L’endometriosi è una condizione caratterizzata dalla disseminazione e dalla crescita di tessuto endometriale in sedi ectopiche, cioè anomale. Le sedi anatomiche ectopiche dell’endometriosi sono ovaio, tube di Falloppio, intestino, perineo.

Esistono due tipi di endometriosi: l’endometriosi interna (detta anche adenomiosi), quando l’endometrio fuori sede si trova nello spessore del miometrio, e endometriosi esterna, quando il tessuto endometriale si trova nelle pelvi. La notevole variabilità nella localizzazione dei focolai endometriosici e nel grado di attività (e quindi di gravità ) delle lesioni, spiega l’estrema eterogeneità dei quadri clinici.

Come si cura l’endometriosi

Il trattamento dell’endometriosi dipende dal sintomo principale e dallo stadio della malattia. Nelle donne il cui unico o prevalente sintomo sia costituito dalla sterilità, l’approccio chirurgico iniziale è la terapia d’elezione; in caso di algie pelviche in donne non più desiderose di prole è giustificato invece un approccio preliminare con terapie mediche (agonisti del GnRH, danazolo, progestinici) e, solo in un secondo momento, un approccio chirurgico.

L’utilità del trattamento medico pre-operatorio è controversa. Alcuni Autori ritengono che tale terapia induca la riduzione numerica e volumetrica dei focolai endometriosici, la riduzione della flogosi e della congestione pelvica, e ciò faciliti la dissezione delle lesioni ed il controllo intraoperatorio dell’emostasi.

Il trattamento medico post-operatorio è invece unanimemente ritenuto utile nell’eliminare focolai residui di endometriosi macro e microscopica in pazienti con malattia estesa, riducendo così significativamente il rischio di recidive.

La laparoscopia riveste un ruolo cruciale nella diagnosi e nella terapia dell’endometriosi: essa permette infatti non solo la conferma diagnostica di endometriosi e la sua stadiazione, ma anche la contemporanea effettuazione di numerose procedure di chirurgia per lo più conservativa, il cui scopo principale è la rimozione, possibilmente completa, di aderenze e di impianti endometriosici, nel rispetto dell’integrità anatomo-funzionale della pelvi.

È stato infatti dimostrato che gli impianti endometriosici possono contenere ghiandole e stroma attivi, che possono determinare la progressione della malattia e della sintomatologia correlata (infertilità e dolore).

Gli interventi comprendono l’adesiolisi, la resezione, la vaporizzazione o coagulazione di piccoli impianti endometriosici, ovarici o peritoneali; l’escissione e la vaporizzazione di endometriomi; l’ablazione segmentaria dei legamenti utero-sacrali.

Nell’endometriosi severa, l’approccio laparoscopico può risultare difficoltoso anche per operatori esperti, ma solo raramente è necessario convertire l’intervento per via laparotomica.

Prima di iniziare il trattamento laparoscopico, va introdotta nell’utero una cannula da utilizzare come manipolatore ed iniettore. Oltre alla via d’accesso per il laparoscopio, in funzione dell’estensione e della sede dei focolai endometriosici, possono essere necessari da 2 a 3 vie accessorie in sede sovrapubica per l’introduzione di sonde, pinze da presa e dissezione, strumenti per coagulazione mono e bipolare, e cannula lavaggio-aspirazione.

Endometriosi e laparoscopia

Il primissimo tempo della chirurgia prevede una preliminare, accurata esplorazione della pelvi e della cavità addominale allo scopo di eseguire una corretta stadiazione della patologia.

Si procede dunque all’adesiolisi: aderenze sottili, velamentose e avascolari, tese fra due piani tissutali possono essere tagliate per via smussa; tralci fibrosi più spessi e consistenti richiedono la messa in trazione con pinze e la sezione con forbici.

Qualora le aderenze si presentino vascolarizzate è necessario invece che la sezione dei fasci fibrovascolari sia sempre preceduta da elettrocoagulazione con pinza bipolare.

Regola generale da seguire in corso di adesiolisi da patologia endometriosica è, inoltre, quella di non limitarsi a recedere, ma rimuovere le aderenze, in quanto, come abbiamo già sottolineato, esse possono contenere focolai ghiandolari e stromali capaci di riattivare ed esacerbare la malattia.

Per quanto riguarda i focolai di endometriosi, di solito una semplice elettrocoagulazione è sufficiente in caso di lesioni di ridotta estensione specie se a sede peritoneale; lesioni più estese richiedono invece, generalmente, un’escissione chirurgica. Analogamente, endometriomi ovarici di piccole dimensioni (fino a 10-20 mm) possono essere trattati con elettrocoagulazione.

Per lesioni più estese è necessaria invece una totale asportazione della cisti, procedura che talora può risultare particolarmente impegnativa a causa delle frequenti aderenze della parete posteriore dell’ovaio alla pelvi.

In questi casi, prima di procedere allo scapsulamento della cisti è necessaria la mobilizzazione dell’ovaio, prassi frequentemente associata a rottura della formazione cistica e alla conseguente fuoriuscita del caratteristico liquido color cioccolata che andrà eliminato previo lavaggio-aspirazione del cavo peritoneale.

Negli stadi più avanzati l’endometriosi può invadere a tutto spessore organi importanti quali la vescica o l’intestino e talvolta si rende necessaria l’asportazione di una porzione vescicale o la resezione di un tratto intestinale.

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