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Il citomegalovirus in gravidanza può mettere a rischio la salute del bambino: non esiste ancora un vaccino contro l'infezione e per questo è fondamentale prevenire il contagio per evitare conseguenze sul neonato.
Appartiene alla famiglia degli Herpesvirus, è molto diffuso e può rimanere asintomatico e latente per tutta la vita, salvo riattivarsi se il sistema immunitario si indebolisce: è il Citomegalovirus (Cmv), un virus che, se viene contratto o se si riattiva durante la gravidanza, può compromettere anche gravemente la salute del feto, causando complicanze a fegato, occhi, sistema nervoso e gastrointestinale.
Il citomegalovirus è uno degli otto virus appartenenti alla famiglia degli Herpesvirus che sono patogeni per l’uomo. È anche uno dei virus più diffuso. Come spiega la Società italiana di Neonatologia (SIN):
Nel corso dell’esistenza dal 40 all’80% degli individui nei Paesi industrializzati e la quasi totalità degli individui nei Paesi in via di sviluppo, va incontro ad infezione da CMV che di norma evolve senza sintomi e si traduce in una infezione latente. In Italia circa il 70-80% della popolazione adulta risulta provvista di anticorpi CMV specifici.
La trasmissione del citomegalovirus avviene con lo scambio di fluidi corporei, come sangue, saliva, urina, sperma, secrezioni vaginali e latte materno. Lo scambio può verificarsi tramite rapporti sessuali e contatto, trasfusioni o trapianti e può passare (in una minima percentuale dei casi) dalla madre al bambino durante la gravidanza o l’allattamento.
Spiega il sito dell’Istituto superiore di Sanità:
La maggior parte degli individui sani, adulti o bambini, che contraggono la malattia non manifesta sintomi e non si accorge dell’infezione, mentre alcuni soggetti sviluppano una forma leggera della malattia con febbre, mal di gola, affaticamento e ingrossamento dei linfonodi.
Nonostante si presenti in genere senza particolari sintomi, l’infezione per le donne in gravidanza è pericolosa per le conseguenze che può avere sullo sviluppo del feto. L’infezione può essere classificata in due diversi tipi, primaria e secondaria.
Nel caso l’infezione si contragga per la prima volta durante la gravidanza viene detta “primaria” e il rischio di trasmissione al feto è piuttosto alto, dal 30 al 50%. Raramente invece le infezioni pregresse si riattivano: il rischio in questo caso va dallo 0,5 al 2%.
Nell’85-90% dei casi in cui un neonato abbia contratto un’infezione congenita, il citomegalovirus si presenta come asintomatico. Solo in casi molto rari la gravidanza si interrompe spontaneamente o il neonato presenta difetti congeniti.
Nel 10% dei neonati che non presentano sintomi, poi, le conseguenze si manifestano più avanti, e riguardano soprattutto difetti dell’udito. Spiega l’AOGOI:
Le conseguenze fetali dell’infezione possono essere morte o ritardo di crescita endouterina, mentre tra i neonati quelli che acquisiscono l’infezione potranno essere: asintomatici (85-90% dei casi), ma nel 10% circa dei neonati si riscontreranno sequele, in particolare un difetto uditivo neurosensoriale che si può rilevare sia alla nascita sia manifestarsi più tardivamente. Sintomatici (10-15%): fetopatia da CMV (microcefalia, calcificazioni periventricolari, dilatazione ventricolare, ipotonia, segni oculari come la corioretinite) nel 50-70% dei casi, o CID (malattia da inclusione cytomegalica) nel 30-50% dei casi (ittero, epatosplenomegalia, petecchie, pneumopatia interstiziale, citolisi con trombopenia).
Il 10-15% dei bambini è invece sintomatico: i sintomi possono essere temporanei (problemi a fegato, polmoni e milza, ittero e petecche, convulsioni) oppure permanenti, anche di grave entità.
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Tra questi ci sono sordità, cecità, ritardo mentale, microcefalia e deficit psicofisico. In questi casi i sintomi possono comparire anche alcuni mesi o anni dopo la nascita; le disabilità permanenti sono più diffuse nei bambini che già alla nascita mostrano alcuni sintomi.
Dal momento che non esiste un vaccino contro il Cmv è fondamentale la prevenzione, anche se limitata data la grande diffusione del virus. Alle donne in gravidanza sono somministrati alcuni test in grado di rilevare la presenza del virus.
Le analisi del sangue indicano la presenza di anticorpi IgC, o immunoglobuline, che si attivano contro il citomegalovirus, ma non è possibile stabilire quando l’infezione è stata contratta e neppure se c’è stata una trasmissione al feto.
Per stabilire se l’infezione è passata dalla mamma al bambino è necessario sottoporsi ad amniocentesi e analisi del sangue fetale. In caso di positività non esistono ad oggi trattamenti di prevenzione della trasmissione dell’infezione.
Se la diagnosi è negativa è quindi utile prestare attenzione a non contrarre il virus durante la gravidanza, curando la propria igiene personale e la pulizia degli ambienti ed evitando possibili contagi. Suggerisce l’Iss:
È sempre buona regola lavarsi le mani con acqua calda e sapone prima di mangiare e di preparare e servire il cibo, dopo aver cambiato i bambini, dopo essere andati in bagno e dopo ogni tipo di contatto con fluidi corporei. È opportuno evitare di scambiarsi posate o altri utensili durante i pasti, soprattutto con bambini piccoli. Più in generale la pulizia della casa e soprattutto delle superfici contaminate da fluidi corporei (come saliva, urina, feci, liquidi seminali e sangue) facilita la prevenzione del contagio.
Al momento non si conoscono trattamenti prenatali efficaci per prevenire la trasmissione dell’infezione dalla madre al feto, né per ridurre le conseguenze di un’infezione congenita. Per quanto riguarda la cura dell’infezione, spiega l’Istituto di sanità
Non si conoscono trattamenti prenatali efficaci e sicuri per prevenire la trasmissione madre-feto dell’infezione né per ridurre le conseguenze di un’infezione congenita. I farmaci disponibili sono estremamente dannosi per il feto. Alcuni farmaci antivirali possono aiutare a controllare l’infezione negli individui immunodepressi.
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