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I cambiamenti ormonali tipici della gestazione possono favorire e determinare anche l'insorgenza della sindrome del tunnel carpale. Vediamo cosa fare e come prevenirla.
Nonostante questo andamento, è importante non sottovalutare il disturbo, in quanto tende a peggiorare nel tempo. Facciamo quindi chiarezza sulle cause, i rischi e le terapie disponibili per la sindrome del tunnel carpale in gravidanza.
La sindrome del tunnel carpale è la conseguenza della compressione del nervo mediano del polso che si trova all’interno di un canale chiamato, appunto, tunnel carpale. Questo canale, spiega l’I.R.C.C.S. Ospedale San Raffaele, è composto dalle ossa del carpo e dal legamento anulare del carpo.
Il nervo mediano, che è responsabile della sensibilità delle prime tre dita (e in parte anche del quarto), si può comprimere a seguito di un restringimento del tunnel o per un’infiammazione.
Sono diversi i fattori responsabili dell’insorgenza della sindrome del tunnel carpale in gravidanza e tutti riconducibili ai cambiamenti che normalmente avvengono durante la gestazione.
In gravidanza, la sindrome del tunnel carpale è comune nel secondo e nel terzo trimestre. Le cause principali sono i cambiamenti ormonali tipici della gestazione e l’accumulo di fluido nei tessuti di questa zona del polso. L’accumulo di fluidi (ritenzione idrica), che causa il gonfiore in gravidanza, può essere responsabile anche della compromissione del nervo, provocando i sintomi tipici della sindrome.
Oltre alle fluttuazioni ormonali e all’accumulo di fluidi, sono da considerare anche i cambiamenti muscoloscheletrici che avvengono durante i mesi della gravidanza. Sono considerate possibili cause anche il diabete, l’artrite o l’ipotiroidismo; condizioni che possono incidere sull’accumulo di liquidi nel polso e nel tunnel carpale.
Inoltre, durante la gravidanza il nervo mediano può essere compromesso anche in altri punti (radice nervosa del collo, spalla e parte superiore della gabbia toracica) come conseguenza dell’aumento di peso, dell’ingrossamento del seno e dell’assunzione di una postura scorretta.
La sindrome del tunnel carpale provoca diversi sintomi particolarmente fastidiosi e invalidanti. I principali sono:
Il dolore può irradiarsi al braccio e alla spalla e si può andare incontro a una difficoltà nell’afferrare gli oggetti e a svolgere i movimenti fini.
Il Journal of Personalized Medicine pone attenzione al rischio di sottovalutare e sottodiagnosticare la sindrome del tunnel carpale in gravidanza. Questo perché si tende a considerarla come uno dei normali cambiamenti tipici della gestazione.
In realtà, se non trattata adeguatamente, questa condizione può portare a danni permanenti ai nervi tali da influenzare negativamente la qualità della vita delle donne, sia durante che dopo la gravidanza.
Esistono diverse opzioni, sia per la gestione dei sintomi, che per prevenire l’insorgenza di questa condizione. I primi interventi riguardano le abitudini quotidiane. Soprattutto in gravidanza e nel puerperio è consigliato evitare, laddove possibile, tutte quelle attività che potrebbero causare i sintomi.
Inoltre, è utile prevedere frequenti pause, soprattutto dalle attività ripetitive e utilizzare una stecca da polso (soprattutto di notte) per mantenerlo dritto. L’immobilizzazione del polso, infatti risolve fino all’80% dei sintomi di sindrome del tunnel carpale correlata alla gravidanza.
Per alleviare i sintomi può essere utile evitare posizioni di completa flessione ed estensione del polso, farvi scorrere dell’acqua fredda, applicarvi del ghiaccio (per 20-30 minuti) ogni 2-3 ore, indossare una benda compressiva, eseguire massaggi di drenaggio dei liquidi e non fumare.
Oltre al riposo molto efficace si rivela anche l’esercizio fisico. L’NHS Borders suggerisce di eseguire questa routine di esercizi 3 volte al giorno:
L’approccio conservativo prevede anche esercizi per allungare e rafforzare i muscoli della mano e del braccio, l’assunzione di integratori neurotrofici e l’attenzione alla correzione della postura.
La terapia fisica, inoltre, si basa su esercizi volti al recupero e al miglioramento della flessibilità, della forza, della resistenza e dell’ampiezza del movimento, così come agli esercizi di scorrimento dei nervi e dei tendini, alla rieducazione neuromuscolare e all’uso del nastro kinesiologico.
Nel caso in cui l’approccio conservativo si rivelasse insufficiente, si valuta il ricorso all’intervento chirurgico. Questo può avvenire in due modi (a cielo aperto o in modalità endoscopica) svolti in anestesia locale, che prevedono il taglio del legamento per liberare il nervo.
Laddove i sintomi risultassero dolorosi e invalidanti e l’approccio conservativo non risolutivo, è indispensabile rivolgersi a uno specialista per indagare la gravità della condizione e valutare, caso per caso, la terapia migliore da seguire, anche considerando il ricorso ai farmaci per la gestione del dolore.
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