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Il Parlamento irlandese ha approvato la legge che autorizza l’interruzione volontaria di gravidanza, anche se con alcuni limiti.
Sembrava impossibile, vista la forte influenza che la religione cattolica ha sempre esercitato in Irlanda, dove il divieto all’aborto era addirittura sancito nella Costituzione, ma è ora è una realtà: il Parlamento irlandese ha approvato la legge che autorizza l’interruzione volontaria di gravidanza, che potrebbe iniziare ad essere esercitata già dal gennaio 2019.
Un primo passo verso il cambiamento si era avuto con il referendum dello scorso maggio, dove i “sì” per abrogare l’ottavo emendamento della Costituzione avevano vinto con il 66% dei voti. La nuova proposta invece ha visto 27 voti favorevoli contro 5 contrari che si sono scontrati in un acceso dibattito politico durato oltre 10 ore. Ora manca solo la firma del presidente Michael D. Higgins che dovrebbe arrivare giovedì, data dell’ultimo voto.
La proposta di legge sancisce la possibilità di procedere con l’interruzione volontaria di gravidanza fino a 12 settimane di gestazione, anche in caso di pericolo di vita o grave rischio per la salute della donna. Un notevole passo in avanti considerato che l’ottavo emendamento della Costituzione, introdotto nel 1983, impediva di procedere con l’aborto anche in caso di stupro. Attualmente la proposta di legge prevede che la donna sia sottoposta al parere di due medici diversi prima di ottenere l’autorizzazione all’IVG e si propone di riesaminare la legislazione dopo tre anni (il testo originario ne proponeva cinque).
Queste “limitazioni” della legge sono state in parte contestate dalle attiviste dei movimenti femministi che, pur ritenendosi soddisfatte di questo importante cambiamento, affermano che continueranno a tenere gli occhi aperti per futuri miglioramenti tra cui: abolizione dei tempi di attesa obbligatori di tre giorni e revisione della parte che prevede l’interruzione per “grave danno per la salute della donna”. Quest’ultima infatti è ritenuta un’espressione facilmente strumentalizzabile da medici poco inclini a concedere il nuovo diritto. Si polemizza anche sulla parte della legge che concede l’interruzione in caso di gravi malformazioni del feto ma solo nel caso in cui comportino la morte in utero.
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Ciò nonostante questo resta un momento decisamente importante per l’Irlanda, come ha sottolineato il ministro della Salute Simon Harris in un tweet:
Poco più di 200 giorni fa, voi, il popolo irlandese ha votato per abrogare l’ottavo emendamento, così da permetterci di prenderci cura delle donne con compassione. Oggi abbiamo approvato la legge per renderlo realtà. Un voto per porre fine ad uno stigma e sostenere le scelte delle donne nel nostro paese.
A fargli eco è stato il primo ministro irlandese Leo Varadkar che ha parlato di “momento storico per le donne”
Historic moment for Irish women. Thanks to all who supported and well done to @SimonHarrisTD for steering this through both Houses https://t.co/0of3qfrNwm
— Leo Varadkar (@campaignforleo) 13 dicembre 2018
È stato proprio lui fautore di questo storico cambiamento: entrato in carica nel giugno di un anno fa, figlio di un immigrato indiano e dichiaratamente gay, da subito si è schierato a favore di un governo più moderno e meno stretto dalla morsa della Chiesa, una morsa che è andata facendosi man mano meno stretta già dal 1995, con il referendum che ha introdotto il divorzio e nel 2015, quando sono state approvate le unioni tra persone dello stesso sesso.
Deirdre Duffy, responsabile della campagna Together for Yes, ha dichiarato:
Per la prima volta sin dall’istituzione dello stato, le donne che rimangono incinte in Irlanda potranno sentirsi sicure e protette da una legislazione compassionevole.
Fino ad oggi per le donne irlandesi porre fine alla gravidanza era molto difficile: dopo l’introduzione dell’ottavo emendamento che di fatto impediva l’IVG anche di fronte a situazioni limite come una violenza sessuale o malformazioni gravi del feto, nel 2013 il Parlamento aveva approvato la legge “Protection of Life During Pregnancy Bill” che consentiva l’interruzione nel caso in cui la gravidanza mettesse a rischio la vita della donna.
Questa legge era stata tuttavia duramente osteggiata e veniva messa in pratica in casi estremamente rari e dopo grandi difficoltà, motivo per cui la maggior parte delle donne ricorreva a viaggi all’estero per interrompere gravidanza.
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