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Fino a che altitudine è possibile portare i bambini piccoli? E a cosa fare attenzione? La montagna è solo pericoli o anche benefici? Ecco la risposta a tutte queste domande.
Tra gli aspetti cui prestare attenzione c’è anche quello legato all’organizzazione di una vacanza o di un soggiorno in montagna. I bambini piccoli hanno problemi di altitudine? I neonati possono andare in montagna? Ecco cosa c’è da sapere.
Sulla possibilità dei neonati e dei lattanti di andare in montagna c’è un dibattito scientifico molto acceso. La Società Italiana di Pediatria (SIP) reputa più prudente evitare un soggiorno breve a una quota superiore ai 1600 metri di altitudine nel primo anno di vita del bambino. Tale indicazione risulta ancora più valida per i neonati a rischio, ovvero i nati pretermine o coloro che soffrono di anemia o altre patologie importanti.
Il motivo di tale precauzione è legato al fatto, come riportato dall’Azienda Ospedaliera Universitaria Meyer, che ad alta quota si riduce la pressione atmosferica e la quantità di ossigeno presente nell’aria; un insieme di elementi che può provocare disagio ai meccanismi di circolazione e respirazione.
Un problema che si verifica spesso anche negli adulti e che è più marcato nei bambini e nei neonati che hanno un sistema respiratorio e circolatorio non ancora del tutto sviluppato.
La principale preoccupazione legata ai neonati a elevate altitudini è legata al cosiddetto mal di montagna. Questo studio suggerisce di evitare l’esposizione prolungata all’alta quota nei neonati per il rischio del mal di montagna subacuto infantile. Una condizione che si manifesta con ipertensione polmonare e insufficienza cardiaca.
Un articolo pubblicato su Nature riferisce i risultati di uno studio condotto per analizzare il legame tra l’altitudine e la morte improvvisa e inaspettata del lattante (SUID, Sudden Unexpected Infant Death), Dallo studio è emerso come, sebbene ci siano pochi casi da analizzare, vi sarebbe un aumento del rischio di SUID (tra cui rientra la SIDS) alle altitudini più elevate.
Nei bambini fino a 3 anni, inoltre, l’altitudine può causare alterazioni del sonno e dell’appetito, ma anche cambiamenti nello stato d’animo. Questi sintomi tendono a comparire dopo 4-12 ore dall’inizio del soggiorno in montagna.
Eppure la montagna è una delle esperienze più emozionanti e potenzialmente anche benefiche per un bambino. La Società Italiana di Pediatria (SIP) pone attenzione al valore educante della natura, alla possibilità di sperimentare spazi aperti, esperienze di movimento e una salubrità dell’aria che per via dell’inquinamento atmosferico è spesso impensabile nelle città.
In montagna si respira meglio e possono trovarvi grande giovamento soprattutto i bambini che soffrono di asma, che riescono a muoversi e a fare attività fisiche che solitamente in pianura gli sono precluse. Anche i bambini che soffrono di allergie trovano nella montagna un ambiente estremamente salubre.
Ci sono poi anche ragioni motorie, con i bambini (anche quelli con disabilità) che possono vivere in spazi ampi e incontaminati, così come l’opportunità di avere un contatto diretto e privilegiato con la natura e la biodiversità del luogo.
Senza dimenticare l’importanza dell’apporto dato dall’esposizione al sole in termini di assorbimento della vitamina D, indispensabile per l’accrescimento osseo e per il rafforzamento delle difese immunitarie. La montagna, quindi, fa bene ai bambini ma è importante preferire quote moderate dove c’è più ossigeno e calore e i più piccoli possono beneficiare della salubrità di questi luoghi.
Come abbiamo visto, i pediatri italiani indicano i 1600 metri come limite di altitudine per i neonati. Questo studio, raccogliendo le indicazioni di diversi esperti, raccomanda di non superare un’altitudine di 1200 metri nei neonati di un mese, di 1500 metri nei lattanti, di 1600 metri in quelli di 1 anno e di 2000 metri in quelli di 2 anni.
Posti i limiti di altitudine nei neonati e nei lattanti nelle diverse fasce d’età, come comportarsi durante il soggiorno in montagna? Innanzitutto è consigliata sempre una salita lenta a prescindere dall’altitudine in quanto uno sbalzo repentino di pressione può causare dolore acuto all’orecchio o anche lesioni alla membrana del timpano. Il consiglio pratico riportato dalla Fondazione Veronesi è quello di non salire per più di 300 metri al giorno e di prevedere una sosta di un giorno ogni 1000 metri.
La salita graduale riguarda anche il raggiungimento della meta del soggiorno prevedendo soste regolari quando si procede in macchina. Vanno invece evitati mezzi come cabinovie, funivie e seggiovie.
Nel caso di recenti infezioni alle vie respiratorie è consigliato avere maggiore cautela e possibilmente rinunciare alla salita in montagna in quanto potrebbe esserci un maggior rischio di edema polmonare.
Tanto d’estate quanto d’inverno l’andare in montagna deve prevedere un’adeguata protezione dei bambini. I bambini piccoli, complice il sistema di termoregolazione immaturo, sono più soggetti a ipotermia e ai danni causati dal sole. D’inverno vanno previsti capi d’abbigliamento adeguati, soprattutto per evitare il congelamento delle estremità. A questo proposito vanno invece evitati fasce e marsupi che possono causare compressioni arteriose prolungate. D’estate, invece, va sempre applicata la crema solare ad alta protezione (da mettere ogni due ore) e indossare cappelli e occhiali da sole idonee.
Tra i rischi maggiori della montagna c’è quello di essere punti da insetti e zecche. Nei soggetti non allergici o sensibili la puntura degli insetti dà luogo solamente a reazioni locali, mentre quelle da zecche anche a patologie di origine batterica e virale come la malattia di Lyme o la TBE che possono causare conseguenze molto gravi. L’attenzione principale va rivolta alla prevenzione che passa nel coprire le parti esposte del corpo indossando cappelli, calzature e capi d’abbigliamento lunghi. Meglio evitare, invece, abiti con disegni floreali e indumenti di colore scuro che attraggono gli insetti.
Il mal di montagna si presenta solitamente con irritabilità, nausea, vomito, diminuzione dell’appetito e disturbi del sonno e in questi casi è decisivo iniziare una discesa rapida. Questa si rivela vitale in presenza di edema polmonare e cerebrale ed è l’unica forma di trattamento definitivo capace di alleviare e risolvere i sintomi del mal di montagna.
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