Displasia dell’anca nel neonato: riconoscere i sintomi per una diagnosi precoce

Un difetto scheletrico congenito, non sempre facilmente individuabile, che può essere risolto se trattato tempestivamente. Ecco tutto quello che c'è da sapere.

Durante le visite di controllo cui viene sottoposto il neonato nei primi mesi di vita si controlla anche il movimento delle gambe. Il motivo è quello di individuare i primi segni di una possibile displasia dell’anca, un’anomalia congenita a carico delle ossa dell’articolazione sinoviale. Nonostante si tratti di una condizione che è presente soprattutto alla nascita, non è raro che si sviluppi durante il primo anno di vita.

È una condizione, spiega l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, che interessa l’1-2% dei neonati. Si tratta di un difetto temporaneo che con le adeguate terapie si risolve in pochi mesi.

Vediamo nel dettaglio cos’è, come riconoscere e gestire correttamente la displasia dell’anca nel neonato.

Che cos’è la displasia dell’anca nel neonato?

L’anca è un’articolazione composta da due parti, la testa del femore (che ha una forma sferica) e l’acetabolo (che ha la forma cava per contenere la testa del femore). L’American Academy of Orthopaedic Surgeons precisa che nei casi di displasia dell’anca nel neonato l’acetabolo è poco profondo, e di conseguenza la testa del femore non riesce ad adattarsi in maniera corretta.

Questa condizione può danneggiare la cartilagine che ammortizza l’articolazione. Oltre al dolore e alla rigidità articolare, le persone con displasia dell’anca corrono un rischio maggiore di soffrire di lussazioni dell’anca. Esistono diverse tipologie di displasia dell’anca nel neonato che differiscono tra loro anche per la gravità:

  • Dislocata – la testa del femore è completamente fuori dall’acetabolo
  • Dislocabile – la testa del femore si trova all’interno dell’acetabolo ma può facilmente fuoriuscire
  • Sublussabile – la testa del femore è allentata nella cavità

Le espressioni displasia congenita dell’anca, displasia evolutiva dell’anca o lussazione congenita dell’anca fanno tutte riferimento alla stessa condizione.

Le possibili cause e i fattori di rischio

Alla base dell’insorgenza della displasia dell’anca nel neonato sembra esserci una predisposizione genetica e il motivo per cui si manifesta non è ancora del tutto chiaro. Ci sono dei fattori di rischio che possono favorirne lo sviluppo:

I sintomi e la diagnosi precoce

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Fonte: iStock

Le forme lievi di displasia dell’anca non danno sintomi evidenti e anche all’esame obiettivo del pediatra possono non essere rilevate. È un aspetto non secondario, considerando che se queste forme non vengono trattate tempestivamente possono peggiorare.

Per questo motivo negli ultimi anni, come riportato in uno studio della Società Italiana di Ultrasonologia in Medicina e Biologia (SIUMB), complice il miglioramento delle indagini tramite ultrasuoni, si esegue l’ecografia per la displasia dell’anca come screening neonatale durante il primo mese di vita.

L’indicazione è di eseguire l’ecografia entro il terzo mese di vita e in assenza dei fattori di rischio per la lussazione dell’anca non anticipare il suo svolgimento. Questo perché bisogna tenere conto anche di fisiologici ritardi di maturazione dell’anca che generalmente si risolvono in maniera spontanea.

In questi casi è indicato l’utilizzo di marsupi o fasce che favoriscono il mantenimento della posizione corretta delle anche, ovvero piegate e aperte verso l’esterno.

I segni che possono accompagnare il sospetto di una malformazione di questo tipo sono:

  • la presenza di gambe di diversa lunghezza;
  • le cosce con pieghe cutanee irregolari;
  • una minore flessibilità o mobilità da un lato;
  • un neonato che quando impara a camminare tende a zoppicare o camminare sulle punte o in maniera incerta.

La manovra di Ortolani

Per molto tempo per la diagnosi della displasia dell’anca nel neonato si è utilizzata la cosiddetta manovra di Ortolani. Si tratta, spiega il Manuale MSD, della procedura con la quale rilevare l’anca che scorre indietro dentro l’acetabolo. Per eseguirla la coscia dell’anca viene allontanata dalla linea mediana del corpo (abdotta) e poi tirata in avanti delicatamente.

L’eventuale instabilità viene rilevata dalla presenza di uno scatto (a volte anche udibile) della testa del femore che si muove lungo il bordo posteriore dell’acetabolo per poi riposizionarsi nella cavità.

Facendo riferimento alle diverse pubblicazioni scientifiche che sono seguite nel corso degli anni, Area Pediatrica, la rivista della Società Italiana di Pediatria (SIP), segnala come questo metodo abbia dei limiti dal punto di vista clinico. Se è vero, infatti, che in presenza di un segno positivo rilevato a seguito della manovra di Ortolani l’ecografia confermerà la presenza di una displasia, è altrettanto vero che l’assenza di quel segno non è garanzia dell’assenza dell’anomalia.

Inoltre l’assenza del segno clinico della manovra di Ortolani non indica sempre la normalizzazione dell’anca, ma a volte addirittura il peggioramento del quadro morfologico.

Trattamenti e soluzioni per la displasia dell’anca nel neonato

Se diagnosticata precocemente, la displasia dell’anca può essere corretta tramite l’utilizzo di un tutore o di un’imbracatura. Questi dispositivi, infatti, tengono le anche immobilizzate in una posizione corretta tale da consentire un corretto sviluppo dell’acetabolo. I tutori generalmente sono ben tollerati dal neonato, che li porta tranquillamente per tutto il giorno, e vengono tolti solamente per il tempo necessario al bagnetto e al cambio del pannolino.

Nelle forme più gravi o quando la diagnosi arriva dopo i primi sei mesi, si valuta il ricorso a dei gessi correttivi da sostituire ogni mese per poi prevedere l’applicazione del tutore fino alla guarigione. In questi casi intorno al primo anno di vita il bambino andrà incontro a qualche difficoltà motoria per la mancanza di esercizio muscolare. È un ritardo innocuo e transitorio che il bambino recupera piuttosto rapidamente e senza particolari trattamenti.

L’intervento chirurgico è necessario solamente nelle forme più gravi e anche in questi casi al termine dell’operazione si procede con il posizionamento dei gessi fino all’ottenimento della stabilità dell’articolazione.

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  • Neonato (0-1 anno)