1-2 bambini su 1000 nuovi nati presenta un disturbo uditivo permanente. Questi i dati della Società Italiana di Pediatria (SIP), che aggiunge come ogni anno mediamente nascano in Italia circa 500 bambini con un malfunzionamento dell’apparato uditivo (ipoacusia neurosensoriale).

Proseguendo con i numeri, 23 mila sono i minori con sordità e nel 25% dei casi la riduzione dell’udito è grave da condizionare negativamente lo sviluppo del linguaggio del bambino. Per far fronte a questa realtà, nel 2020 la Conferenza Stato Regioni ha ratificato l’intesa che pone attenzione anche agli screening neonatali uditivo e visivo basati sulla diagnosi precoce nel primo mese di vita.

Rientra in questo contesto lo screening uditivo neonatale.

Cos’è lo screening uditivo neonatale?

Lo screening uditivo neonatale è un esame non invasivo eseguito sul neonato nei primi giorni di vita, con l’obiettivo di individuare tempestivamente eventuali condizioni responsabili di un deficit uditivo.

Scopo dello screening uditivo neonatale è quello di restituire al bambino – grazie alle più recenti innovazioni mediche e tecnologiche – un udito simile a quello normale, andando così a prevenire l’insorgenza di disturbi del linguaggio e del sordomutismo.

Perché è fondamentale la diagnosi dei deficit uditivi?

Nel Rapporto Screening neonatale uditivo e visivo: raccomandazioni dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) si sottolinea come il sentire bene, l’avere una normale capacità uditiva, favorisce l’inizio della relazione con i familiari, contribuisce all’acquisizione della parola e del linguaggio, aiuta a esprimere i pensieri, semplifica l’apprendimento ed è indispensabile per apprezzare la musica.

Il National Institute on Deafness and Other Communication Disorders sottolinea come la maggior parte dei bambini è in grado di ascoltare i suoni già prima della nascita e imparano a parlare imitando i suoni e le voci che sentono intorno a loro. È innanzitutto dall’ascolto, quindi, che imparano a parlare.

Bisogna poi considerare che il neonato non solo non collabora (non può riferire di non sentire), ma i deficit dell’udito non sono accompagnati da segni o sintomi.

Per questo motivo è fondamentale prevedere lo screening uditivo neonatale, così da ridurre il più possibile l’impatto negativo di condizioni che alterano la capacità uditiva del bambino e assicurargli uno sviluppo individuale e sociale il più possibile normale.

Le tipologie di test e il loro svolgimento

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Fonte: iStock

L’American Academy of Audiology spiega che esistono due modi in cui l’udito di un neonato può essere sottoposto a uno screening volto a determinare la presenza di una perdita uditiva significativa. L’aspetto particolare, infatti, è che il bambino non è in grado di collaborare ed esprimere se e quanto ha percepito un suono (come avviene nei test per gli adulti o per i bambini più grandi). Eppure la precocità della diagnosi è fondamentale per migliorare la qualità del trattamento. I testi previsti dallo screening sono:

  • le emissioni otoacustiche;
  • la risposta uditiva automatica del tronco encefalico.

Test delle emissioni otoacustiche

Il test delle emissioni otoacustiche misura le risposte provenienti dalla coclea, l’organo dell’orecchio interno. Si svolge inserendo un piccolo auricolare dotato di microfono nell’orecchio del bambino e prevedendo la riproduzione di suoni attraverso l’auricolare che vengono a loro volta misurati dal microfono. Un neonato con una capacità uditiva normale, infatti, produrrà un’eco nell’orecchio interno e quell’eco può essere misurata dal microfono. In caso contrario non viene rilevata nessuna eco o un’eco ridotta.

Test della risposta uditiva automatica del tronco encefalico

Il test della risposta uditiva automatica del tronco encefalico, invece, misura le risposta provenienti sia dalla coclea che dal tronco encefalico uditivo. Lo svolgimento prevede il posizionamento di alcuni elettrodi adesivi sulla testa del neonato e delle piccole cuffie intorno o dentro l’orecchio. I suoni vengono riprodotti dalle cuffie mentre gli elettrodi misurano la risposta proveniente sia dall’orecchio che dal tronco encefalico uditivo. L’esito può essere positivo (il bambino sente normalmente) o negativo (nel caso in cui c’è una perdita uditiva significativa e bisogna o ripetere il test o approfondire i controlli).

Cosa succede dopo uno screening uditivo non superato?

Nel caso in cui lo screening uditivo restituisse un risultato negativo, è necessario eseguirlo nuovamente a distanza di alcuni giorni. Laddove il risultato continuasse a essere non positivo, è necessario intraprendere un percorso volto a individuare la causa e stabilire il trattamento più adeguato.

In soccorso dei bambini con deficit uditivo esistono diverse strategie. Dai dispositivi medici come gli apparecchi acustici o gli impianti cocleari agli approcci linguistici e comunicativi finalizzati a consentire al bambino di parlare e comunicare.

In questo ambito rientrano gli interventi guidati dal logopedista sul rafforzamento delle capacità di ascolto e la lingua dei segni.

L’importanza della prevenzione e del monitoraggio

Lo screening uditivo neonatale viene eseguito dopo la nascita e prima delle dimissioni dall’ospedale. Va però ricordato come un esito positivo dello screening non escluda la possibilità che il bambino successivamente, per traumi, malattie o altre condizioni, non sviluppi problemi dell’udito. È quindi importante che i genitori sappiano riconoscere tutti i segnali d’allarme.

Il primo aspetto su cui porre l’attenzione riguarda i fattori di rischio. I bambini più esposti ai deficit uditivi sono quelli nati pretermine, che hanno avuto ipossia o asfissia, che sono stati ricoverati in terapia intensiva neonatale (TIN), hanno avuto la meningite o altre infezioni virali e batteriche sistemiche come il citomegalovirus (CMV) o la sifilide.

Il secondo aspetti è legato ai segnali d’allarme da monitorare. La Fondazione IRCCS Ca’ Grande Ospedale Maggiore Policlinico riassume quelle che sono le principali competenze uditive che il bambino acquisisce nei primi sei mesi:

  • 0-2 mesi
    • Distingue i suoni prodotti dalla madre
    • Reagisce a voci e rumori interrompendo le sue attività e volgendo lo sguardo verso la fonte
    • Piange ed emette suoni
    • Guarda chi ha davanti
  • 2-4 mesi
    • Distingue le voci
    • Sorride
    • Orienta il capo verso la fonte sonora
    • Inizia a produrre suoni
  • 4-6 mesi
    • Riconosce i suoni del proprio codice linguistico
    • Sorride alle persone a lui familiari
    • Emette suoni vocalici e consonantici
    • Produce sillabe (lallazione)

In presenza di uno o più segni, soprattutto contestualizzati all’età del neonato, è importante consultarsi con il pediatra e valutare un approfondimento diagnostico o l’esclusione di altre condizioni temporanee potenzialmente responsabili della perdita di udito (tappi di cerume, accumulo di catarro e malformazioni dell’orecchio).

Con il passare degli anni diventa per certi aspetti più semplice riconoscere i segnali di qualcosa che non va in quanto è il bambino stesso che può riferire qualche cambiamento o avere comportamenti diversi rispetto al solito. In generale, alcune condizioni o un trauma cranico possono causare danni all’udito, e quando si verificano è sempre decisivo il consulto con il medico per intervenire il prima possibile.

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  • Neonato (0-1 anno)