Michela Marzano scrittrice e professoressa ordinaria di filosofia morale presso l’Università Paris Descartes, su La Stampa ha parlato di maternità.

Una riflessione potente ed estremamente forte su un argomento che, da sempre, riguarda l’intero genere femminile, ossia diventare madri.

Non sono madre, non lo sarò mai. Sebbene talvolta immagini ancora che, prima o poi, un bimbo arriverà: basta aspettare, mi dico; basta essere pazienti, mi ripeto; ti pare che, prima o poi, non divento mamma? Ma a chi la racconto? Time’s up! Il tempo è scaduto. 

La scrittrice dichiara a cuore aperto che, in tutto questo tempo ha tergiversato, ha scelto di non rischiare, forse per paura di riprodurre cose vissute, paura di prendersi una rivincita sulla vita, perché per anni ha pensato che non ce l’avrebbe mai  fatta: 

Come posso occuparmi di un figlio se non riesco a occuparmi di me stessa. Che cosa gli avrei trasmesso, dolore, preoccupazione? Lo avrei utilizzato per riempire i miei vuoti?

In fondo, diventare genitori è solo uno dei tanti aspetti della propria vita, così come dichiara la scrittrice è “una di quelle cose che contribuiscono a fare di una persona ciò che è, né migliore né peggiore”.

Michela Marzano e il desiderio di maternità

La riflessione della Marzano sulla maternità è così personale, profonda e intima che suscita emozioni forti, contrastanti e, talvolta, difficili da tradurre.

Forse è questa la cosa che mi fa più male: la certezza che mai nessuno mi chiamerà “mamma”; mai nessuno urlerà che non ho capito nulla o che da grande farà tutto il contrario di quello che ho fatto io; mai nessuno mi telefonerà dicendo che ha bisogno delle mie coccole e che gli manco. E quando poi sarò anziana e malata, forse pure demente, chi potrà ricordarmi chi sono stata e da dove vengo? Chi renderà testimonianza dei miei meriti o anche dei miei errori?

Una confessione che trafigge e come scrive nel suo ultimo libro, Stirpe e vergogna, amando un figlio come non si è mai stati amati, si dà ciò che non si ha a chi non lo vuole. L’amore per i figli è sempre quello che serve per aggiustare le proprie miserie, i figli come “prigionieri” per colmare il vuoto dei genitori e prima o poi verranno a chiederti “perché”, perché li hai messi al mondo. Coloro a cui hai dedicato ogni sacrificio, su cui hai investito ogni cosa, sogni, aspettative e speranze potranno trasformarsi nei tuoi aguzzini. Per questo dice:

Forse sono solo un’insopportabile egoista. Non è quello che da sempre rimprovero a tanti genitori? Non è per questo che ho a lungo rimandato, e ho preso tempo, e ho tergiversato fino a che, di tempo, non ce ne fosse più? Ho aspettato, terrorizzata all’idea che un giorno mio figlio potesse rinfacciarmi tutto, compreso il fatto di essere nato. Non me la sono sentita di rischiare, di scommettere, di avere fiducia in me stessa e nel futuro. […] Non sono stata capace di assumere le mie fragilità e le mie debolezze. Ho avuto paura di non essere in grado di diventare una mamma perfetta.

Potete leggere l’articolo di Marzano qui.

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