La varicella è una malattia tendenzialmente pediatrica che si contrarre prevalentemente entro i 9 anni di età. Secondo i dati dell’Associazione dei Ginecologi Italiani: ospedalieri, del territorio e liberi professionisti (AOGOI), infatti, l’incidenza nei primi anni di vita è molto elevata, mentre si abbassa radicalmente (7%) tra i 14 e i 45 anni. Inoltre, come riportato dall’American Pregnancy Association, il 95% delle donne in età fertile sono immuni alla varicella.

Eppure, nonostante questo, contrarre la varicella in gravidanza continua a essere un rischio serio per il quale, anche per le conseguenze gravi che può provocare, è fondamentale non sottovalutarne la portata. Complici, infatti, i soggetti non vaccinati e, come evidenziato in questo studio, il miglioramento dei servizi igienico-sanitari, la diffusione della varicella in età adulta sta aumentando.

Ecco quindi che è doveroso conoscere meglio questa condizione andando a porre l’attenzione soprattutto su cosa fare per prevenire il contagio e quali sono i rischi dell’infezione sia sulle donne in gravidanza che sul feto.

Cos’è la varicella?

L’Istituto Superiore di Sanità definisce la varicella come una “malattia infettiva altamente contagiosa provocata dal virus Varicella zoster (Vzv), della famiglia degli Herpes virus”. È un’infezione che si trasmette esclusivamente da uomo a uomo la cui maggiore incidenza si ha durante la stagione invernale e primaverile con epidemie cicliche che si manifestano ogni 2-3 anni.

Una volta contratta l’infezione si è immuni; il sistema immunitario produce il relativi anticorpi che impediscono di sviluppare nuovamente la malattia.

I sintomi della varicella

La presentazione clinica della varicella è la medesima nella popolazione generale e nelle donne in gravidanza. Si manifesta, dopo un periodo di incubazione di un paio di settimane, con febbre, malessere generale, mal di testa e l’esantema pruriginoso, il sintomo principale che facilita la diagnosi della varicella.

Per diversi giorni sul viso, la testa, gli arti e il tronco si manifestano dalle 250 alle 500 lesioni che evolvono in vescicole, pustole e infine in croste granulari che poi tendono a cadere.

La varicella è un’infezione altamente contagiosa la cui trasmissione avviene o tramite le secrezioni rinofaringee o mediante il contatto con il liquido delle vescicole.

La varicella in gravidanza è pericolosa?

Nonostante sia rara (si stima che si verifichi in ogni 0,7 casi su 1000 gravidanze), la varicella può essere contratta in gravidanza e, per questo, essere trasmessa al feto.

Se in età pediatrica la varicella si manifesta con sintomi lievi ed è una malattia benigna che si risolve nel giro di massimo 10 giorni, durante la gravidanza può avere conseguenze molto serie. L’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù specifica come la varicella in gravidanza può avere conseguenze importanti per la salute, specialmente se contratta tra la tredicesima e la ventesima settimana di gestazione.

La trasmissione dell’infezione può avvenire in utero durante la gravidanza o al momento del parto. Molto dipende dal tipo di infezione (verso il termine della gestazione il rischio di trasmissione è del 25% mentre scende al di sotto dell’1% se contatta nella prima metà della gravidanza), dalla presenza di anticorpi materni e dalla modalità del parto.

Come prevenire la varicella in gravidanza

vaccino covid gravidanza

L’unica forma di prevenzione possibile è l’immunizzazione che può essere acquisita o tramite la malattia stessa o tramite il vaccino. Per questo motivo il Ministero della Salute raccomanda,, alle donne in età fertile, la vaccinazione contro la varicella (oltre a quella contro morbillo, parotite, rosolia, papilloma virus e il richiamo decennale contro difterite, tetano e pertosse).

La vaccinazione è fondamentale in vista della gravidanza e per sviluppare una sufficiente immunizzazione è necessario essere vaccinate con due dosi da almeno un mese. Il vaccino contro la varicella è tra quelli controindicati in gravidanza, in quanto contengono virus vivi attenutati che, sebbene non ci siano evidenze scientifiche in questo senso, potrebbero provocare danni al feto. Per questo motivo si rimanda la vaccinazione a dopo il parto o direttamente nel reparto di maternità o nel periodo immediatamente successivo al parto.

Durante la prima visita ginecologica lo specialista chiederà alla donna se ha mai avuto la varicella o se ha effettuato il relativo vaccino; in caso contrario o in assenza di risposte chiare è consigliato il ricorso al test sierologico specifico per verificare l’eventuale immunizzazione.

In caso di contagio durante la gravidanza è fondamentale il ricorso al proprio ginecologo che può prescrivere la somministrazione dell’acyclovir, uno specifico farmaco antivirale che secondo gli studi finora condotti assicura l’efficacia e la sicurezza per il trattamento della varicella nelle donne in gravidanza. Le linee guida internazionali stabiliscono che la somministrazione di acyclovir venga previsto nelle donne che presentano lesioni da varicella oltre la ventesima settimana di gestazione prevedendo l’assunzione di 800mg per 5 volte al giorno per 7 giorni.

Rischi e conseguenze

Come anticipato, i rischi e le conseguenze legate all’infezione da varicella durante la gravidanza dipendono dall’epoca gestazionale. Se la malattia viene contratta nei primi due trimestri il feto può andare incontro alla sindrome della varicella congenita (Fetal Varicella Syndrome – FVS). L’infezione contratta dopo la ventesima settimana espone il feto allo sviluppo di una varicella asintomatica e, nei primi anni di vita, dell’herpes zoster. Se contratta a ridosso del parto (da cinque giorni prima a due dopo), invece, si può sviluppare una forma grave di varicella del neonato che ha tassi di mortalità del 30%.

Tra i difetti congeniti cui possono andare incontro i bambini esposti al virus della varicella durante la gravidanza ci sono le deformità degli arti, le malformazioni oculari, difetti neurologici, difetti scheletrici, la presenza di cicatrici e vesciche sulla cute, atrofia muscolare e ritardo psicomotorio.

Per la donna, come riferito dal Royal College of Obstetricians & Gynaecologists, si possono verificare infezioni al torace (polmonite), infiammazione del fegato (epatite) e infiammazione del cervello (encefalite) che, sebbene molto raramente sono associate al decesso, rappresentano comunque complicazioni serie e gravi che lasciano significative conseguenze.

Le complicazioni più gravi si manifestano nelle donne che fumano, in quelle che hanno una malattia polmonare, quelle che stanno assumendo steroidi o nelle quali la gravidanza è iniziata da più di 20 settimane. L’infezione da varicella contratta a ridosso del parto, invece, non pregiudica l’allattamento al seno.

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