L’educazione dei bambini e il rapporto tra genitori e figli è un problema. Un problema da intendersi nel significato del termine che indica una qualsiasi situazione che presenta degli ostacoli, dei dubbi, delle difficoltà e degli inconvenienti. Non c’è niente di semplice (questo non vuol dire che non ne valga la pena) e qualsiasi banalizzazione o riduzione rappresenta una falsificazione della realtà.

In materia di educazione e sviluppo cognitivo, psicologico ed emotivo del bambino è utile porre l’attenzione sullo still face, un paradigma elaborato dal dottor Edward Tronick, che mira a individuare come l’interazione tra genitori e figli influisca sulla crescita di questi ultimi.

Perché parlarne?

Solo negli ultimi anni è aumentata la consapevolezza (e la divulgazione) su come i bambini abbiano (o non abbiano) competenze per affrontare le dinamiche della vita. Queste le sviluppa soprattutto dall’interazione con i propri genitori, motivo per cui è importante che i genitori siano consapevoli dell’importanza di comunicare (non solo a parole) con i propri figli.

Vediamo quindi cos’è lo still-face, in cosa consiste l’esperimento sviluppato dal dottor Tronick e cosa può dire a ogni genitore.

Cosa si intende per “still face”?

La traduzione del termine inglese è “faccia-immobile” e sta a indicare proprio il comportamento che assume un genitore nei confronti del proprio figlio piccolo durante l’osservazione della loro interazione.

Da questo tipo di interazione è stato sviluppato un vero e proprio metodo di analisi che consente di valutare su come il bambino percepisce il caregiver, sulle differenze di comunicazione, sulle differenze nello stile di attaccamento di ogni singolo genitore e sugli effetti che la depressione, materna o paterna, ha sul bambino.

L’esperimento di Ed Tronick

Nel video dell’University of Massachusetts Boston si vede chiaramente com’è articolato l’esperimento. Si osserva (e si registra) un genitore (si parla spesso della madre ma è anche il padre che deve essere coinvolto in questo esperimento) che interagisce con il bambino e come questo reagisce quando il padre o la madre smette di farlo.

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L’esperimento del dottor Tronick inizia con il genitore che interagisce normalmente con il bambino (utilizzando vocalizzi, contatto fisico ed espressioni facciali) per poi smettere di farlo assumendo un’espressione facciale stabile tale da non reagire ai comportamenti del bambino.

Il piccolo adotterà diversi comportamenti per recuperare l’attenzione del genitore ristabilendo con lui un’interazione. Infine nella terza fase dell’esperimento il genitore ritorna ad avere il comportamento iniziale.

L’interazione sociale nei bambini e il rapporto genitori-figli

Rapporto-genitori-figli
Fonte: iStock

I bambini, già da quando sono neonati, hanno una grande reattività all’interazione che ricevono dal mondo che li circonda. Il ruolo dei genitori è fondamentale per consentirgli di imparare a coordinare le loro emozioni. Così come riportato dalla Rivista di Scienze Sociali (riportando gli studi più recenti condotti in materia), le interazioni che il neonato ha nei primi mesi di vita sono predittive delle capacità cognitive e relazioni che egli svilupperà nei 2-3 anni di vita.

Compito dei genitori, quindi, è anche quello di potenziare e stimolare le competenze del bambino intraprendendo precocemente un processo interattivo tale da soddisfare le esigenze e i bisogni del bambino. I genitori, quindi, aiutano i bambini a trasformare le loro emozioni consolidando le loro capacità comunicative e relazioni. Perché questo avvenga è determinante la disponibilità del genitore a restituire un feedback al comportamento del bambino.

In questo modo, il bambino impara i comportamenti necessari a superare le frustrazioni a cui, già dai primi anni di vita, inevitabilmente andrà incontro.

Cosa dimostra il paradigma dello still face?

Con l’esperimento del dottor Tronick, come spiegato in questo studio, il genitore con il volto immobile viola le aspettative del bambino non fornendogli più un quadro sociale e affettivo nel quale il bambino è in grado di muoversi. Solitamente un neonato reagisce all’esperimento dello still face con una diminuzione dei comportamenti positivi, un aumento delle emozioni negative e l’avversione allo sguardo del genitore adottando comportamenti (tirarsi su, allontanarsi, eccetera) che sono indicatori di uno stato di stress.

Da questa reazione si comprende come il bambino sia essere consapevole che quello non è il comportamento abituale della sua mamma o del papà. È possibile che le reazioni contrastanti (iniziale entusiasmo e successiva tensione all’assenza di espressione) riflettano la storia della relazione del bambino con la madre e che il volto immobile sottolinei il senso di sicurezza del bambino.

I risultati del paradigma dello still face mostrano la capacità di autoregolamentazione dei bambini. L’assenza di una reazione aggressiva, per esempio, può indicare che il bambino stia iniziando a interiorizzare dei comportamenti adeguati a quelli che sono gli standard sociali interiorizzati. In alcuni bambini (differentemente da come accaduto nell’esempio del video) il ritorno del comportamento normale da parte del genitore dopo la fase di still face non era associato a una diminuzione delle tensioni e dei comportamenti negativi del bambino.

I risultati delle osservazioni mostrano la capacità dei bambini a regolare i propri affetti e quanto sono dipendenti dal genitore come fonte di regolazione della propria emotività.

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  • Neonato (0-1 anno)