Ecografie falsate per impedire l’accesso all’Ivg: è un’accusa pesantissima quella lanciata dall’attrice e compositrice italo tunisina Linda Farak, in arte LNDFK, su Instagram.

I fatti risalirebbero a tre mesi fa, quando Farak ha deciso di abortire; sul suo cammino, però, non ha incontrato obiettori di coscienza, ma medici che, secondo la sua ricostruzione, avrebbero fatto di tutto per impedirle di portare avanti la sua scelta.

Tre mesi fa ho abortito – esordisce nel post – Alcune donne per accedere all’IVG legittimamente devono andare fuori regione. La percentuale di personale sanitario obiettore di coscienza è altissima in questo preciso periodo storico. […]
Ho iniziato la procedura all’ospedale San Paolo: il ginecologo che mi ha visitato è partito chiedendomi se avessi un partner e quale lavoro facesse. Nessuno ha chiesto il mio nome. Nessuno ha chiesto di verificare il mio documento per accertarsi che non fossi minorenne. Ha aggiunto all’ecografia DUE SETTIMANE a quelle effettive, a voce ne ha aggiunte due e per iscritto ne ha aggiunta un’altra ancora, invitandomi a riflettere sul fatto che essendo arrivati così avanti significava che volessimo tenerlo. Non mi tornava il conto. Ho fatto alcuni calcoli e gli ho comunicato che c’era un errore e lui mi ha fatto intendere che forse stavo confondendo il partner, o che avevo calcolato male perché ‘lo dice la macchina’ non lui.
Quando gli ho chiesto di firmare l’ecografia si è rifiutato. Ho deciso di ripetere l’ecografia da un ginecologo privato che mi ha spiegato che quello dell’ospedale aveva inserito dei parametri errati anche per far apparire l’immagine del feto più grande di quanto fosse in realtà.

La denuncia è accompagnata da foto e indicazioni precise, con la crl (lunghezza vertice-sacro del feto) misurata al San Paolo di 2,50 centimetri, e quella misurata privatamente solo 1,64 centimetri.

Farak racconta di essersi rivolta al Cardarelli, sentendosi rispondere che le Ivg vengono effettuate solo il mercoledì “perché negli altri giorni ci sono solo obiettori”; “Non mi è stata data la pillola abortiva perché, con i tempi d’attesa, dato il numero della domanda rispetto alla possibilità di soddisfarla, non ci stavo più dentro. Devo operarmi in anestesia totale.

Anche quella, però, continua l’artista, si rivela un’esperienza traumatica, con il personale che non assiste e si dimostra poco collaborativo; “È stato straziante ricevere le ramanzine da chirurgo e infermieri subito dopo l’operazione”. In aggiunta, le è stato detto che neppure con l’operazione si era riusciti a rimuovere completamente tutto, quindi Farak ha dovuto assumere un farmaco per due settimane.

La mia esperienza in ospedale è stata tanto terrificante da farmi dubitare di ripetere un Ivg se mi fosse ricapitata, perché il personale sanitario rende volutamente scoraggiante l’accesso a quello che dovrebbe essere un diritto di autodeterminarsi.

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