Tra le principali tecniche di fecondazione assistita di I livello (nelle quali il concepimento avviene all’interno dell’utero e non in laboratorio) troviamo l’IUI, l’inseminazione intrauterina. Parliamo di una procedura complessivamente semplice e spesso eseguita prima di altri trattamenti per la fertilità.

L’IUI lavora prevalentemente sul liquido seminale maschile che viene selezionato prima di essere introdotto all’interno dell’utero.

IUI, l’inseminazione intrauterina: cos’è

L’inseminazione intrauterina è quella procedura che prevede la raccolta di un campione di liquido seminale maschile che, dopo essere stato analizzato, lavato e concentrato, viene introdotto all’interno dell’utero tramite un piccolo catetere.

La particolarità di questa tecnica è che prevede l’utilizzo solamente di spermatozoi di alta qualità, quelli che avrebbero una maggiore possibilità di fecondare l’ovulo femminile. Questo perché, come precisato dal Cleveland Clinic, solo il 5% degli spermatozoi presenti in un eiaculato è in grado di viaggiare dal canale vaginale fino all’utero.

Come funziona l’inseminazione intrauterina?

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Fonte: iStock

Trattandosi di una tecnica semplice e non invasiva la parte più “complessa” dell’inseminazione intrauterina è quella preparatoria. In questa fase, come spiegato dal Mayo Clinic, bisogna prevedere la raccolta e la preparazione del campione di seme (che può essere del partner o di un donatore esterno), il monitoraggio dell’ovulazione e l’individuazione del periodo migliore in cui eseguire l’inseminazione vera e propria. La stimolazione ovarica può essere prevista, ma non è indispensabile.

Per aumentare il successo dell’IUI è fondamentale effettuare l’inseminazione nel miglior periodo possibile; per questo è fondamentale monitorare costantemente tutti i sintomi dell’ovulazione, sia attraverso gli appositi stick che tramite un’ecografia transvaginale che permette al medico di visualizzare le ovaie e la crescita dell’ovulo. Generalmente l’inseminazione intrauterina viene eseguita 1-2 giorni dopo l’ovulazione e l’inseminazione in sé dura pochissimi minuti.

Durante il trattamento (che viene eseguito senza anestesia in quanto non è doloroso), la donna viene fatta sdraiare sul lettino tenendo le gambe divaricate come durante una normale visita ginecologica. Quindi il medico preparare la fiala contenente il liquido seminale maschile selezionato e la fissa all’estremità del catetere per poi, dopo aver introdotto lo speculum nella vagina, inserirlo nel canale vaginale, iniettare lo sperma e poi estrarre il catetere.

Al termine della procedura viene richiesto di rimanere in posizione supina per un breve periodo di tempo prima di potersi alzare, vestire e tornare a svolgere le normali attività quotidiane. Dopo il trattamento si possono provare crampi lievi e perdite vaginali per un paio di giorni.

Per conoscere l’esito dell’inseminazione intrauterina è necessario attendere al meno un paio di settimane prima di eseguire un test di gravidanza, anche di quelli domestici. Il medico che ha eseguito l’IUI può fissare in quel periodo una visita di controllo e, in caso di esito negativo, proporre un nuovo ciclo di inseminazione intrauterina prima di valutare il ricorso a tecniche di II livello.

Nonostante si tratti di una tecnica semplice e sicura l’inseminazione intrauterina non è esente da rischi. Vi è la possibilità di andare incontro a gravidanze multiple (specialmente nei casi di assunzione di farmaci per la fertilità), sindrome da iperstimolazione ovarica (nei casi di un’eccessiva assunzione di farmaci per stimolare l’ovulazione) e infezione. È possibile anche assistere a un lieve sanguinamento vaginale come effetto dell’introduzione del catetere, ma questo non genera conseguenze sulla possibilità di ottenere una gravidanza.

Chi può ricorrere alla IUI (e quando)

In Italia, come per tutte le tecniche di procreazione medicalmente assistita, anche per accedere all’inseminazione intrauterina è necessario che un medico accerti l’infertilità, la condizione per cui, dopo 12-24 mesi di rapporti mirati, un concepimento spontaneo per vie naturali è impossibile, estremamente remoto o condizionato da trattamenti farmacologici o chirurgici.

Come evidenziato in questo studio l’inseminazione intrauterina è una tecnica finalizzata a superare le condizioni naturali che possono ostacolare la risalita dello sperma nel tratto riproduttivo femminile e per questo motivo è una tecnica che si può rivelare utile per quelle realtà che hanno una funzionalità normale delle tube e l’infertilità è dovuta a fattori cervicali, anovulazione, fattori maschili moderati, fattori immunologici, disturbi dell’eiaculazione o casi di infertilità sine causa.

Ci sono invece condizioni nelle quali l’IUI non è una scelta consigliata. È il caso delle donne con tube di Falloppio ostruite, grave endometriosi, bassa riserva ovarica, ovuli di bassa qualità e infertilità maschile grave. Inoltre per le donne con più di 30 anni questa tecnica potrebbe rivelarsi meno efficace.

Le percentuali di successo dell’IUI

L’Human Fertilisation & Embryology Authority riferisce come le probabilità di successo dell’inseminazione intrauterina sono circa un terzo rispetto a quelle della fecondazione in vitro, questo perché, una volta che gli spermatozoi sono stati iniettati nell’utero ci sono ancora tutta una serie di fattori naturali che possono condizionare tanto il concepimento quanto l’impianto dell’utero e che potrebbero non portare all’inizio di una gravidanza.

Possono accedere all’inseminazione intrauterina solamente le coppie maggiorenni, eterosessuali e con un rapporto stabile e questa tecnica, così come previsto dalla Legge 40/2004, è il primo step cui si ricorre quando si accede alla PMA.

In generale l’IUI porta a una gravidanza nel 20% dei casi, soprattutto quando è prevista l’assunzione di farmaci per la fertilità. Questi tassi di successo sono simili a quelli di un normale concepimento e l’efficacia del trattamento dipende prevalentemente dalla causa di infertilità sottostante e dall’età della donna. Per questo motivo la percentuale di successo è maggiore (17.6%) nelle donne tra 20 e 30 anni e si abbassa con il passare degli anni (13.3% per le donne fino a 35 anni, 13.4% per quelle fino a 38 anni, 10.6% per le donne fino a 40 anni e 5.4% dopo i 40 anni.

Nel nostro Paese, così come riportato dal Il Sole 24 Ore, nel 2018 sono nati 1386 bambini da tecniche di PMA di I livello rappresentando più del 90% di tutti i cicli di trattamento. Solo nell’8.6% dei casi si è fatto ricorso all’inseminazione intrauterina eterologa, quella eseguita tramite donazione di spermatozoi, che ha portato alla nascita di 107 bambini.

Inseminazione intrauterina: i costi e dove farla

Mediamente per accedere all’IUI bisogna considerare un costo di circa 700/1200€ che varia sia al tipo di inseminazione effettuata (omologa, più economica, o eterologa, più costosa) che all’eventuale trattamento farmacologico preparatorio cui ci si sottopone.

Per trovare il centro al quale rivolgersi per sottoporsi a un’inseminazione intrauterina è possibile consultare il Registro Nazionale Procreazione Medicalmente Assistita dove sono elencati tutti i centri presenti nel territorio Italiano, suddivisi per provincia, e per ciascuno dei quali è indicato il livello di tecniche di PMA eseguite.

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