
Come funziona il viaggio che porta l'ovulo fecondato a diventare un embrione e come prosegue lo sviluppo del feto durante tutta la gravidanza, spie...
L'Aids non impedisce una gravidanza, è importante però adottare alcuni accorgimenti per diminuire il rischio di trasmissione fetale del virus dell'Hiv.
La presenza del virus dell’immunodeficienza acquisita o virus dell’Hiv è uno dei fattori da tenere in considerazione durante una gravidanza, ma non la impedisce. Alla donna affetta possono essere somministrati anche prima del concepimento dei farmaci che ostacolano la trasmissione del virus, mentre per l’uomo è possibile ricorrere al cosiddetto “lavaggio dello sperma“, che elimina la presenza del virus dal liquido seminale.
Il virus Hiv può essere trasmesso dalla madre al bambino nel corso della gravidanza, durante il parto, o con l’allattamento al seno. Anche se il virus è stato isolato da tessuti fetali già alla 12^ settimana di gestazione, almeno i due terzi delle infezioni in bambini non allattati al seno potrebbero essere state acquisite nell’ultima parte della gravidanza, durante il travaglio o il parto.
Nuove interessanti prospettive per la ricerca sono state aperte da recenti segnalazioni, secondo le quali taluni individui, tra cui alcuni neonati, pur essendo stati esposti al virus Hiv non si sono infettati o sono stati capaci di eliminarlo spontaneamente grazie alle caratteristiche del proprio sistema immunitario.
Nella trasmissione verticale dell’infezione da Hiv, oltre a fattori relativi al rapporto virus/ospite sono dunque determinanti condizioni propriamente ostetriche. È attualmente oggetto di studio il ruolo della placenta con le sue funzioni di barriera e di trasporto selettivo.
Il parto può essere uno dei momenti maggiormente a rischio per la trasmissione del virus, sia per quanto riguarda la possibilità che si verifichino contatti tra il sangue materno e quello fetale attraverso microtrasfusioni possibili nel corso del travaglio, in particolare se prolungato, sia per le possibilità di risalita del virus e/o esposizione prolungata, come nel caso di rottura prematura delle membrane.
Dopo la nascita il bambino sarà comunque sottoposto a una profilassi farmacologica antiretrovirale.
L’allattamento al seno costituisce un fattore di rischio per la trasmissione dell’HUV nel neonato indipendentemente dai fattori pre- e perinatali. È stata dimostrata l’infezione in bambini allattati al seno le cui madri avevano contratto l’HIV dopo il parto, ad esempio per una trasfusione, e l’allattamento materno aumenta il rischio di infezione nei bambini esposti in utero.
L’allattamento al seno se la mamma è sieropositiva è pertanto sconsigliato ed è da evitare nei paesi industrializzati, nei quali la disponibilità e la sicurezza di impiego dei latti adattati superano qualsiasi vantaggio residuo dell’allattamento materno. Diversa è la situazione nei paesi invia di sviluppo, dove non esistono alternative sicure al latte materno.
Attualmente in sede di counselling ostetrico non è possibile dare a una donna sieropositiva che desideri avere un figlio una risposta definitiva sul suo personale rischio di avere un bambino infetto. Tale rischio non può essere né escluso né assicurato. Hanno trasmesso l’infezione madri asintomatiche, con virus poco invasivi, a bassa capacità di replicazione, senza particolari complicanze ostetriche, e non lo hanno fatto donne in Aids con gravidanze patologiche e parti distocici.
Nel contesto europeo e nordamericano l’infezione da Hiv non sembra avere di per sé influenza negativa sul decorso della gravidanza e sullo sviluppo del feto, in particolare per le donne asintomatiche, mentre gli studi sulle popolazioni africane riportano una maggiore frequenza di esiti perinatali sfavorevoli, quali prematurità, ritardato accrescimento intrauterino, mortalità entro le prime quattro settimane di vita.
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Le attuali conoscenze non permettono ancora conclusioni definitive riguardo l’impatto della gravidanza sulla storia naturale dell’infezione da Hiv materna. La gravidanza impone all’organismo un periodo di immunodepressione finalizzata alla tolleranza del feto, fatto che non sembrerebbe accelerare la progressione della malattia in donne asintomatiche in buon compenso immunitario.
Diverso sembra essere per le donne in stadio già avanzato di malattia: in tali casi la gravidanza può compromettere una situazione clinica già precaria, precipitando o aggravando un Aids conclamato.
Come anticipato, avere il virus dell’Hiv non è di per sé un impedimento alla gravidanza, ma per la salute del nascituro è bene intraprendere alcune misure preventive volte a diminuire il rischio di contagio. Per questo motivo già prima della gravidanza e comunque nel corso della gestazione alla donna vengono somministrati dei farmaci in grado di abbattere la carica virale dell’Hiv e quindi ostacolarne la trasmissione.
Per impedire che la trasmissione del virus avvenga durante il parto il medico nella maggior parte dei casi programma un taglio cesareo, in modo da impedire che il bambino si contagi durante il passaggio del canale del parto.
Altro elemento fondamentale rimane la prevenzione: per evitare di contrarre il virus bisogna proteggersi con il preservativo durante i rapporti sessuali. È utile anche effettuare periodicamente il test per l’Hiv, in modo da intervenire tempestivamente.
Durante le prime settimane di gravidanza il test viene effettuato di routine: il test per l’Hiv viene proposto in sede di counselling, nel corso cioè di un colloquio che ne spieghi il significato e la necessità per la salute della donna e del bambino, avendo già ben chiaro in mente ciò che andrà detto e come, e a chi eventualmente indirizzare il paziente, nella malaugurata ipotesi di un test positivo.
A dare un quadro della situazione circa la diffusione del virus è il Registro italiano per l’infezione da Hiv in pediatria, a cui dal 1985 ad oggi sono stati segnalati oltre 10mila bambini con infezione da Hiv o nati da madre con infezione da Hiv:
Attualmente in Italia sono seguiti oltre 700 bambini e adolescenti infetti, con un’età media di 13 anni e oltre 500 bambini nati ogni anno da madri HIV positive. Il tasso di trasmissione perinatale dell’infezione da HIV è andato, nel corso degli anni, riducendosi: alla fine degli anni ‘90 si aggirava intorno al 10% mentre recentemente è sceso sotto il 2%.
In generale il numero di contagi si è stabilizzato negli ultimi anni, ma ogni anno si registrano circa 3.500 nuove diagnosi di Hiv.
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