Tra gli esami e i test da effettuare nelle primissime settimane di vita del neonato, utili a diagnosticare problemi articolari importanti: la manovra di Ortolani permette di verificare lo status di salute delle anche. Di solito a farla è il pediatra durante la prima visita “di conoscenza”, quando valuterà tutto ciò che serve per sincerarsi che il bambino stia bene e, nel caso in cui presenti anomalie, sottoporlo a controlli approfonditi.

Ma come si effettua e cosa fare nel caso in cui il risultato fosse positivo? Ecco tutto quello che bisogna sapere sulla manovra di Ortolani.

Manovra di Ortolani: cos’è?

La manovra di Ortolani consiste in una serie di movimenti, che si effettuano oggi su tutti i neonati. Il test diagnostico lo si deve al medico Marino Ortolani, pediatra e puericultore dell’Istituto provinciale dell’infanzia di Bologna, tra il 1929 e il 1972, e del reparto di pediatria dell’Arcispedale S. Anna, del quale è stato primario (fonte: Treccani).

La sua più grande scoperta è stata, appunto, la manovra che prende il suo nome e che può verificare precocemente la displasia dell’anca.

Storia della manovra di Ortolani

Nel 1935 la madre di due gemelle di 6 mesi, nel pulire le bambine, si accorse che l’anca di una delle figlie era “rumorosa”. Riferì il fatto al medico, Ortolani appunto, il quale dimostrò la presenza di prelussazione dell’anca (displasia) grazie all’esame radiografico.

Sempre convinto che, nonostante gli studi e l’esperienza, solo ogni singola madre conosce bene il proprio bambino, ha dato ascolto alla mamma delle gemelline e capì che con pochi gesti avrebbe potuto riconoscere eventuali problematiche dell’anca.

Dal 1935 al 1936 eseguì la manovra su molti bambini, rilevando il segno di Ortolani (o lo scatto) su 31 di loro, 29 femmine e 2 maschi, di età compresa tra i 3 e i 12 mesi. I 31 bimbi risultati positivi alla manovra sono stati poi sottoposti ad esame radiografico, il quale ha confermato in tutti la displasia dell’anca.

Manovra di Ortolani: come si effettua

La manovra di Ortolani, come spiegato nel documento di Ortopedia Pediatrica “Update sulla diagnosi e trattamento precoce della displasia congenita dell’anca” diffuso dalla Società italiana di pediatria, va eseguita su un paziente in posizione supina e rilassata con anche flesse a 90°.

Il pollice dell’esaminatore è posto medialmente lungo la coscia del paziente, e l’indice viene delicatamente posizionato sul grande trocantere. Si abduce delicatamente l’anca, ponendo una leggera pressione in direzione antero-posteriore sopra il grande trocantere. In presenza di DCA (displasia dell’anca, ndr), si udirà un clunk (scatto), dovuto al ripristino dell’alloggiamento della testa del femore in precedenza lussata.

Manovra di Ortolani: a cosa serve?

La manovra di Ortolani può evidenziare una eventuale displasia dell’anca, nota anche come lussazione congenita dell’anca.

Essendo un esame ormai di routine e da effettuare poco dopo la nascita del lattante, permette non solo di diagnosticare l’effettiva anomalia dello scheletro, ma di trattare tempestivamente il problema, risolvendolo completamente ed evitando complicazioni future. In questo modo è possibile scongiurare la lussazione dell’anca, ovvero la fuoriuscita del femore dalla sua naturale posizione.

È bene ricordare che nei primi 4 mesi di vita del neonato i pediatri, secondo le linee guida nazionali, consigliano di effettuare l’ecografia delle anche, che oltre a vedere lo stato delle ossa, permette di fare una valutazione più completa, considerando anche la componente cartilaginea.

Manovra di Ortolani positiva o negativa: cosa significa?

Se la manovra dà esito positivo, il bambino dovrà essere sottoposto a test radiografici per confermare la prelussazione dell’anca. Nel caso in cui fosse confermato l’esito, bisognerà trattare la DCA. Secondo la Società Italiana di Pediatria

Nei casi di diagnosi precoce il trattamento prevede l’utilizzo di divaricatori, prevalentemente dinamici, in gran parte evoluzioni del tutore di Pavlik. Questo tutore dinamico, mantiene l’abduzione delle anche tra 45° e 55°e permette una flessione intorno a 90-110°, rispettando le zone di sicurezza descritte da Ramsey, indirizzando la testa del femore dentro l’acetabolo e permettendo la naturale motilità dell’anca secondo movimenti guidati, che determinano uno stimolo fisiologico per la crescita dell’acetabolo e la risoluzione della lassità articolare. La durata del trattamento varia dai 3 ai 6 mesi e dipende dall’età del bambino e dalla gravità della DCA. Negli ultimi anni ha trovato largo impiego il divaricatore di Tübingen, un’evoluzione del tutore di Pavlik, il cui utilizzo ha evidenziato un esiguo numero di complicanze.

In caso di esito negativo, si esclude la presenza di displasia dell’anca, ma il segno di scatto può mancare in alcuni casi. Motivo per cui è sempre consigliabile eseguire altri test, come l’ecografia delle anche consigliata, per approfondire l’argomento e agire tempestivamente per evitare complicazioni.

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