Una scelta privata, personale e insindacabile: quello dell'interruzione volontaria di gravidanza è un diritto delle donne e come tale va garantito...
Un concorso ad hoc riservato esclusivamente a ginecologi non obiettori, che non intendono sottrarsi a rispettare il diritto delle donne a praticare l’interruzione volontaria di gravidanza, come previsto dalla legge 194.
È quanto avvenuto all’Ospedale San Camillo di Roma, dove sono stati assunti due ginecologi a tempo indeterminato tramite un concorso pubblico che aveva come conditio sine qua non il vincolo a praticare l’aborto, quindi a non potersi avvalere dell’obiezione di coscienza, peraltro diritto sancito dalla legge stessa. In caso contrario il professionista verrebbe immediatamente messo in mobilità o addirittura licenziato.
Risponde così l’Azienda San Camillo Forlanini, una delle più grandi della Capitale, al fenomeno dell’obiezione di coscienza al quale ricorrono sempre più ginecologi ed infermieri, rendendo complicato e difficile il diritto delle donne a ricorrere all’aborto. Nel Lazio i numeri dei ginecologi obiettori raggiungono percentuali considerevoli (l’80,7%), e quindi con questa decisione è facile immaginare che il San Camillo diventerà sempre più un punto di riferimento per le donne della Regione che intendono praticare l’aborto volontario. Grazie a questo bando di concorso, due dirigenti-medici saranno, infatti, assegnati al settore del Day Hospital e Day Surgery per l’applicazione della legge 194, entrando quindi a far parte, a breve, della squadra del servizio di interruzione volontaria di gravidanza.
Insomma, una svolta importante che si muove anche nel solco delle politiche regionali: “Quella attuata al San Camillo è una sperimentazione, siamo i primi in Italia e penso che sia una cosa importante garantire alle donne un diritto sancito dalla legge” ha detto il Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti. La Regione Lazio con una delibera del 2014 Commissario ad acta sulla riforma dei consultori pubblici, si era infatti già mossa nell’ottica di tutelare i diritti della 194 imponendo ai medici dei consultori, anche obiettori, l’obbligo di rilasciare le certificazioni necessarie alle donne per poter interrompere la gravidanza nelle strutture pubbliche dedicate. Una decisione che incassò le proteste dei medici obiettori, rispedite al mittente da una delibera del Tar Lazio.
A criticare aspramente la scelta dell’Ospedale romano è Don Carmine Arice, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della salute della Cei: “La decisione di assumere al San Camillo di Roma medici dedicati all’interruzione di gravidanza, impedendo loro dunque l’obiezione di coscienza, snatura l’impianto della legge 194 che non aveva l’obiettivo di indurre all’aborto ma prevenirlo. Predisporre medici appositamente a questo ruolo è una indicazione chiara.” E aggiunge: “Non si rispetta un diritto di natura costituzionale quale è l’obiezione di coscienza“. A sostegno della sua tesi Don Arice aggiunge: “Il ministero della Salute ha fatto recentemente un’indagine appurando che il numero di medici non obiettori risulta sufficiente per coprire ampiamente la domanda” di interruzioni volontarie di gravidanza. “Tutto questo fa molto dubitare sulla bontà di questo provvedimento“.
Nel dibattito interviene anche il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin: “È evidente che abbiamo una legge, che non prevede questo tipo di selezione. Prevede invece la possibilità, qualora una struttura abbia problemi di fabbisogno, per quanto riguarda singoli specifici servizi, di poter chiedere alla Regione di attingere anche in mobilità da altro personale“, dice Lorezin. “Non bisogna esprimere pensieri, ma semplicemente rispettare la legge, in cui l’obiezione di coscienza è rispettata nel nostro Paese. Tra l’altro quando si fanno assunzioni e concorsi non mi risulta che ci siano parametri che vengono richiesti” ha aggiunto il ministro a margine di un incontro a Bruxelles.
E infatti la decisione del San Camillo potrebbe non essere di facile applicazione. Secondo il Presidente emerito della Corte Costituzionale, Cesare Mirabelli, “un concorso che esclude coloro che sono obiettori è di dubbia legittimità“. “C’è un problema di fondo – spiega in un’intervista al telegiornale di Tv2000 – l’obiezione di coscienza è un diritto fondamentale riconosciuto alla persona e non può essere un requisito la rinuncia a questo diritto per partecipare a concorsi pubblici. Non si può discriminare tra chi esercita questo diritto e chi non lo fa“. Un bando di concorso, aggiunge Mirabelli, “non mi pare che possa vincolare la persona: la libertà di coscienza è inalienabile e può essere esercitata in qualsiasi momento, anche successivamente alla nomina. Questo elimina anche il rilievo che un requisito di questo tipo possa essere richiesto e imposto al momento dell’assunzione“.
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