Il bambino ha una sindrome incompatibile con la vita: i suoi genitori scelgono di ricordarlo così

Elizabeth e Joshua Evans hanno comunque deciso di portare avanti la gravidanza del loro piccolo Joshy, costruendo ricordi indelebili con lui, nonostante la diagnosi senza speranza.

Ricevere una diagnosi di sindrome incompatibile con la vita durante le visite di controllo della gravidanza è un momento devastante per la coppia, che spesso è posta di fronte all’interrogativo più duro: interrompere subito la gestazione, oppure andare avanti il più possibile?

La decisione è, ovviamente, assolutamente personale e soggettiva, e qualunque essa sia merita tutto il rispetto di questo mondo.

Così, quando Elizabeth e Joshua Evans hanno saputo, a sole 14 settimane e mezzo di gravidanza, che il loro bambino non sarebbe sopravvissuto, hanno deciso di portare avanti comunque il loro “Baby Joshy”; la diagnosi per loro è stata impietosa, essendo stata rilevata una rara condizione genetica chiamata trisomia 18, che stava portando gravi problemi di formazione al bambino. Joshy, infatti, presentava il cuore a destra e con buco, un rene in più, problemi al cranio e alle mani, e l’esito, in accordo con i medici, sarebbe stato inevitabile.

Ma invece di prepararsi a dirgli addio, Elizabeth e Joshua Evans hanno deciso di donare al loro figlio una vita piena dentro il grembo materno—una vita ricca di ricordi, rituali e connessione. La loro storia, condivisa in un video diventato virale su Instagram, ha toccato milioni di persone. Non solo perché è straziante, ma anche perché è profondamente bella. Il video, pubblicato sull’account Instagram di Elizabeth Evans il 26 marzo, ha raggiunto oltre 26,5 milioni di visualizzazioni, e continua a crescere.

Dopo la diagnosi di Baby Joshy, Elizabeth e Joshua Evans hanno scelto di documentare e custodire ogni momento con il loro figlio, per quanto breve potesse essere. “La vita che avrebbe vissuto sarebbe stata dentro di me – sono le parole di Elizabeth Evans nel video – Così abbiamo creato tanti ricordi per commemorare il nostro bambino”.

Gli hanno letto storie e cantato canzoni; hanno cucinato insieme; hanno portato Joshy a visitare un campo di zucche e hanno festeggiato il Ringraziamento a Park City; hanno addobbato la casa per Natale e hanno persino organizzato una festa di compleanno la sera prima della sua nascita, avvenuta a 36 settimane.

Quando i genitori ricevono una diagnosi terminale durante la gravidanza, può sembrare che il tempo si fermi—come se tutta la gioia dell’attesa venisse sostituita da paura, dolore e incertezza. Ma per alcune famiglie, creare momenti di connessione intenzionali diventa una vera ancora di salvezza. È un modo per reclamare il proprio ruolo di genitori, anche nel dolore, e per affermare: la vita di questo bambino ha valore.

Elizabeth e Joshua Evans hanno fatto proprio questo. Dalla lettura di storie per Joshy, alla preparazione di biscotti, fino ai festeggiamenti delle festività, si sono lasciati guidare dall’amore—pur sapendo che il momento dell’addio era vicino.

Come detto, la loro scelta è stata, appunto, “loro” e non deve essere giudicato chi in una situazione del genere decide di agire diversamente.

Le trisomie vengono rilevate generalmente nei test di screening prenatali, soprattutto duo test, a cui seguono, per conferma, villocentesi o amniocentesi oppure, in alternativa, il Nipt test (l’esame del DNA fetale); la conferma definitiva si ha poi con il controllo ecografico.

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