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Facciamo chiarezza sui test di screening e gli esami prenatali, scoprendo nel dettaglio cos'è, come funziona e a cosa serve il Test del DNA fetale.
Per questo motivo le indagini con test di screening ed esami prenatali, tra cui rientra anche il Test del DNA fetale, stanno sempre molto a cuore ai genitori.
Quando si parla di test di screening e di esami prenatali bisogna, nonostante erroneamente vengano utilizzati come sinonimi, distinguere tra due diverse modalità di indagine.
La distinzione tra “invasivo” e “non invasivo” indica la possibilità che quell’esame possa essere rischioso per la salute del bambino (e di un aborto spontaneo) o della mamma.
Le tecniche di diagnosi prenatale “comprendono indagini strumentali e di laboratorio, sviluppate negli ultimi 50 anni, con l’obiettivo di monitorare il concepito, a partire dalle prime fasi dello sviluppo embrionale fino ai momenti che precedono il parto”.
Alcuni, ma non tutti, dei test di screening sono erogati gratuitamente alle donne in gravidanza. Tra quelli che il Sistema Sanitario Nazionale non prevede troviamo il Test del DNA fetale, un esame non invasivo che può essere molto utile per individuare le anomalie cromosomiche del feto. Come indica il nome stesso, infatti, si tratta di un test che indaga sul DNA del feto.
La scelta di sottoporsi a questo o quel test di screening o esame prenatale spetta alla donna, supportata dal proprio partner e dalle indicazioni del medico che segue la gravidanza. Si tratta infatti di una scelta che coinvolge diversi aspetti della vita e che deve essere ponderata con attenzione. Nell’eseguire i test invasivi, infatti, è fondamentale valutare sia i benefici sia i costi (non solamente economici) che un esame di questo tipo può determinare.
Considerando la delicatezza dell’argomento e per fornire risposte autorevoli sul Test del DNA fetale abbiamo intervistato il Dottor Alvaro Mesoraca, biologo specialista in Genetica Medica, che ci ha spiegato, tra le altre cose, in cosa consiste il test, quando è consigliato farlo e come vanno interpretati i risultati.
Dottor Mesoraca, quali informazioni restituisce questo tipo di test?
Un risultato ottimale del test del DNA fetale, correlato a una frazione fetale buona (la percentuale del DNA fetale estrapolata dal campione di sangue materno), indica l’assenza delle anomalie cromosomiche principali dei cromosomi 21, 18, 13, appunto la sindrome di Down, la sindrome di Edwards, la sindrome di Patau, indica il sesso fetale e l’assenza delle aneuploidie dei cromosomi del sesso X e Y. Nei livelli di approfondimento ulteriori oggi possibili, può indicare l’assenza delle sindromi da microdelezione più frequenti (per esempio la sindrome di Di George) ma anche l’esclusione di malattie da singolo gene (come la Fibrosi Cistica).
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In cosa consiste il Test del DNA fetale?
Il test del DNA fetale (NIPT: Non Invasive Prenatal Test) è un esame prenatale non invasivo che studia il DNA fetale libero circolante isolato da un campione di sangue materno. Rileva le aneuploidie fetali più comuni (trisomia dei cromosomi 21, 13, 18) in gravidanza ma oggi grazie alla ricerca ed all’innovazione tecnologica è possibile indagare su patologie cromosomiche e geniche più rare.
Qual è la differenza con gli altri test di screening neonatale?
I test di screening neonatali alternativi allo studio del DNA fetale prendono in considerazione la valutazione dell’ecografia della nuca fetale, la NT (Nucal Translucency) e il dosaggio della Papp-A e Beta HCG; il cosiddetto Bitest. Tale esame, mediamente, ha una sensibilità del 92%. Il Test del DNA Fetale è un test più accurato. Anche se i risultati non hanno valore diagnostico assoluto e devono essere valutati nel contesto dei quadri clinici e della anamnesi familiare, la sensibilità e l’accuratezza sfiorano il 99,9%.
Si ritiene invece utile l’ecografia del I trimestre con valutazione della NT, dal momento che tale valore possa ricondurre alla presenza di malattie genetiche rare. Le Linee Guida scientifiche internazionali, infatti, ritengono che abbinato allo studio ecografico della translucenza nucale, il test del DNA fetale rappresenta un superamento dei tradizionali test combinati compresi negli screening del primo trimestre (esempio Bi-test, Tri-test, ecc.).
Quando è utile farlo? E da quale momento della gravidanza si può eseguire?
Il test del DNA fetale è possibile eseguirlo dopo la decima settimana di gravidanza e può essere offerto nei seguenti casi: donne in gravidanza a qualsiasi epoca gestazionale, quando è controindicata la Diagnosi Prenatale Invasiva e nei casi in cui vi è necessità di valutare il rischio di malattie genetiche dovute a singoli geni. Inoltre può essere eseguito in caso di gravidanze gemellari, fecondazione autologa o eterologa, quando vi è il rischio di patologia cromosomica fetale e, ancora, in presenza di traslocazione bilanciata in uno dei coniugi. Altre motivazioni possono essere rilevate in sede di consulenza genetica.
Come vanno interpretati i risultati ottenuti dal test?
Il risultato indicherà il sospetto aumentato di una delle malattie indagate. In tal caso si ricorre all’esame prenatale invasivo (villocentesi o amniocentesi). Oppure la presenza di un basso rischio riguardo le patologie indagate. Il risultato del sesso fetale sarà chiaramente descritto nel genere di sesso maschile o femminile. Il risultato conterrà anche la percentuale relativa alla Frazione fetale, che dovrà essere superiore al 4% altrimenti l’esito non sarebbe certo.
Dottor Mesoraca, mediamente quali sono i costi per lo svolgimento di questo test?
La tecnologia impiegata per lo studio del DNA fetale ha costi ancora alti. Un test di base che studia i cromosomi 21, 13, 18, X, Y ha prezzi medi al pubblico di circa 450 euro. Livelli più approfonditi che indagano tutta la mappa cromosomica fetale e le sindromi da microdelezione possono costare circa 900 – 1000 euro.
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