Far dormire i bambini è nella maggior parte dei casi un problema per i genitori. Un problema non solo nella ricerca di un sonno regolare e continuativo che tra risvegli notturni, regressioni e parasonnie è spesso un miraggio, ma anche nel far addormentare il bambino.

In aiuto dei genitori che vogliono favorire questa acquisizione ci sono diverse tecniche e consigli, come il cosiddetto metodo Estivill, dal nome dell’autore del libro “Duérmete Niño”, Eduard Estivill, che propone questo metodo.

Cos’è il metodo Estivill?

Il nome completo del metodo Estivill dice molto di cosa prevede. Si parla, infatti, di estinzione graduale del pianto. Secondo il neuropsichiatra spagnolo sono i genitori a dover insegnare ai bambini ad addormentarsi autonomamente e per farlo prevede un metodo piuttosto rigido e rigoroso.

È un metodo che, secondo le intenzioni di chi lo ha elaborato, può essere applicato sin dai primi mesi di vita del neonato per abituarlo a dormire da solo nel proprio lettino.

Come funziona il metodo Estivill

Il metodo Estivill prevede una fase iniziale nella quale si introduce il bambino all’addormentamento tramite una routine della buonanotte. Questa può prevedere il bagnetto, la messa del pigiamino, la recita di una ninna nanna o la lettura di un libro.

Fin qui nulla di controverso, tanto che le stesse società pediatriche raccomandano la routine della buonanotte per migliorare la qualità del sonno dei bambini. È dalla fase successiva che il metodo Estivill si contraddistingue e attira su di sé diverse critiche e perplessità.

Dopo la routine della buonanotte, infatti, il bambino viene messo ancora sveglio nel suo lettino per poi allontanarsi e abbandonare la stanza. Il bambino tenderà ovviamente a piangere, ma a quel punto invece di intervenire e prenderlo in braccio e rassicurarlo i genitori devono attendere. Quanto? Un tempo progressivamente sempre maggiore. Prima 3 minuti, poi 5, quindi 10, 15 e così via.

Dopo trascorso il tempo di attesa (nel libro di Estivill indicato in un’apposita tabella) i genitori possono intervenire e consolare il bambino, ma evitando sempre di prenderlo in braccio. Dopo averlo calmato bisogna nuovamente uscire dalla stanza fino a quando il bambino non si addormenta. Lo stesso meccanismo va seguito anche durante i risvegli notturni.

I risultati e le conseguenze sul sonno

Secondo le previsioni del dottor Estivill – suffragate da diverse testimonianze di genitori che hanno provato il metodo – nell’arco di 4-5 giorni il bambino impara ad addormentarsi da solo e ad avere un sonno duraturo e stabile per tutta la notte.

Dal punto di vista scientifico le indagini sulla durata del sonno e i livelli di cortisone nei bambini, come riportato in questo studio, non mostravano significative differenze. I bambini cui veniva applicato un metodo di estinzione del pianto si svegliano meno volte, ma risultano più stressanti per i genitori e sul legame con i figli.

Inoltre come riferito dall’Associazione Culturale Pediatri (ACP) in un’intervista lo stesso dottor Estivill avrebbe ritrattato il suo metodo ammettendo che può essere applicato solamente ai bambini di almeno 3 anni. Questo perché i ritmi del sonno nei primi tre anni di vita sono ancora immaturi, senza sottovalutare come un approccio di questo tipo interferirebbe con l’allattamento al seno.

Le critiche al metodo

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Fonte: iStock

Più degli apprezzamenti, sebbene il libro del dottor Estivill abbia conosciuto un discreto successo tanto che il suo metodo è noto ancora oggi, sono tante le critiche a un approccio che prevede di lasciar piangere il bambino per “educarlo” ad addormentarsi da solo. E le ragioni per cui ci sono critiche e perplessità sul metodo Estivill sono diverse.

Innanzitutto sembra più un approccio orientato a insegnare al bambino che il suo pianto non servirà a nulla, più che a educarlo ad addormentarsi da solo. E questo ha conseguenze potenzialmente anche significative.

Il pianto dei bambini, soprattutto nei primi mesi e anni di vita, è una delle pochissime forme di comunicazione a disposizione del neonato e deciderle di non recepirle significa potenzialmente decidere di ignorare altri disturbi e problemi.

Bisogna anche considerare come i risvegli notturni siano per diversi aspetti fisiologici e comunque normali nei primi anni di vita e per quanto faticosi per i genitori la scelta di ignorare il pianto del bambino e di stressarlo (e stressarsi ulteriormente) non sembra giustificata da un reale beneficio.

L’Associazione Culturale Pediatri (ACP) spiega che le tecniche di estinzione graduale del pianto sono efficaci nel breve periodo, ma non nel lungo. Inoltre, facendo riferimento alle linee guida dell’American Academy of Pediatrics (AAP), spiega come in un’ottica di prevenzione della SIDS è raccomandato che i genitori e il neonato condividano (per almeno i primi 6 mesi) la stessa camera da letto.

L’Australian Association for Infant Mental Health (AAIMHI), prendendo posizione in materia, segnala l’esistenza di possibili conseguenze psicologiche negative. È normale, infatti, che i neonati e i bambini piccoli si sveglino durante la notte e abbiano bisogno dell’attenzione dei genitori. Questo non è un disturbo né un capriccio, anzi: rispondere ai bisogni e ai pianti del neonato non lo vizierà ma contribuirà a sviluppare il suo senso di sicurezza.

Ignorare il pianto dei bambini rischia di incidere sul loro attaccamento, anche considerando come intorno ai sei mesi iniziano a sperimentare una normale ansia da separazione.

Una critica importante al metodo Estivill si basa anche sulla sua scarsa applicabilità essendo difficile da portare avanti, sia per i genitori che per i bambini con un attaccamento ansioso-ambivalente.

I metodi e le tecniche alternative

Il metodo Estivill si basa sul principio dell’estinzione graduale del pianto; esistono anche metodi simili che prevedono delle differenze. C’è il metodo per cui i genitori a intervalli fissi intervengono per controllare il bambino e quello nel quale i genitori si addormentano con il piccolo nel suo letto ignorando il suo pianto.

Tutte queste varianti, dando per assodata la necessità di ignorare il pianto del bambino, presentano criticità e perplessità certe a fronte di dubbi vantaggi.

In alternativa esistono una serie di tecniche, pratiche e consigli che possono essere seguiti. I più noti sono quelli che prevedono di cullare il neonato per poi sistemarlo nella sua culla dopo averlo tenuto in braccio fino a che non si è addormentato e quelli che suggeriscono di cantare una ninna nanna o raccontare una storia al bambino che si trova nel suo lettino.

Molti genitori praticano il co-sleeping, il dormire nello stesso letto con il neonato, che dona al bambino una maggiore rassicurazione e permette ai genitori di stare comodi fino a quando il bambino non si addormenta.

C’è poi il cosiddetto metodo Tracy Hogg (o metodo E.A.S.Y.) che è una via di mezzo tra il sonno condiviso e l’estinzione graduale del pianto. Questo metodo si basa sul mangiare (Eat), fare attività (Activity), dormire (Sleep) e presenza del genitore (You). Bisogna quindi far mangiare il neonato, quindi fargli fare dell’attività così da facilitare la digestione, quindi, coccolarlo e quando inizia a dare segni di stanchezza (sbadiglia o si stropiccia gli occhi) metterlo a letto e lasciarlo che entri da solo in un sonno profondo. Durante i risvegli intervenire per rassicurarlo e rimetterlo subito nel suo lettino.

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