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Il rischio di trombosi in gravidanza è aumentato dalla ipercoagulabilità e dalla riduzione del ritorno venoso.
Il tromboembolismo venoso può interessare i vasi superficiali (trombosi superficiale) o i vasi che si trovano più in profondità (trombosi profonda). Alla trombosi venosa profonda, può essere associata anche l’embolia polmonare, dovuta al distacco di un trombo nelle vene profonde della gamba o del bacino.
Questo coagulo viene trasportato dal sangue fino all’arteria polmonare, dove ostruisce il passaggio del sangue e dell’ossigeno.
Le donne hanno una probabilità fino a 5 volte più alta di sviluppare una trombosi venosa profonda durante la gravidanza rispetto a quando non sono incinte.
La frequenza della trombosi è simile in tutti e tre i trimestri, ed è più alta anche nelle prime 6 settimane dopo il parto. I fattori di rischio per l’insorgenza di questa patologia includono:
Inoltre, sebbene i dati siano ancora limitati, anche la riproduzione assistita aumenta il rischio di trombosi.
In presenza di questi fattori di rischio, va valutata con il proprio medico la necessità di una profilassi anticoagulante.
Durante la gravidanza, il rischio di sviluppare trombosi è più alto perché si instaura uno stato di ipercoagulabilità, che serve a preparare la donna al parto, evitando emorragie. Inoltre, le pareti delle vene perdono elasticità a causa dell’azione degli ormoni e, di conseguenza, la velocità di ritorno del sangue al cuore si riduce.
In particolare, intorno alle 25-29 settimane di gestazione la velocità del flusso venoso nelle gambe si riduce di circa la metà, per poi ritornare alla normalità circa 6 settimane dopo il parto. Per questo, è consigliabile indossare le calze elastiche.
In più, l’utero crescendo va a comprimere le vene iliache e, in tal modo, ostruisce il flusso del sangue nelle vene. Va considerato anche che durante la gestazione la quantità di sangue circolante aumenta: da 5 fino a 7,5 litri.
Come riconoscere una trombosi? I sintomi che devono far sospettare la presenza della malattia comprendono:
Una delle conseguenze più frequenti della trombosi venosa profonda è l’embolia polmonare: circa il 30% degli episodi apparentemente isolati di embolia polmonare è associato a tromboembolismo venoso profondo silente e nei pazienti che invece presentano sintomi, l’incidenza di embolia polmonare silente varia dal 40 al 50%.
In gravidanza, l’embolia polmonare è la principale causa di morte materna nel mondo sviluppato. Oltre alla mortalità e alla morbilità immediata, ci sono delle conseguenze anche nel lungo periodo, come la sindrome post-trombotica: la maggior parte delle donne che soffrono di trombosi venosa durante la gravidanza possono avere episodi che vanno dall’edema alle ulcerazioni ricorrenti.
Alcuni studi hanno dimostrato che assumere acido folico in gravidanza, oltre a impedire l’insorgere della spina bifida nel feto, diminuisce il rischio di trombosi nella madre.
Per quanto riguarda invece l’uso di anticoagulanti, nella maggior parte dei casi i rischi legati alla loro assunzione superano i benefici. Per cui va attentamente valutato con il proprio medico.
I fattori di rischio più importanti che ne rendono consigliabile l’assunzione sono una storia di trombofilia, ereditaria o acquisita, e precedenti episodi di trombosi.
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