Il corpo umano e gli organi in esso contenuti lavorano in maniera ottimale a una precisa temperatura. La temperatura interna del corpo è considerata normale quando è tra 36,5 e 37,5°C. Un aumento o una riduzione della temperatura oltre questi valori di riferimento è considerata un problema su cui porre l’attenzione. Lo è in modo particolare nei neonati nei quali il sistema di termoregolazione è ancora imperfetto e per i quali l’aumento o la riduzione della temperatura corporea rappresentano un grave pericolo per la loro salute e la loro sopravvivenza.

Nel caso dell’ipotermia del neonato (ovvero una temperatura corporea eccessivamente bassa) parliamo di una delle principali cause di morbilità e mortalità neonatale nei Paesi poveri. Questo perché sono tantissimi i fattori tanto fisiologici quanto ambientali e comportamentali che espongono universalmente tutti i neonati al fenomeno dell’ipotermia, con il rischio di esiti gravemente avversi.

È quindi importante conoscere e saper riconoscere, fin dai primi istanti di vita dopo il parto, l’ipotermia nei neonati e cosa è più corretto fare. La prima precisazione da fare è che la temperatura corporea cambia, sia nel corso della giornata che con il passare degli anni; fino ai 10 anni è considerata normale quella tra 35,5 e 37,5°C.

Sulla base delle linee guida dell’OMS sul controllo della temperatura del neonato si parla di ipotermia quando la temperatura corporea scende sotto i 36,5°C. L’ipotermia è classificata in tre stadi, ciascuno dei quali rappresenta un differente grado di severità della condizione con una differente prognosi e tipologia di intervento richiesto. Si parla quindi di:

  • Stress da freddo – quando la temperatura è tra 36 e 36.4°C;
  • Ipotermia moderata – quando la temperatura è tra 32 e 35.9°C;
  • Grave ipotermia – quando la temperatura è inferiore ai 32°C.

Lo stress da freddo è motivo di preoccupazione per il quale è necessario riscaldare il neonato e tentare di individuare le cause di questa lieve forma di ipotermia. La forma moderata, invece, rappresenta un vero e proprio pericolo da contrastare riscaldando il bambino. L’ipotermia grave, invece, richiede un’assistenza qualificata e un intervento urgente.

È doveroso precisare come questi siano standard di riferimento adottati dall’OMS, ma non sempre universalmente utilizzati.

Ipotermia neonato: le cause

Perché la temperatura corporea rimanga costante è necessario che la quantità di calore prodotta o acquisita dall’organismo sia uguale a quelle trasferita all’esterno nell’ambiente. Questa condizione di bilancio termico consente di mantenere la temperatura entro gli intervalli considerati normali. Questo equilibrio può essere influenza da diversi fattori: temperatura dell’ambiente nel quale ci si trova, umidità relativa, flusso dell’aria, contatto diretto con superfici fredde e vicinanza di oggetti freddi. Gli scambi termici tra il corpo e l’ambiente esterno vengono gestiti dall’ipotalamo.

Il rischio di ipotermia nei neonati è maggiore in quanto è maggiore la superficie del corpo rispetto al suo volume; una condizione ancora più evidente nei bambini con basso peso alla nascita, che per questo motivo sono considerati ancora più esposti a questo pericolo.

Nei neonati ci sono diverse cause che possono provocare la perdita di calore, specialmente nel periodo immediatamente successivo al parto. Si ha una perdita di calore radiante quando la pelle nuda del bambino viene esposta in un ambiente nel quale ci sono oggetti con una temperatura più bassa. La perdita di calore può essere anche da evaporazione essendo il neonato immerso nel liquido amniotico o conduttiva se il bambino è posto a contatto con un oggetto o una superficie più fredda. Anche un flusso d’aria freddo può causare la riduzione della temperatura corporea del neonato.

Oltre a questi fattori ambientali ci sono anche cause patologiche che possono provocare uno stato di ipotermia nel neonato; è il caso di una sepsi, dell’emorragia endocranica e dell’esposizione del feto a farmaci e droghe. Inoltre il parto cesareo, un’ipertensione materna, un basso punteggio di Apgar così come l’età gestazionale e un approccio scorretto alla cura del bambino dopo la nascita (come il non asciugarlo o il non metterlo a contatto con la pelle della madre) costituiscono fattori di rischio per l’ipotermia neonatale.

I sintomi dell’ipotermia nel neonato

Come riconoscere l’abbassamento di temperatura corporea in un neonato? I primi segni clinici che dovrebbero indurre il sospetto sono la presenza dei piedi freddi (che si raffreddano prima del resto del corpo), un rallentamento della respirazione e una bradicardia (frequenza cardiaca lenta). Spesso l’assenza dei brividi (le contrazioni muscolari involontarie in risposta alla percezione del freddo) tipica nei neonati è una condizione che aumenta il rischio di non riconoscere l’ipotermia.

Trattamento e cura dell’ipotermia nel neonato

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Fonte: iStock

L’attenzione verso l’ipotermia è maggiore al momento della nascita in quanto il parto è la condizione per la quale il neonato è immediatamente esposto a un ambiente umido e più freddo rispetto all’utero materno. Il meccanismo di termoregolazione si attiva immediatamente e in presenza di uno (o più) fattori di rischio per la perdita di calore l’ipotermia può durare pochi minuti o anche diverse ore. Se il neonato non viene adeguatamente protetto e gestito il calo della temperatura procede a una velocità che può raggiungere anche 1°C al minuto.

Tipicamente lo sbalzo termico del parto provoca un abbassamento della temperatura corporea di circa 3-4°C, per questo motivo le linee guida internazionali pongono grande attenzione alla cura della sala parto.

Il trattamento dell’ipotermia vera e propria avviene mediante l’uso delle incubatrici. Parallelamente va posta attenzione alla prevenzione, mettendo in atto tutti gli accorgimenti necessari per evitare la dispersione termica. Il neonato va asciugato (ma non lavato per non rimuovere la vernice caseosa) e avvolto (anche la testa, la zona nella quale è maggiore la dispersione di calore) in un lenzuolo caldo e messo a contatto con la pelle della madre anche per favorire il precoce allattamento al seno utile anche per stimolare l’attività metabolica basale utile a favorire la termoregolazione.

Nei neonati dove queste precauzioni non fossero praticabili, come nel caso di intervenire tempestivamente per rianimarlo, è fondamentale utilizzare una lampada radiante che possa mantenere una temperatura adeguata. Tali attenzioni valgono per i neonati in sala parto, ma anche per tutti i bambini ricoverati presso strutture ospedaliere, nel trasferimento da un reparto all’altro, ma anche nella gestione quotidiana della cura del bambino, specialmente nelle condizioni ambientali più critiche.

Ipotermia nel neonato: rischi e conseguenze

L’ipotermia è una condizione che colpisce tutti gli organi. Inizialmente la perdita di calore si manifesta per effetto della vasocostrizione periferica per cui le estremità del bambino sono quelle che inizieranno a diventare più fredde.

Successivamente l’ipotermia si sposta alle altre zone del corpo provocando conseguenze gravi quali ipoglicemia, acidosi metabolica, indurimento della pelle (sclerema), infezioni, emorragia polmonare, funzione cardiaca compromessa, ittero e crescita ridotta.

L’ipotermia nel neonato è associata a un reale rischio di morte del bambino che è inevitabile se non si interviene prontamente.

L’ipotermia terapeutica

Discorso diverso per quel che riguarda la cosiddetta ipotermia terapeutica, ovvero la volontaria riduzione della temperatura corporea fino a 33.5°C per 72 ore. Si tratta di un trattamento (noto anche con il nome di baby cooling) rivolto ai neonati con un’età gestazione pari o superiore alle 35 settimane che presentano sintomi di encefalopatia ipossico-ischemica di grado elevato o moderato, ovvero una delle principali cause di paralisi cerebrale infantile.

L’ipotermia terapeutica si avvale di un apposito materasso ad acqua collegato a un apparecchio raffreddante sul quale viene posto il neonato che viene monitorato in maniera intensiva per tutto il periodo del trattamento con lo scopo di ridurre i danni al cervello causati da un’asfissia durante il parto.

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  • Neonato (0-1 anno)