
Tutti i neonati singhiozzano, ma a volte (raramente) il singhiozzo diventa frequente e può essere il segno di un problema. Ecco cosa c'è da sapere.
I bambini nati prematuramente possono andare incontro a problemi respiratori che, se non trattati correttamente, possono provocare conseguenze anche molto gravi.
Una malattia o, più correttamente, un insieme di sintomi, che causa un’insufficienza respiratoria e che, sebbene possa avere una prognosi positiva, può essere responsabile di diverse conseguenze e complicanze.
Per capire cos’è il distress respiratorio nel neonato, ma anche quali sono le cause e qual è la prognosi, è necessario fare luce sul funzionamento dei polmoni e sul modo e i tempi in cui si formano.
Intorno alla ventiquattresima settimana di gravidanza il feto inizia la produzione del surfattante, una sostanza che ricopre gli alveoli polmonari, ovvero le piccole cavità all’interno delle quali avviene lo scambio tra ossigeno e anidride carbonica. Tra i compiti del surfattante c’è quello di ridurre la tensione superficiale in modo che gli alveoli rimangano aperti consentendo il regolare ciclo respiratorio. Dalla trentaquattresima settimana di gravidanza il feto ha prodotto surfattante sufficiente per consentire la corretta respirazione del bambino.
Quando la presenza del surfattante non è adeguata (e come vedremo ci sono cause ben precise) gli alveoli rischiano di collassare espellendo l’aria dai polmoni. In caso di distress respiratorio il neonato non è in grado di respirare autonomamente in quanto i polmoni risultano rigidi proprio a causa dell’insufficiente presenza del surfattante.
La causa principale del distress respiratorio nel neonato è il parto pretermine. Come abbiamo visto, infatti, con il passare delle settimane di gravidanza aumenta la produzione di surfattante; se la nascita avviene prima che i livelli di questa sostanza siano sufficienti è evidente come il bambino sia esposto a questo problema.
Più il parto è anticipato più sono maggiori i rischi e la gravità del distress respiratorio. Inoltre questa condizione è spesso presente nei bambini nati da madri con diabete gestazionale.
Esistono anche altre cause che possono determinare un distress respiratorio e sono il parto gemellare, il parto cesareo, l’insorgere di un’infezione, un peso alla nascita inferiore al chilogrammo o, in casi più rari, un difetto genetico che riguarda la produzione di surfattante. Il distress respiratorio neonatale è più diffuso nei bambini di sesso maschile e in quelli di razza caucasica.
Uno dei primi e più eloquenti segni di distress respiratorio nel neonato è la sua difficoltà a respirare. Questa insufficienza respiratoria può essere accompagnata dall’emissione di particolari suoni durante l’espirazione, dell’allargamento delle narici durante l’inspirazione e di un generale stato di letargia.
Inoltre, a seguito dei primi controlli (esami del sangue e radiografia del torace), il neonato affetto da distress respiratorio presenta bassi livelli di ossigeno nel sangue che sono responsabili della cianosi, la colorazione bluastra della pelle e delle labbra.
L’insieme dei sintomi tende a peggiorare nel giro delle prime ore in quanto i muscoli coinvolti nella respirazione si affaticano e rischiano di non riuscire più a svolgere il loro compito. Inoltre in queste ore il surfattante si esaurisce portando al collasso anche gli altri alveoli esponendo il neonato a gravissimi danni cerebrali, al danneggiamento di altri organi e, in alcuni casi, anche alla morte.
Nonostante nelle prime ore di vita il distress respiratorio peggiori, nei giorni successivi tende a migliorare anche perché naturalmente aumenta la produzione di surfattante. Generalmente nel giro di qualche giorno la sindrome da distress respiratorio si risolve. Il tipo di trattamento, quindi, deve essere di supporto e varia in base alla settimana di gravidanza in cui è nato, al tipo e alla gravità dei sintomi e, ancora, allo stato di salute generale del bambino.
Il trattamento per il distress respiratorio può prevede il posizionamento nella trachea di un tubo respiratorio, del supporto alla respirazione tramite un ventilatore (o altri macchinari specifici che aiutano il bambino a respirare) e attraverso la somministrazione supplementare di ossigeno. In alcuni casi può rendersi necessaria anche la somministrazione di surfattante e di farmaci che tranquillizzino il bambino e allevino i dolori.
L’unico modo per prevenire il distress respiratorio neonatale è quello di ridurre il più possibile i fattori che determinano un parto pretermine. Laddove questo non fosse possibile spesso si somministrano dei corticosteroidi prima del parto allo scopo di ridurre il rischio di distress respiratorio. È possibile, ma solo per alcune particolari gravidanze, diagnosticare questa sindrome tramite un test di screening della maturità polmonare del feto. Questo avviene tramite amniocentesi o attraverso il fluido amniotico fuoriuscito dalla vagina.
Nonostante la prognosi, salvo gravi casi, è generalmente benigna, il distress respiratorio del neonato può essere accompagnato da diverse complicanze e conseguenze. Oltre alle evidenti criticità legate alle difficoltà respiratorie, il distress respiratorio può provocare danni anche importanti nel bambino. Questo è possibile perché quando la funzione polmonare peggiora il bambino assorbe meno ossigeno e accumula più anidride carbonica nel sangue.
Questa condizione può coinvolgere e danneggiare altri organi, tra cui il cervello. Possono verificarsi anche altre criticità polmonari che sono alla base della displasia broncopolmonare, la principale complicanza respiratoria dei bambini nati pretermine e la causa più frequente di malattie polmonari croniche dell’infanzia. In questi casi il trattamento può essere diverso e più duraturo.
Nonostante la similitudine del nome, la Sindrome da Distress Respiratorio Acuto (ARDS, Acute Respiratory Distress Syndrome) è diversa dal distress respiratorio di cui abbiamo parlato. L’ARDS, infatti, è una malattia nella quale le pareti dei capillari non funzionano correttamente e vi è il passaggio di liquido negli alveoli polmonari. Questa sindrome colpisce migliaia di neonati l’anno ed è fatale nel 30% dei casi.
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