L’essere umano è una realtà complessa formata non solamente da bisogno fisici (mangiare, dormire, assolvere ai bisogni fisici, eccetera) ma anche da aspetti emotivi. Le emozioni, così come definite dall’American Psychological Association, sono delle reazioni mentali coscienti vissute soggettivamente come sentimenti forti solitamente diretti verso un oggetto specifico e tipicamente accompagnati da cambiamenti fisiologici e comportamentali nel corpo.

Si tratta di fenomeni complessi verso i quali anche la ricerca scientifica si è interessata solamente negli ultimi anni ponendo l’attenzione su come anche dalla loro conoscenza e gestione passi la crescita sana di un bambino. È quello di cui si occupa la cosiddetta alfabetizzazione emotiva, una realtà con la quale i genitori di tutti i bambini, fin dalla più tenera età, dovrebbero confrontarsi.

Che cos’è l’alfabetizzazione emotiva?

L’Early Childhood Learning & Knowledge Center definisce l’alfabetizzazione emotiva come la capacità di identificare, comprendere e rispondere alle emozioni in se stessi e negli altri in modo sano. Se l’alfabetizzazione è la comprensione e l’acquisizione di un linguaggio, possiamo considerare l’alfabetizzazione emotiva come la capacità di capire e gestire le emozioni, ovvero quel complesso di sentimenti e reazioni che, anche istintivamente, proviamo di fronte a situazioni, comportamenti ed eventi e che incidono sul nostro benessere psicologico.

Questo discorso vale per tutti gli esseri umani, non solo i bambini. Anche gli adulti (sebbene quelli di oggi spesso non siano stati educati a farlo) vivono di emozioni e frequentemente dell’incapacità di capire perché di fronte a quella specifica situazione si scatenano determinate reazioni e, soprattutto, come fare per gestirle. Le emozioni, tutte le emozioni anche quelle negative, sono normali e naturali e compito dei genitori non è quello di ostacolarle, fermarle o normalizzarle, ma di, innanzitutto, comprenderle per poi saper offrire al bambino la capacità di acquisire gli strumenti per gestirle in maniera adeguata.

Le emozioni non sono un problema da controllare o soffocare; esse rappresentano una delle modalità con cui l’essere umano organizza i propri comportamenti e comunica con il mondo esterno. Si tratta di quindi di realtà con le quali bisogna imparare a convivere per intraprendere una crescita sana, serena e completa che eviti di esporre il bambino di oggi e l’adulto di domani a tutti quei problemi comportamentali e difficoltà emotive che sono alla base di numerosi disturbi anche particolarmente gravi.

Il rapporto tra bambini ed emozioni

Quando si parla di alfabetizzazione emotiva è indispensabile partire da quali sono le emozioni. Comunemente queste vengono classificate in primarie e secondarie e nelle prime rientrano il disgusto, la gioia, l’interesse, la paura, la rabbia, la sorpresa, la tristezza e la vergogna. I bambini vivono queste emozioni spesso in maniera piena e totalizzante in quanto non hanno, come avviene negli adulti, la consapevolezza che si tratti di una parte della loro personalità e non hanno gli strumenti per poterle gestire. Per questo sembra che passino da un eccesso all’altro, dalla grande gioia per qualcosa di bello alla disperazione per qualcosa che, per gli adulti, appare di poca rilevanza.

Tramite le emozioni i bambini comunicano e le fanno in maniera molto più intensa e profonda (basti pensare a quelli che comunemente vengono chiamati capricci) di quanto riuscirebbero a fare con le parole. Dalle loro emozioni si comprende molto del loro carattere e della loro personalità e compito dei genitori non è quello di ostacolare tale espressività, ma di fornire una realtà nella quale il bambino si possa sentire sicuro di esprimere le proprie emozioni senza che questo abbia delle conseguenze.

Un bambino che piange per un biscotto rotto o perché è finito il suo cartone animato preferito non va ridicolizzato, punito, rimproverato o messo nelle condizioni di percepire negativamente quell’emozione. Questo perché nell’evento successivo inizierà ad avere paura e vergogna delle proprie emozioni e non avrà maturato la capacità di gestirle. L’alfabetizzazione emotiva, quindi, mira a lavorare sulle cause e non sui sintomi (come forse per tanto, troppo, tempo ha fatto quel tipo di educazione impostato sul rimprovero costante, sull’umiliazione e sulla punizione).

Allo stesso tempo è bene ricordare come l’alfabetizzazione emotiva non sia una pratica esclusivamente “ad extra” rivolta ai bambini, ma che coinvolge direttamente anche i genitori. Non si tratta, infatti, solamente di insegnare una teoria su “come si fa”, ma mostrare anche come questo si realizza concretamente. Dal modo in cui i genitori reagiscono alle loro emozioni, alle tensioni di coppia e alle emozioni dei bambini, questi imparano molto su di esse e permettono di sviluppare la loro intelligenza emotiva.

Le emozioni, come detto, sono qualcosa di innato con cui il bambino, fin da quando è neonato, impara a conoscere e con le quali si confronta costantemente. È bene ricordare come le emozioni che i bambini vivono e il modo con cui le gestiscono variano a seconda dell’età. I neonati vivono pienamente le emozioni e hanno modi limitati e apparentemente semplici per superare quelle negative. Tramite le grida e il pianto tentano di evitare stimoli spiacevoli e adottano comportamenti auto calmanti, come il succhiare, con i quali superare lo stress.

Superati i primi 6 mesi e indicativamente fino ai 2 anni i bambini crescendo acquisiscono nuove consapevolezze, come quelle legate alla propria individualità e al rapporto con le altre persone. In questa fase i bambini iniziano a capire come le emozioni sono spesso legate ad alcune situazioni specifiche e in questo periodo si può iniziare a comunicare con loro per iniziare a imparare a gestire le emozioni.

Crescendo e durante tutta l’infanzia il bambino sperimenta nuove emozioni, specialmente quelle secondarie, e dal modo in cui le gestisce vengono influenzate le sue future reazioni emotive. In questa fase il bambino è in grado di comprendere e distinguere le emozioni ma, se non è stato educato a farlo da più piccolo, non le sa identificare e quindi gestire.

Come aiutare i bambini a crescere emotivamente sani

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Fonte: iStock

Investire sull’alfabetizzazione emotiva è una scelta preziosa e indispensabile per la crescita dei bambini in quanto quelli che hanno acquisito le basi di questa competenza sopportano meglio le frustrazioni, evitano maggiormente in litigi e hanno comportamenti meno autodistruttivi. I bambini con una buona alfabetizzazione emotiva sono tendenzialmente più sereni, più concentrati, meno impulsivi e vanno incontro a migliori risultati scolastici.

Il primo aspetto sul quale basare una sana alfabetizzazione emotiva è indubbiamente la comunicazione e l’approccio aperto da parte dei genitori. Per quanto difficile e impegnativo i genitori e i caregiver di riferimento dovrebbero avere un atteggiamento aperto e incentrato sulla comunicazione tale che il bambino possa vivere ed esprimere le sue emozioni senza che questo costituisca per lui un pericolo di essere giudicato o di maturare reazioni negative.

Soprattutto nei primi mesi e anni di vita di fronte alle emozioni è utile che i genitori abbiano un costante contatto fisico con i propri figli. Gli abbracci, le carezze, l’essere preso in braccio, anche nei momenti di maggiore tensione emotiva, rappresentano una dimensione di protezione e cura indispensabile per il bambino che sa che può sempre contare sui suoi genitori e sulle sue figure di riferimento. anche il tono di voce, la mimica e il linguaggio del corpo sono canali di comunicazione dell’alfabetizzazione emotiva.

Già prima dei 2 anni è poi utile iniziare a comunicare verbalmente con i bambini aiutandoli a riconoscere ed etichettare le emozioni che stanno sperimentando. La capacità di dare un nome a un emozione, anche utilizzando più parole ed espressione, permette al bambino di elaborare quel sentimento e saperlo gestire in maniera più sana. Parallelamente, una volta che si è in grado di riconoscere l’emozione, si può anche cercare di capire, insieme al bambino, quali sono stati i fattori scatenanti in modo da far emergere una consequenzialità utile anche a evitare situazioni di tensione e saper adottare rimedi efficaci per gestire quelle che, inevitabilmente, prima o poi ci si troverà ad affrontare.

L’alfabetizzazione emotiva intesa come capacità di etichettare le emozioni e acquisire nuove parole per esprimerle si avvale anche di libri, giochi, canzoni ed esperienze ludiche utili allo scopo.

Un aspetto essenziale, come ricordato anche da Save the Children, riguarda la disponibilità dei genitori a lasciar esprimere le emozioni dei bambini, non solo quelle negative ma anche quelle positive. Un bambino felice può esprimere la sua gioia correndo, muovendosi e adottando atteggiamenti che per gli adulti potrebbero risultare incompatibili con determinate situazioni.

Similmente per la tristezza dove il bambino potrebbe piangere e avere uno sfogo emotivamente importante. In entrambi i casi è fondamentale non reprimere le emozioni che stanno vivendo e condividere quelle emozioni con il bambino evitando di farlo sentire sbagliato. Troppo spesso, specialmente con le emozioni che consideriamo negative (come la tristezza e la paura), anche per diversi pregiudizi culturali, si tende a soffocare queste reazioni tanto che si lascia passare il messaggio che il bambino non deve avere paura, non deve essere triste, non deve piangere, perché è sbagliato il motivo per cui sta reagendo in quel modo o perché crescere significa non avere quel tipo di reazione.

Mostrare ai bambini che anche gli adulti sono tristi, piangono, hanno paura, sono felici e provano emozioni è il primo step dal quale partire per dare al bambino la consapevolezza che ciò che sta vivendo non è un problema e allo stesso tempo che quello stato emotivo si può superare. Anche per quel che riguarda la rabbia e le reazioni anche fisicamente violente è importante mantenere la calma e cercare di conoscere e riconoscere quell’emozione e cosa l’ha scatenata.

È il bambino che deve imparare a gestire le emozioni con l’aiuto dei genitori che non denigra la loro comparsa e infonde quella serenità tale per permettere al figlio di sentirsi sicuro per maturare anche queste capacità. Essere sensibili e gentili di fronte ai propri figli è un caposaldo dell’alfabetizzazione emotiva e di ogni forma di educazione che parte dalla consapevolezza che di fronte non si ha qualcosa da domare, ma qualcuno da accompagnare a diventare autonomo e indipendente anche e soprattutto nella gestione delle forze emotive che caratterizzano ciascuno di noi.

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  • Bambino (1-6 anni)