sono le parole di esordio di Mia Ceran. Che continua, tratteggiando i contorni di uno stereotipo duro a morire che spesso amplifica la sensazione di solitudine e carico mentale delle neomamme. Ovvero quello delle donne che diventano madri e, come per magia, riescono in tutto e si trasformano in eroine. E se non ci riescono, devono comunque andare avanti senza lamentarsi.
Per la giornalista, il primo passo per vivere serenamente l’esperienza della maternità è accettare di dover delegare. E di non essere invincibili, perché tutti hanno bisogno di una rete di salvataggio. “Bisogna invece chiedere tutto l’aiuto di cui si può disporre senza vergognarsene (mariti, compagni, famiglia, nonni, amici, datori di lavoro, colleghi) per tirare su un figlio“, ha continuato la Ceran.
Siamo d’accordo con lei quando dice che è facilissimo cadere nella trappola di questo cliché, perpetrato da secoli di cultura patriarcale che ha messo al centro l’accudimento filiale dal solo lato materno.
“Anche io sono stata fan della retorica del “posso farcela da sola e posso conciliare tutto”, poi ho capito che avere l’ambizione di essere Wonder Woman non solo è irraggiungibile (almeno per me) ma è anche sbagliato. È una gran truffa quella di pensare che le donne debbano sempre dimostrare di saper fare tutto da sole (per chi ci riesce solo complimenti, sia chiaro)”.
I primi mesi di un neonato, che convogliano non solo le emozioni di chi quel figlio lo ha generato ma anche contesti, situazioni, pregressi emotivi e sociali in atto, sono delicatissimi. E focalizzarsi sull’idea che la cura di un figlio non possa essere in alcun modo delegata ad altri se non alla madre, non fa altro che cristallizzare la falsa credenza dell’invincibilità materna.
“Ho realizzato che nei primi mesi di vita di un bambino non esistono buone e cattive madri (eppure quanto giudizio c’è in giro); esistono donne aiutate e sostenute e donne lasciate sole in un momento meraviglioso ma delicato”.
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Mia Ceran ha chiuso il suo bellissimo post con i ringraziamenti di rito: dal papà del suo bambino ai suoceri, alla sua mamma, alle persone che lavorano con lei fino all’azienda che le ha permesso di tornare al lavoro con il piccolo ad attenderla in camerino. E ha concluso con un incoraggiante “Se avete bisogno di aiuto: chiedetelo. Se potete darne: offritelo“. Perché se è vero che parlare di gravidanza e maternità senza filtri è un dovere e una necessità sociale, è anche realistico pensare che non tutte le donne che diventano madri possano accendere, con un click immediato, questa consapevolezza. Parlarne, come ha fatto Mia Ceran sul suo profilo Instagram (e come ci sforziamo di fare noi quotidianamente su questi canali) è fondamentale per iniziare un cammino che profuma di onestà, limiti e superamento dei pregiudizi.
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