Quando si parla di reflusso nei neonati si fa riferimento a una condizione che può essere fisiologica o patologica. È quindi importante riconoscerla per capire quando è il caso di preoccuparsi e quando, invece, è necessario solamente gestire il fenomeno attendendo che passi.

Anche perché, come segnalato dalla Mayo Clinic, è una condizione che raramente prosegue oltre i 18 mesi di vita. Allo stesso tempo, però, il reflusso non va sottovalutato, in quanto potrebbe essere il sintomo di un disturbo sottostante molto più grave che richiede un’adeguata valutazione medica.

Cos’è il reflusso?

Di per sé il reflusso è la semplice risalita del cibo o del contenuto gastrico nell’esofago e a volte nella bocca.

È una condizione che si verifica in quasi tutti i lattanti dopo il pasto e l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù aggiunge che si tratta di un evento fisiologico non solo nei lattanti, ma anche nei bambini e negli adulti.

La causa, spiega il portale MedlinePlus, è legata all’attività dello sfintere esofageo inferiore, un muscolo che svolge la funzione di valvola tra l’esofago e lo stomaco. Quando il bambino deglutisce il muscolo si rilassa per consentire il passaggio del cibo, altrimenti in condizioni normali rimane chiuso così che il cibo non possa risalire.

Nei neonati e in alcuni bambini il muscolo non è sufficientemente sviluppato, tanto da determinare la risalita del contenuto gastrico e/o del cibo.

I sintomi per riconoscere il reflusso nel neonato

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Fonte: iStock

Il reflusso fisiologico si presenta semplicemente con un frequente rigurgito. A differenza di quanto spesso si crede (e si riferisce) il rigurgito non è vomito. Il rigurgito, infatti, è la risalita del contenuto dello stomaco nella bocca ma senza nausea e contrazione dei muscoli addominali. Al contrario il vomito è una contrazione involontaria dei muscoli addominali e del diaframma che determina la rapida emissione dalla bocca del contenuto dello stomaco.

In questi casi i neonati aumentano regolarmente di peso e non hanno problemi con l’alimentazione, tanto che non sembrano troppo condizionati dal reflusso. Oltre al rigurgito l’altro sintomo tipico è legato a poppate che generalmente richiedono più tempo.

C’è uno studio pubblicato su Children di cui dà notizia il sito MSD Salute, secondo cui c’è una forte correlazione tra irregolarità del sonno ed episodi di reflusso gastroesofageo nel neonato, motivo per cui in presenza dei primi il reflusso andrebbe preso in considerazione.

Discorso diverso, invece, per la malattia da reflusso gastroesofageo. In questo caso i neonati risultano irritabili, si rifiutano di mangiare, hanno tosse cronica, respiro sibilante, bruciore, dolore addominale, sensazione di acidità in bocca, inarcamento della schiena durante o dopo i pasti e difficoltà a deglutire.

Tutto questo si converte in scarso aumento di peso, perdita di peso, anemia da carenza di ferro e asma e polmoniti ricorrenti.

Le tipologie di reflusso nei bambini

Per comprendere meglio il fenomeno del reflusso nei bambini è necessario distinguere tra:

  • reflusso gastroesofageo (RGE o GER) – la condizione fisiologica in cui si ha eruttazione di liquidi e/o rigurgiti;
  • malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE o GERD) – la condizione in cui la risalita del contenuto gastrico genera sintomi e complicanze.

La malattia da reflusso gastroesofageo, sottolinea il Manuale MSD, ha la maggiore incidenza tra il secondo e il sesto mese di vita e diminuisce dopo i 7 mesi. Nell’85% dei casi si risolve entro i 12 mesi e nel 95% entro i 18 mesi. La MRGE, riferisce la Cleveland Clinic, è più comune nei bambini con disturbi al sistema nervoso, che hanno la fibrosi cistica, soffrono di epilessia, asma o patologie che interessano l’esofago o sono nati pretermine.

Cosa fare in caso di reflusso? Rimedi e cure

La conferma diagnostica nei bambini più grandi si basa innanzitutto sui sintomi riferiti. Quando si sospetta la malattia da reflusso gastroesofageo nei neonati e nei lattanti il test più sensibile è la pH metria/pH impedenzometria.

In questi casi si procede innanzitutto con la somministrazione di farmaci anti-reflusso valutando la risoluzione o meno dei sintomi. La terapia, da seguire solo in caso di reflusso patologico, si basa sui farmaci che inibiscono la produzione di acido nello stomaco.

In rari casi e in pazienti con ritardo neuro-motorio si valuta il ricorso alla fundoplicatio. La procedura chirurgica prevede l’avvolgimento della parte superiore dello stomaco intorno all’esofago distale così da stringere lo sfintere esofageo inferiore.

Come riportato dalle linee guida del National Institute for Health and Care Excellence nei primi 12 mesi il reflusso non va trattato con medicinali. Sono infatti sufficienti alcuni semplici accorgimenti. Innanzitutto aiutare il lattante a fare il ruttino dopo ogni pasto, sia al seno che al biberon. È fondamentale anche tenere il neonato in posizione verticale per circa 30 minuti dopo la poppata.

Qualora questi approcci non si rivelassero risolutivi, può essere prevista l’aggiunta di cereali di riso al latte. Può essere utile anche aumentare la frequenza delle poppate riducendone la quantità così da mantenere una pressione nello stomaco bassa.

Conseguenze e rischi

In alcuni neonati allattati al seno, la malattia da reflusso gastroesofageo può essere causata dall’allergia alle proteine del latte vaccino. Spesso la malattia da reflusso gastroesofageo è frequente nei bambini con grave ritardo neuro-motorio. In questi casi c’è il rischio che la malattia possa evolvere in polmoniti, restringimento dell’esofago, difficoltà nella deglutizione e presenza di sangue nel vomito.

Se il reflusso nel neonato non causa complicanze e conseguenze preoccupanti la malattia da reflusso gastroesofageo può provocare anche ritardi nell’aumento di peso e nella crescita e problemi respiratori.

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  • Neonato (0-1 anno)