Infertilità femminile: quali sono le cause e come si arriva alla diagnosi

Nella ricerca delle cause della sterilità femminile, la donna deve essere sottoposta, prima di procedere ad una fase terapeutica, ad un'attenta valutazione. In tal modo, lo specialista può avere un quadro preciso della paziente da un punto di vista ormonale, organico e funzionale.

Quando una gravidanza desiderata non arriva per almeno 12 mesi il medico indirizza la coppia verso una serie di esami per lo studio della fertilità della coppia, volti a individuare gli eventuali problemi.

L’infertilità femminile è causa dell’infertilità della coppia nel 35-40% dei casi e può colpire fino al 15% delle donne in età fertile. Le più comuni cause dell’infertilità femminile sono alterazioni ormonali, problemi a carico delle tube, patologie dell’utero e patologie genetiche o infezioni. Di particolare rilevanza è l’età della donna che svolge un ruolo importante, in quanto le percentuali di gravidanza diminuiscono con il tempo.

Data la molteplicità delle variabili da considerare appare evidente quanto sia dirimente eseguire una attento studio al fine di identificare eventuali cause organiche o funzionali.

Con un’approfondita visita ginecologica innanzitutto è possibile osservare eventuali anomalie a carico dell’apparato riproduttivo della donna, che possono rendere più difficile il concepimento.

Durante la visita si esegue solitamente un’ecografia transvaginale che consente di osservare l’anatomia dell’utero, dell’endometrio e delle ovaie, ed è utile anche per individuare fibromi uterini o cisti.

Il medico valuta inoltre il quadro generale di salute della donna e la familiarità con specifiche patologie che possono ostacolare una gravidanza.

Le cause dell’infertilità femminile

Tra i diversi motivi che possono portare all’infertilità della donna, e in alcuni casi arrivare alla sterilità vera e propria, si trovano:

  • anomalie tubariche o pelviche: malformazioni delle tube di Falloppio, chiusura delle salpingi etc.;
  • irregolarità nell’ovulazione e scompensi ormonali;
  • anomalie a carico dell’utero o dell’endometrio: è il caso dell’endometriosi, ma anche della presenza di fibromi o cisti o di aderenze uterine;
  • patologie della cervice uterina: il muco è “ostile” al passaggio degli spermatozoi;
  • infezioni: alcuni microrganismi possono ostacolare il concepimento.

In alcuni casi, poi, le cause dell’infertilità non sono riconosciute, e si parla quindi di infertilità idiopatica.

I test e gli esami per l’infertilità femminile

Indispensabile nella valutazione della fertilità della donna è innanzitutto la visita ginecologica che prevede un’accurata raccolta della storia familiare e clinica con un attento esame obiettivo generale e dei genitali.

Seguono poi dosaggi ormonali e indagini strumentali. I dosaggi ormonali più frequentemente richiesti dal ginecologo servono a misurare FSH, LH, estradiolo e prolattina, specialmente durante il ciclo mestruale. A questi esami si aggiungono il dosaggio di progesterone, TSH, fT4 e AMH (ormone antimulleriano).

In sintesi, gli esami utili per indagare la fertilità femminile sono di diverso tipo:

  • Dosaggi ormonali;
  • Ecografia transvaginale o ecografia in 3D;
  • Valutazione anatomico funzionale: isterosalpingografia, isteroscopia, laparoscopia;
  • Valutazione infettivologica: tamponi vaginali completi;
  • Screening micro-biologico genito-urinario;
  • Mappa cromosomica: Particolarmente indicata nel caso di poliabortività al fine di individuare traslocazioni Robertsoniane o in ogni modo nel caso di programmi di fecondazione in vitro.

I test per valutare l’ovulazione

Un altro elemento importante per la diagnosi di sterilità è la valutazione dell’ovulazione, che viene eseguita tramite il monitoraggio ecografico di un ciclo mestruale spontaneo. Questo test serve per confermare l’ovulazione, valutare il muco cervicale ed eseguire il post coital test (pct). Vediamo questi esami nel dettaglio:

Cervical score

Lo stimolo estrogenico induce una modificazione del muco cervicale, in termini di densità, consistenza e quantità, nonché una progressiva dilatazione dell’orifizio uterino esterno. Indica una possibile prossima ovulazione. A metà ciclo il muco contiene il 95-98% di acqua e dovrebbe essere fluido, chiaro, acellulato e abbondante. Se lasciato asciugare su un vetrino deve formare un chiaro disegno a felce.

La filamentosità del muco a metà ciclo deve essere di 8-10 cm. La presenza di un muco di consistenza inadeguata a metà ciclo è una barriera al passaggio degli spermatozoi e può quindi rappresentare un ostacolo al concepimento.

Post coital test

Questo test permette di ottenere informazioni sulla ricettività del muco cervicale e sulla capacità degli spermatozoi di raggiungere e sopravvivere nel muco. Viene eseguito nel momento in cui si presuppone avvenga l’ovulazione. Si effettua mediante prelievo entro 2 ore dal rapporto. Il rapporto muco/spermatozoi viene valutato attraverso la conta e la motilità degli spermatozoi presenti a livello vaginale e cervicale.

Come si valuta l’ovulazione

Per accertare la presenza dell’ovulazione, cioè il rilascio di un ovocita dai follicoli, si utilizzano diverse metodiche:

1. Misurazione della temperatura corporea basale;
2. Test del muco cervicale;
3. Dosaggio del progesterone;
4. Ecografia e biopsia endometriale.

1. La misurazione della temperatura basale

test sterilità femminile temperatura basale

Il sistema diagnostico più economico e di più facile esecuzione per valutare lo stato ovulatorio è la registrazione della temperatura corporea basale.

Tale metodica consente una valutazione indiretta dell’attività ovarica dal momento che gli steroidi ovarici agiscono a livello dei centri termoregolatori del sistema nervoso centrale, influenzando la temperatura corporea.

In particolare, gli estrogeni determinano una riduzione della temperatura corporea, mentre il progesterone la innalza: ciò spiega l’abbassamento di 0,5-1 °C rilevabile al momento dell’ovulazione, che viene correlato al picco estrogenico.

La temperatura corporea basale va rilevata quotidianamente al risveglio dopo il normale riposo notturno.

2. Il test del muco cervicale

Con il test del muco cervicale è possibile valutare le modificazioni quali-quantitative di questo secreto ghiandolare, tipiche del periodo ovulatorio (abbondante, fluido, con filamentosità  > 9 cm e con cristallizzazione a foglia di felce completa).

3. Il dosaggio del progesterone

Il dosaggio del progesterone plasmatico si effettua nella fase medioluteinica, cioè al 21°-22° giorno del ciclo ovarico. Se si riscontrano livelli superiori a 30 nmol/l è molto probabile che sia avvenuta l’ovulazione.

4. L’ecografia e la biopsia endometriale

In casi particolari per indagare le cause dell’infertilità femminile si ricorre ad indagini strumentali (l’ecografia) ed eventualmente anche al prelievo di un campione endometriale per l’esame istologico (quest’ultimo in grado di rilevare le modificazioni secretorie che si verificano nell’endometrio in caso di ovulazione).

I dosaggi ormonali

Nella fase di studio della coppia infertile, è opportuno effettuare anche il dosaggio di ormoni specifici (oltre a FSH, LH e progesterone), come prolattina, gonadotropina e ormoni tiroidei.

La prolattina è un ormone prodotto nell’adenoipofisi e contribuisce alla regolazione del ciclo mestruale e della lattazione. Livelli plasmatici elevati di prolattina determinano sterilità, amenorrea e galattorrea.

In presenza di iperprolattinemia si sospetta inoltre la presenza di un tumore prolattino-secernente. Elevati livelli di FSH sono indicativi di una disfunzione primitiva dell’ovaio. Una bassa concentrazione di questo ormone è riscontrabile invece nell’ipogonadismo ipogonadotropo.

Al contrario, elevati livelli di LH si riscontrano in donne con ovaio policistico. Frequenti cause di sterilità femminile sono l’iper e l’ipotiroidismo.

Gli esami strumentali per la fertilità femminile

Se le indagini volte a valutare lo stato ovulatorio rilevano che quest’ultimo è normale, è opportuno eseguire ulteriori test diagnostici specifici. Tra questi si trovano:

  • isterosalpingografia: iniezione in utero di un mezzo di contrasto la cui progressione nelle tube può essere seguita mediante esame radiografico. In tal modo è possibile valutare la pervietà e la morfologia tubarica, nonché riconoscere eventuali malformazioni o patologie uterine.
  • isteroscopia: è un esame basato sulla visualizzazione diretta della cavità uterina mediante l’introduzione di un’ottica collegata ad una telecamera. Permette la diagnosi di patologie malformative congenite della cavità uterina o eventuale presenza di neoformazioni.
  • laparoscopia: Consiste nell’introdurre, in anestesia generale, un endoscopio nella cavità addominale attraverso una piccola incisione praticata in prossimità dell’ombelico. Si insuffla poi anidride carbonica in modo da distendere la cavità addominale e separare i vari organi in essa contenuti. La laparoscopia consente la visione diretta delle ovaie, delle tube e della superficie esterna dell’utero. È possibile così individuare eventuali cisti ovariche, aderenze e foci di endometriosi.

Gli esami per rilevare le infezioni

Nello studio della paziente infertile è opportuno individuare e trattare le possibili infezioni che possono ostacolare il concepimento. Gli agenti patogeni più frequenti sono:

  • Miceti o funghi (come la candida) che alterano il ph e il normale ambiente vaginale riducendo la sopravvivenza degli spermatozoi e ostacolandone lo spostamento;
  • Micoplasmi (ed esempio Ureaplasma) che legandosi riduce la motilità degli spermatozoi;
  • Chlamydia, responsabile di malattia infiammatoria pelvica e di salpingiti che possono esitare in occlusioni tubariche e formazione di aderenze, la cui presenza può anche alterare i normali rapporti tubo-ovarici;
  • Escherichia coli, Streptococco, Enterococco e altri;

Una corretta diagnosi microbiologica è fondamentale anche per poter eseguire gli esami che si basano sull’introduzione in utero di liquidi, come l’isteroscopia, l’isterosalpingografia e l’isterosonografia.

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